Georgia, il partito di governo caccia il premier
Sollevazione nazionaleKvirikashvili paga la rabbia popolare dopo l’omicidio non punito di un ragazzo
Se
le mie dimissioni saranno utili al paese, non ci penserò un secondo a presentarle”, aveva detto cinque giorni fa e ora ha mantenuto la promessa. Il premier di Tbilisi Giorgi Kvirikashvili ha lasciato la carica. “Tra me e il leader del partito ci sono dei disaccordi, credo che sia il momento di creare un nuovo gabinetto”, ha detto ai microfoni delle tv. Il “sogno georgiano”, come si chiama il suo partito, è finito. Con lui hanno lasciato gli uffici tutti i membri del governo, come impone la Costituzione del paese.
L’allontanamento definitivo dalla scena politica di Kvirikashvili è dovuto all’ultima disputa con il fondatore del suo gruppo poli- tico, Bidzina Ivanishvili, 62 anni e molti miliardi. Ha una casa-fortezza di vetro, uno zoo privato con pinguini e zebre, due figli albini rapper. Ivanishvili ha una fortuna che sfiora un terzo del Pil dell’intero paese, ha calcolato il New York Times. Già primo ministro della Georgia nel 2012, il tycoon russo- georgiano ha recentemente annunciato che tornerà in politica.
LA RESA DEL PREMIER uscente è però arrivata per un crisi bifronte, composta da due facce opposte e contrarie, quella dell’uomo più potente del paese e quella del più “ordinario”, i volti del primo e de ll ’ ultimo cittadino georgiano. Zara Saralidze, “l’uomo comune, senza partito”, - come lui stesso si è definito -, da settimane “chiede giustizia” per suo figlio, ammazzato durante una rissa scolastica lo scorso dicembre. Chi lo ha accoltellato a morte è a piede libero: gli omicidi sono figli di alti funzionari dell’élite del paese ma, quando il martello del giudice di Tbilisi ha battuto sul banco, sono state emesse solo condanne di comodo e i veri responsabili sono rimasti impuniti. È stato allora che la voce di Saralidze è diventata quella della Georgia che è scesa in piazza e ha cominciato a manifestare contro la corruzione delle autorità. Il procuratore generale Irakly Shotadze è stato costretto a dimettersi il 31 maggio, quando migliaia di giovani si sono riuniti davanti al suo ufficio: “Spero che la giustizia prevalga”, ha detto prima di andarsene.
Dai frantumi alle macerie. Prima le accuse di coinvolgimento nel caso di omicidio, poi lo sciopero dei mezzi pubblici, poi dei minatori, poi dei giovani che trasformano l’indignazione in rabbia e la rabbia in decibel. Una crisi dietro l’altra. Dopo le retate dei reparti speciali della polizia nei numerosi club e discoteche di musica elettronica della Capitale, anche i raver, con amplificatori e musica techno, si sono riversati in piazza del Parlamento, per ballarci attorno un intero weekend in segno di protesta. Kvirikashvili era già sfiancato, poi è stato circondato, e, infine, un colpo di grazia l’ha sconfitto.
DAVANTI ALLE FRAGILITÀ e paradossi della repubblica che portò Mikhail Saakashvili al potere nel 2000, chi pensa che una nuova rivoluzione stia per cominciare in Caucaso, si chiede se sarà una replica di quella delle rose del 2003 o se assomiglierà a quella più recente, dell’“uomo del popolo” Nikola Pashynian a Erevan. Dall’Armenia, fino in Georgia.
Chi comanda davvero Ivanishvili, leader del “sogno georgiano”, detiene un terzo della ricchezza del paese