Il Fatto Quotidiano

Perché l’Italia vuole bloccare l’accordo tra Europa e Canada

Il ministro dell’agricoltur­a ha annunciato che non sarà ratificato: l’obiettivo è annullarlo

- » VIRGINIA DELLA SALA

Ieri è stato ribadito in casa Coldiretti: il ministro d el l ’ agricoltur­a Gian Marco Centinaio ha detto che l’Italia non ratificher­à il Ceta, l’accordo di libero scambio tra l’Ue e il Canada. Un atto che potrebbe avere reali implicazio­ni sulla politica europea.

IL TRATTATO commercial­e è positivo per quanto riguarda gli scambi. Prevede, ad esempio, l’ eliminazio­ne dei dazi per il 90,9% dei prodotti agricoli al momento dell’entrata in vigore, per il 91,7% dopo sette anni. Il Canada apre una quota da 18.500 tonnellate per i formaggi europei (finora sono stati applicati dazi fino al 220%) mentre l’Ue, da parte sua, eliminerà il 92,2% dei dazi agricoli all’entrata in vigore e il 93,8% dopo sette anni. L’Ue ha poi concesso al Canada contingent­i a dazio zero per circa 50mila tonnellate di carne di manzo non trattato con ormoni, 75 mila tonnellate per le carni suine e 8 mila per il mais dolce. Sopra le quote concordate su questi prodotti sensibili, l’Ue continuerà ad applicare dazi, azzerati invece su grano tenero e duro, semi oleosi e legumi. Secondo le stime dell’Ue il cambiament­o vale 500milioni all’anno di risparmi. È però un accordo “misto” che deve cioè essere approvato dal Parlamento Ue ma anche ratificato da quelli nazionali e che è entrato in vigore in regime provvisori­o a settembre per la parte commercial­e, che è in capo a Bruxelles. Restano ancora fuori le parti sugli arbitrati e la clausola che consente agli investitor­i di citare in giudizio davanti a un tribunale speciale uno Stato per ottenere il risarcimen­to dei danni dovuti a una eventuale normativa che leda i loro interessi. Finora questa parte è stata ratificata solo da una decina di Paesi. La ratifica deve avvenire in Parlamento.

MENO POSITIVOsu­i contenuti: l’accordo limita la tutela delle denominazi­oni di origine geografich­e. Negli allegati si riconosce la protezione in Canada delle denominazi­oni italiane ( Dop e Igp) di sole 41 indicazion­i su 293 e per il sud Italia c’è solo la mozzarella campana. In Europa fanno notare che sul totale di 143 prodotti tutelati da ogni Paese, la percentual­e maggiore è italiana. Inoltre, si contesta la poca trasparenz­a: le trattative sono state portate avanti dai governi precedenti e l’elenco di prodotti, seppur pubblico – e lo è perché l’accordo è misto (a differenza di quello che l’Ue stringerà con il Giappone quest’anno) - lo è diventato solo quando quella lista era ormai già decisa. La scelta è stata basata sui principali marchi italiani esportati in Canada. Quindi aceto balsamico, parmigiano reggiano, prosciutti toscani, lardo di colonnata, asiago, fontina, gorgonzola, mortadella di Bologna, mozzarella campana e altri. Tra gli esclusi, l’olio extravergi­ne Toscano, la Nocciola del Piemonte, il Pecorino Crotonese, il Pomodoro San Marzano e il pane di Altamura.

E ancora: è ammesso il termine ‘Parmesan’, che allude al

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parmigiano, per indicare il formaggio grattuggia­to, mentre per alcuni prodotti come l’Asiago, la Fontina, il Gorgonzola è consentito l’uso del termine se accompagna­to da “genere” o “tipo”. “Il regime di tutela delle indicazion­i geografich­e -spiega Stefano Masini, Responsabi­le dell’Area Ambiente e Territorio di Coldiretti e già docente di Diritto Agroalimen­tare - nell’ordinament­o europeo esclude però qualsiasi evocazione, usurpazion­e e imitazion e”. Regola che sembra non valere per il Canada.

ALTRO PUNTO c on te st at o, l’uso di sostanze fitosanita­rie che non sono più ammesse in Europa e che, oltretutto, possono configurar­e anche una sorta di concorrenz­a sleale. Come il glifosato che viene usato in Canada nell’essiccamen­to per la pre- raccolta mentre in Italia è vietato in queste fasi. La risposta di Bruxelles è che i residui pre- senti nel grano importato sono comunque molto al di sotto dei limiti europei. “Si rinuncia poi al principio di precauzion­e - spiega Masini - con il quale in Europa sono stati messi al bando i neonicotin­oidi che provocavan­o impatti sulle api e si è governato il sistema di divieto degli Ogm”. La tutela del diritto dell’investitor­e potrebbe infatti far chiamare in causa gli Stati là dove mantenesse­ro delle norme che ostacolass­ero il libero commercio.

LA COMMISSION­E UE ha definito il Ceta “una priorità” per la quale Consiglio Europeo e G7 avrebbero “confermato l’i mp eg no ”. L’ap pl ic az io ne provvisori­a del trattato è comunque già in vigore e per il momento non cambia nulla. La partita si gioca sulle conseguenz­e del rifiuto italiano, che sarà ufficiale solo quando sarà comunicata come definitiva e irreversib­ile al Consiglio Ue. L’ipotesi più accreditat­a è che a quel punto l’intero accordo possa non essere più valido, anche se non esiste una data di scadenza della provvisori­età né un precedente.

I marchi Dop e Igp non inclusi nelle tutele perché meno esportati

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