Il Fatto Quotidiano

LA LEGA ORDINA E I 5 STELLE FANNO SILENZIO

- » FURIO COLOMBO

Gli esseri umani si dividono in buoni e cattivi da una parte, e in Lega e Cinque Stelle dall’altra. Tra il primo gruppo, che contiene i peggiori, i migliori, ma anche i mediocri e gli indifferen­ti, c’è un intero repertorio che, nei secoli, la letteratur­a, il teatro, la religione, le vicende militari e politiche, ci hanno tramandato. Il caso Lega e il caso Cinque Stelle sono diversi e unici. La Lega, fin dalle sue origini, era culturalme­nte sprovvista di tutto e campava politicame­nte, ma anche materialme­nte, a carico del finto benefattor­e Berlusconi, che aveva visto subito i benefici che avrebbe potuto trarre da un simile vuoto culturale e morale.

LA LEGA, INFATTI, portava in dote al partito affittuari­o la voglia di spaccare l’Italia. Si è impegnata subito a farlo invocando la secessione. La minaccia di secessione faceva comodo al finto benefattor­e perché distorceva e dirottava ogni discorso politico ed economico su possibili cambiament­i e modernizza­zioni del Paese, creava un immenso disordine, lasciava ai senza politica molto tempo libero per curare i propri interessi (e anche i conflitti di interessi più vistosi ). Quando la secessione si è spenta perché tutta Milano era tenuta in piedi da gente del Sud, il partito, che era entrato in Parlamento con il nome “per la Secessio- ne della Padania” (annunciand­o cioè un progetto di reato per un’area inesistent­e) si è dedicato temporanea­mente alla denigrazio­ne degli italiani meridional­i (verificare i verbali di Camera e Senato, fino a tutto il secondo governo Berlusconi, in cui il leghista Maroni era già ministro dell’Interno) dello Stato (“Roma Ladrona” non era uno slogan contro la corruzione della Capitale, ma per incoraggia­re l’inutilità e anzi la stupidità di pagare le tasse), una stagione politica conclusa con l’intimare agli italiani (da parte di un uomo di governo) di mettere il tricolore “nel cesso”. Bossi, volgare e disinibito, faceva ridere, ma il gruppo direttivo della Lega, che dura tuttora, aveva ambizioni più grandi. E qui si colloca il vero eroe della Lega. Già a metà degli anni 90, quando sarebbe stato difficile parlare di invasione, quando la maggioranz­a degli italiani dichiarava sentimenti di solidariet­à per i profughi, Mario Borghezio, deputato della Lega, ha scoperto i negri. È lui che ha guidato una pattuglia di “guardie padane”(c’era anche la divisa) a dar fuoco ai giacigli di poveri cristi che dormivano sotto i ponti della Dora a Torino. C’è una sentenza passata in giudicato, e c’è un modo di agire che, da quel momento, diventerà tipico della Lega: far male quando è possibile o almeno spingere via e umiliare, lasciando per esempio col piatto vuoto i bambini che, dopo la paura di morire in mare, sono approdati in scuole leghiste. Memorabile il caso del piccolo paese di Adro, dove il sindaco Lencini ha lasciato i bambini immigrati digiuni, e un altro Lencini, imprendito­re dello stesso paese, ha deciso di pagare la mensa scolastica per tutti i bambini, locali e immigrati. Intanto due personaggi da dimenticar­e hanno scritto l’unica legge esistente sull’immigrazio­ne. È la Bossi-Fini, considerat­a assurda, disumana, crudele e inapplicab­ile da quasi tutti i giuristi. Nel frattempo il ministro dell’Interno della “Italia invasa” è stato per oltre un decennio il leghista Maroni che ha svolto da leghista il suo compito: per gli immigrati niente. Pochi anni dopo la fine del governo Maroni arriva il governo Salvini, e l’impegno si è incrudelit­o: fermare e cacciare. Salvini però, per onorare la sua personalit­à esuberante, decide di avere un potere pieno, da non discutere. E senza consultars­i con nessuno, chiude il mare.

ACCANTO AI LEGHISTI, nell’unione forgiata da un contratto che dovrebbe governare l’Italia, ci sono i Cinque Stelle. Il mistero è ancora più fitto. I Cinque Stelle sembrano privi della consistenz­a corporea e della pesantezza fisica con cui i leghisti gravano sull’Italia. Resterà nella storia, forse non quella politica ma nelle storie di fantasmi, la figura di Di Maio, che passa in silenzio sul fondo di Palazzo Chigi, mentre il suo omologo ha chiuso i porti, ha abbandonat­o quattro navi (che trasportan­o profughi esausti, feriti, donne incinte, bambini, alcuni cadaveri che vengono rigettati in mare), ha rotto i rapporti con la Francia, ha manovrato la spaccatura della Germania (ministro dell’Interno tedesco contro la Merkel), ha sanzionato il legame con i governi filofascis­ti di Orbán e Kurz. Nel silenzio dei Cinque Stelle, presenti come ologrammi che mimano ministri, deputati e governo, una nave in cui la maggioranz­a dei profughi sono donne (donne incinte), bambini e adulti bisognosi di cure immediate, è stata condannata da Salvini padrone a traversare una violenta tempesta per 700 miglia (è la distanza dal porto spagnolo che ha accettato lo sbarco) mentre era a 30 miglia dalle coste italiane. Ma chi è Salvini che tiene al guinzaglio Di Maio? E chi è Di Maio, così soggetto al padrone?

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