Maschi contro femmine: al cinema non c’è partita
La ricerca Si lavora, recita, progetta e produce pensando agli uomini e relegando le donne a un ruolo secondario. Ma l’Italia fa ben sperare
Al cinema le primedonne sono uomini: i ruoli da protagonista, infatti, sono coperti per il 62,70 per cento da attori, mentre le attrici si fermano al 37,30 per cento. È solo uno degli sconfortanti dati raccolti da NuovoImaie – l’Istituto per la tutela degli Artisti Interpreti ed Esecutori –, in una ricerca esclusiva che, per la prima volta, quantifica il gender gap nel settore d el l ’ audiovisivo, concentrandosi in particolare sulla recitazione. Lo studio ha preso in esame 84 Paesi del mondo e 63.235 opere, per un totale di 315.617 ruoli interpretati.
Il divario tra donne e uomini è pressoché costante a tutte le latitudini, anche tra i comprimari, ovvero attori non protagonisti: 33,77 per cento (160.378 ruoli femminili) contro 66,23 per cento (314.602 ruoli maschili). In totale, le parti maschili sono 480.060 (64,97 per cento) a fronte delle 258.790 (35,03 per cento) parti femminili.
SORPRENDENTEMENTE l’Italia, nella partita femmine contro maschi, è il Paese più virtuoso, grazie alla minor sperequazione tra generi sul set: i ruoli femminili sono complessivamente 121.573 (38,52 per cento), mentre i maschili sono 194.044 (61,48 per cento); di questi, le prim’attrici arrivano quasi al 40 per cento (45.499) mentre i prim’attori sono il 60 per cento (68.619), le comprimarie sono più del 37 per cento (75.874) e i comprimari oltre il 62 per cento (125.425).
La ricerca calcola precisamente la disparità tra uomini e donne: la forbice italiana – la migliore, come si è detto – è poco meno del 23 per cento, laddove gli Stati più discriminatori arrivano a percentuali del 48 per cento (Paesi Bassi) e del 45 per cento (Stati Uniti). Tra le bad company del maxischermo figurano anche nazioni insospettabili, solitamente più sensibili dell’Italia alle differenze di genere: nel Regno Unito il gap è quasi del 40 per cento; in Francia del 36 per cento; in Russia del 35 per cento; in Svezia (!) del 29 per cento; in Canada e Germania del 27 per cento. Non stupisce allora che la Spagna sia il Paese migliore dopo il nostro, con un divario del 25 per cento.
In generale, le attrici giovani sono meno svantaggiate delle collegheagé: tra i 18 e i 34 anni, infatti, le donne e gli uomini sono quasi pari e in Italia, addirittura, i ruoli femminili sono il 52 per cento, sorpassando per la prima volta quelli maschili. Va male, invece, per le interpreti tra i 55 e i 67 anni, la cui disparità con gli uomini supera il 47 per cento. In particolare, in quella fascia d’età, da noi i ruoli maschili superano il 72 per cento, mentre in America l’83 per cento: non è un Paese per vecchie (artiste).
ANCHE l’andamento del gender gap nel tempo è sconfortante: fino al 1939 i ruoli femminili erano appena il 27 per cento, percentuale invariata nei due decenni successivi (1940-1959) e addirittura scesa al 25 negli anni Sessanta e Settanta, con buona pace delle allora neonate femministe. La tendenza inizia timidamente a invertirsi dal 1980 al 1999 con il 32 per cento di ruoli femminili, che salgono al 37,50 per cento dal 2000 al 2017.
Il cinema italiano rispecchia, con percentuali poco meno umilianti, l’an da zz o generale: fino al 1939 le parti assegnate alle donne erano il 30 per cento (idem tra il 1940 e il 1959), poi precipitate al 26 per cento tra il 1960 e il 1979. La forbice diminuisce, come nel resto del mondo, a partire dagli anni Ottanta, con i ruoli femminili che salgono al 37 per cento e superano, nel
2017, il 41 per cento. Se Cinecittà si conferma, col passare del tempo, la più virtuosa, Hollywood conserva viceversa lo scettro della discriminazione di genere, anche in anni recenti: tra il 2000 e il 2017 i ruoli maschili sono stati oltre il 70 per cento, contro il 29 per cento di quelli femminili. Chissà se il #MeToo invertirà la tendenza.
BAD COMPANY DEL MAXI SCHERMO Nel Regno Unito il gap è del 40%, in Francia del 36, in Russia del 35, in Svezia del 29 e in Canada del 27
IL FATTORE ETÀ
Le giovani attrici sono meno svantaggiate e conquistano più parti. Mentre va male per chi ha tra i 55 e i 67 anni
QUESTIONE GLOBALE
Ovunque la disuguaglianza è frutto di una cultura talmente consolidata che è difficilissima da scalfire: serve una rivoluzione