Il Fatto Quotidiano

Ibrahim: “Vivevo in strada Mi hanno offerto denaro e mi hanno addestrato, ma non ho mai ucciso Sono ancora innocente”

- PFC

ne, mura scrostate e un tanfo nauseabond­o: “Sono entrato così come mi vedi, non ci passano sapone per lavarci, vestiti. Neppure una zanzariera. Di notte ci chiudono dentro queste stanze infestate di insetti, si muore di caldo”. Rashid ha appena 11 anni, addosso un paio di pantalonci­ni e il volto da bambino: “Sono qui dentro per il furto di in telefonino”.

Abdul, 15 anni, maliano di Gao, in Niger c’è finito per caso. Un altro dei tanti bambini di strada, abbandonat­o dalla famiglia. Tiene gli occhi semichiusi, sembra drogato, ha la voce roca ed è difficile capirlo quando parla, anche per Djibril, il traduttore, l’unico a parlare francese. La sua pena è di tre anni, tra le più alte: “Mi hanno messo in mezzo quei bastardi” dice Abdul. Djibril appunto, 16 anni, il più colto del gruppo, l’aria da leader, una sorta di “inquadrato” capace di imporre le sue regole: “Non dovevo essere qui, è stato un colossale errore. Purtroppo in Niger hai torto anche quando hai ragione”. In realtà, ammetterà più tardi, Djibril è in carcere per la quarta volta, alle spalle una serie di delitti da criminale sfegatato. Musa, al contrario, sa bene perché si trova lì dentro e cosa lo aspetta. Tra pochi mesi

TRA LE SBARRE

compirà 18 anni e il suo destino è passare nella sezione adulti della prigione. Due anni fa circa, al termine di una rissa violenta, c’è scappato il morto.

Anche Nasser voleva cambiare vita, purtroppo pochi mesi fa nessuno ha capito la gravità delle sue condizioni di salute. Un mattino non si è svegliato e i suoi compagni di cella lo hanno trovato supino, con gli occhi spalancati e una smorfia di dolore disegnata sul volto.

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