Lanzalone trattò per il patto M5S-Pd con Guerini e altri
Inviato a sondare la minoranza, finì da Lotti Il suo mandato era quello di capire come chiudere con Martina & C., ma non si accontentò del ruolo
Luca Alfredo Lanzalone è onnivoro col potere. Non ha preferenze. Ammassa contatti. Perché ha imparato la formula magica, che sfrutta in abbondanza, per ricevere trattamenti di riguardo: mi manda Luigi Di Maio, rappresento i Cinque Stelle. Nel mese di aprile, come ha ricostruito il Fatto, l’avvocato genovese – agli arresti domiciliari per corruzione da mercoledì – è impegnato su due fronti: non soltanto le nomine pubbliche con un’infruttuosa visita a Palazzo Chigi, ma anche la formazione di un governo a guida Di Maio che impone l’avvio del dialogo con i renziani più alti in grado, per esempio Lorenzo Guerini.
ULTIMA settimana di aprile, Lanzalone è protagonista ovunque. Consumata in marzo la cena col leghista Giancarlo Giorgetti e l’imprenditore Luca Parnasi, e dunque sospesa l’ipotesi di un esecutivo gialloverde, adesso tocca a un partito narcotizzato, in rapida decomposizione: il Pd. Sergio Mattarella convoca Roberto Fico al Quirinale per un mandato esplorativo limitato.
Il presidente della Camera, depositario dell’anima di sinistra dei Cinque Stelle, ha il compito di ridestare la minoranza dem e allestire una struttura solida per affrontare il prevedibile veto di Matteo Renzi, già pronto a sgranocchiare pop-corn. Di Maio gestisce la fase con pragmatismo: rinnega la tra- volgente empatia che l’ha legato a Matteo Salvini e che già funziona in Parlamento e concentra la diplomazia e lo sforzo mediatico sul Nazareno, proprio sul vituperato Nazareno, luogo di patti inconfessabili. Il segretario reggente Maurizio Martina è titubante, conciona di referendum tra gli iscritti, raccoglie adesioni e proteste, barcolla incerto aspettando la risposta ineludibile di Renzi.
IL FIORENTINO si nasconde, soffoca pure gli spifferi che fa rotolare nei retroscena dei giornali e fissa un appuntamento in grande stile: u n’intervista in diretta su Rai1, da Fabio Fazio, domenica 29 aprile. Qualche giorno prima, Lanzalone spedisce un sms a Guerini, già coordinatore nazionale dei dem. Non è un tentativo av- ventato, il Mister Wolf dei Cinque Stelle conosce l’ex sindaco di Lodi da almeno un decennio e l’ha incrociato di recente in una situazione conviviale. Quelle “situazioni” ideali per scambiarsi opinioni sulla politica con leggerezza.
Al telefono, invece, Lanzalone domanda a Guerini un dettaglio preciso della trattativa fra il Movimento e il Nazareno: come può evolvere? L’ormai ex presidente di Acea ha uno schema di distribuzione del potere che parte da una condizione: il premier è Di Maio, le nomi- ne si concordano. Il messaggio di Lanzalone prelude a un successivo colloquio, che non si realizza perché – domenica da Fazio – Renzi rovescia il tavolo e si riprende i pop-corn.
L’AVVOCATO genovese ha un’esistenza piuttosto movimentata. Neanche l’ex ministro Luca Lotti gli è sfuggito. Dopo il voto del quattro marzo, Lanzalone chiede un incontro a Lotti. Tema: il futuro di Arera, l’Autorità di regolazione per l’energia e l’ambiente, anche per effetto di un decreto sui rifiuti. Il capo di Acea, la multiservizi romana, è legittimamente interessato a un’Autorità di riferimento.
I due Luca non discutono di poltrone, ma Lanzalone è un esperto del settore e non può ignorare che il governo deve rinnovare i vertici di Arera. È un dossier che avrà seguito senz’altro fino a pochi giorni fa. Finché non l’hanno arrestato.
Di Maio precisa che non ha delegato mai Lanzalone a parlare di governo con i leghisti o con altri. Il vicepremier ha autorizzato l’avvocato soltanto a utilizzare i suoi rapporti con la sinistra dem. Ma Lanzalone è onnivoro.
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