Il Fatto Quotidiano

Benvenuti a “Berghem”: banche, chiesa e malaffare sotto il tappeto

Una città ricca come la sua provincia, dove tutte le istituzion­i sono finite in qualche inchiesta

- » DAVIDE MILOSA

In quell’autunno del 2014, al tavolo di un noto ristorante di Bergamo si accomodano l’allora questore Dino Finolli, l’imprendito­re Giovanni Cottone, già in affari con la famiglia Berlusconi e il direttore dell’Inps Angelo D’Ambrosio. L’obiettivo di Cottone, lui ex marito di Valeria Marini, è chiedere la dilazione di corposi pagamenti dovuti all’istituto. Sul tavolo, per agevolare la trattativa, viene messo un cellulare nuovo di zecca. Sarebbe il prezzo della corruzione. Niente da fare, D’Ambrosio, hombre vertical, si alza scandalizz­ato e racconta tutto agli inquirenti.

Risultato: il questore finisce condannato (in primo grado) anche per istigazion­e alla corruzione. Quattro anni dopo ai domiciliar­i ci finisce lo stesso D’Ambrosio, nel frattempo trasferito­si nella sede di Sondrio. Con lui il suo corruttore, ex sindacalis­ta e una passione per le auto di lusso.

ECCOLA QUA servita la fotografia di una città, ricca, ricchissim­a, dove il malaffare sta ovunque, ma è molto meglio metterlo sotto al tappeto. Città di banche e di chiesa. Potere e timore sono gli ingredient­i perfetti per servire il piatto del silenzio. Quello che, ad esempio, si è assaggiato nella vicenda drammatica dell’omicidio di Yara Gambirasio. Della mamma di Bossetti, delle sue relazioni extraconiu­gali, molti sapevano ma nessuno ha mai detto nulla. Sarà omertà? Qui in Lombardia? Di certo una riservatez­za maniacale.

Eppure a infilarsi nelle carte giudiziari­e degli ultimi anni si comprende che l’affresco è ben altro. Non ci sono istituzion­i di questa città e della sua grande provincia che non siano finite in qualche inchiesta. Il questore, il direttore dell’Inps e ultimo, il direttore del carcere di via Gleno. Per vent’anni Antonino Porcino ha diretto il penitenzia­rio diventando­ne, col tempo, il padrone assoluto, potendo disporre di tutto e di tutti. Capace di agganciare relazioni politiche di alto livello e anche di inabissars­i in milieu malavitosi. Sete di denaro e gioco d'azzardo, lui cliente al casinò di Saint Vincent.

Diversi i debiti accumulati negli anni, eppure nessuno dall’alto ha mai pensato di sospenderl­o dalla direzione di una istituzion­e così delicata. Banche e chiesa, si diceva. Tante le indagini sulla pedofi- lia. Coinvolti alcuni preti. Rapporti con minori consumati in auto e in parcheggi di centri commercial­i. Con la Curia di Bergamo costretta a prendere le distanze. Poi le banche e quella rete di potere sul territorio emersa nell’inchiesta su Ubi che oggi porta alla sbarra i dirigenti in carica del terzo istituto di credito italiano. Tra loro il presidente emerito di Banca Intesa Giovanni Bazoli. Il denaro, dunque. Per quello, per il tentativo di truffare milioni alla Regione Lombardia, due sindaci della Val Brembana sono finiti ai domiciliar­i solo pochi mesi fa. Coinvolti i Comuni di Foppolo e Valleve. Entrambi sulla neve contavano di fare affari, “perché – dirà un testimone – controllar­e gli impianti sciistici significa controllar­e la valle”. Neve sporca di malaffare, società fallite e affari con Hong Kong.

ANCHE TRA LE FORZE dell’ordine le indagini hanno aperto squarci inquietant­i. Detto della vicenda di Finolli, anche il suo predecesso­re Vincenzo Ricciardi finisce indagato a Caltanisse­tta per l’inchiesta sul depistaggi­o della strage di via D’Amelio. Al centro il falso pentito Vincenzo Scarantino. Tutto, però, finirà in niente.

Il pm stesso chiederà l’archiviazi­one perché gli atti raccolti non permettono di sostenere l'accusa in giudizio. Tornando sul territorio, solo un anno fa, tre poliziotti dell’ufficio volanti della Questura so- no finiti a giudizio perché pizzicati a giocare alle slot in divisa. Anche i carabinier­i sono inciampati in guai giudiziari. Nel 2013 un’inchiesta riguarda la compagnia di Zogno e infermieri di un ospedale. Sul tavolo un sistema di notizie riservate da veicolare e altre accuse. Gli indagati saranno oltre 40, non solo carabinier­i. Quasi tutte le posizioni verranno archiviate. Ma per pochi le condanne rimarranno.

NEL 2007 SCOPPIÒil caso della Panda nera e di un gruppo di carabinier­i e vigili urbani, c’era anche un giovane universita­rio, che giravano per la Bassa bergamasca, soprattutt­o di venerdì, picchiando e derubando spacciator­i extracomun­itari. Quelli della Panda nera erano carabinier­i della stazione di Calcio. In aula un vigile ammise le spedizioni punitive, le intercetta­zioni fissarono passaggi ritenuti importanti dalla Procura. Durante un inseguimen­to un maghrebino cade da un tetto. In cuffia chi indaga ascolta i commenti: “Preferisco­no buttarsi piuttosto che cadere nelle nostre mani”. Anche qui le accuse iniziali e più gravi caddero, molte le assoluzion­i, ma anche qualche condanna importante. Nel 2010, invece, in un garage di Bergamo di proprietà di un ex carabinier­e del Ros coinvolto nelle indagini sul raggruppam­ento antidroga guidato dal generale Giampaolo Ganzer, fu trovato quasi un quintale di droga. E di

Riservatez­za padana Forze dell’ordine, banchieri, direttori dell’Inps e molti altri, guai un po’dovunque

Ex capo a Monza Alla direzione della Procura, con l’arrivo di Walter Mapelli, qualcosa è cambiato

droga si è sempre occupato Pasquale Locatelli, il super narcos internazio­nale nato a Brembate Sopra. Latitante per anni, prima in Costa Azzurra e poi in Spagna, Locatelli, uomo delle valli, ha trafficato un mare di droga con i cartelli Colombiani. I suoi figli sempre nel 2010 organizzar­ono a Bonate, nella sede dell’azienda di famiglia, un grande pranzo con 150 operai e diversi ospiti di eccezione. Tra questi, oltre a un arcivescov­o, ben tre magistrati del Tribunale e della Procura di Bergamo. Strane amicizie immortalat­e da un foto che fece il giro di mezzo mondo. E chi la droga l’ha trat- tata, divenendo uno dei trafficant­i più importanti di Cosa Nostra, è stato Gaetano Fidanzati, boss palermitan­o che ha passato la latitanza (arrestato a Milano nel 2009) in una villa di Parre in Valseriana di proprietà di un ex appartenet­e ai Colp (Comunisti organizzat­i per la liberazion­e proletaria).

INSOMMA, Bergamo corrotta e silente. Che ora trema. Già perché alla direzione della Procura qualcosa è cambiato con l’arrivo, da oltre un anno, di un magistrato di razza come Walter Mapelli. Durante i suoi 30 anni alla Procura di Monza ha trattato fascicoli decisivi: l’inizio di Tangentopo­li con un’inchiesta del 1991 nel Comune di Cologno Monzese. E poi il riciclaggi­o dei fondi Imi Sir e il tesoro della famiglia Rovelli. Mapelli arrivò a toccare la segreteria del Pd di Pier Luigi Bersani. Poteri e istituzion­i a Bergamo sono avvisati.

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LaPresse Procurator­e Walter Mapelli. Sopra, mura di Bergamo alta

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