Wolf-Lanzalone, il capitalismo di pranzi e cene
L’inchiesta romana sulla lama dell’avvocato Luca Lanzalone nel burro del muro anti-corruzione pentastellato, conferma una regola aurea: ai reati pensino i magistrati, la politica si occupi dei comportamenti leciti ma lo stesso ripugnanti, i selfie che la classe dirigente italiana consegna ai propri figli a testimonianza imperitura di come hanno fatto a lasciargli un Paese sfasciato. Che cosa fa l’immobiliarista Luca
Parnasi il 5 marzo, cioè il giorno in cui si conoscono i risultati delle elezioni trionfali per il M5S? Va a pranzo a casa di Pietro Salini, il più importante costruttore italiano. I due non si sono mai incontrati prima, come tiene a precisare lo stesso Salini. A organizzare l’evento è un amico comune, l’immancabile Luigi Bisignani, propiziatore della qualunque la cui vitalità non sembra minimamente intaccata dalla fatica del doppio lavoro, power broker e imputato permanente effettivo.
Parnasi è molto più giovane di Salini. Salini è molto più ricco di Parnasi. Bisignani, per valorizzare la figura del giovanotto, ne cita l’impresa più illustre: “Lui è riuscito con la Raggi, è l’unico...”. Sì, Parnasi ha realizzato il sogno di molti imprenditori da due anni a questa parte: ha costruito una relazione con il Campidoglio grillino, passaggio obbligato per costruire un domani relazioni con il governo pentaleghista. Molti non ci dormono la notte. Una specie di caccia al tesoro a base di “ho incontrato uno che conosce il cognato della parrucchiera della Raggi”. Poi, trovato il bandolo, tutto un intreccio di pranzi, cene, riunioni, ammiccamenti, lusinghe, proposte. Lo chiamano “lavorare”, come se fosse un artigianato di alto bordo. E in effetti c’è un pezzo della classe dirigente italiana che vive così, propiziando rapide ascese sociali o manageriali di farabutti senza valore. NEL GIORNO DEL TRIONFOdi Di Maio e Salvini, Bisignani omaggia dunque l’amico Salini presentandogli l’uomo che, attraverso Lanzalone, può sussurrare alla Raggi. Anche Parnasi ha un dono per il collega più ricco e potente di lui: la relazione con Lanzalone. Così ricostruiscono gli inquirenti: “Parnasi chiede a Salini se ha mai avuto rapporti con i 5 stelle e Salini risponde di no. (...) Parnasi prosegue dicendo che ‘io ho buoni rapporti con loro e se ti fa piacere... io organizzerei un giorno una colazione facciamo da me o dove credi... con una persona che tu devi conoscere... persona molto intelligente... che io ho conosciuto... che è colui che ha risolto veramente il tema dello stadio di calcio della Roma che si chiama, ormai siamo diventati amici”.
Salini lo gela. Dice che non gli interessa e che lui evita questi incontri, e consiglia al giovane collega “di stare molto attento... perché il giorno dopo ti trovi che hai incontrato quello che è finito lì che ti dice... e fai una brutta fine... cioè senza una ragione non incontro nessuno!”. Parnasi prende atto che il suo dono è rifiutato ma ringrazia: “È un bell’insegnamento questo”.
Tutti dovremmo dire grazie a Salini per la lezione. Non dice “io questi incontri non li faccio perché puzzano di disonesto”. Però dice che non ne ha bisogno e che per incontrare Lanzalone ha bisogno di una ragione, anche formale, come quando ha parlato con Matteo Renzi del ponte sullo Stretto. Così Salini conferma che il capitalismo di relazione all’italiana ha ormai il suo core business nelle relazioni fine a se stesse, o utili solo per aggirare l’etica e le leggi. Anche in America il mercato è inquinato dal crony capitalism, dal sistema degli amici. In Italia il caso Parnasi – indebitato ma capace di relazioni da pari a pari con le banche creditrici – dimostra però che lorsignori il capitalismo se lo sono mangiato. Gli sono rimasti solo i pranzi e le cene.