Il Fatto Quotidiano

Antonina, la madre che insegna agli altri a guardare oltre

A Valderice, alla commemoraz­ione del carabinier­e Pietro Morici, ucciso nell’agguato di via Scobar a Palermo nel 1983

- » NANDO DALLA CHIESA

Alle fatidiche cinque del pomeriggio la folla in attesa della cerimonia sulla grande piazza quadrangol­are di Valderice si divide rigorosame­nte in due: quella assiepata sotto il sole e quella messa in salvo oltre la linea dell’ombra. Sotto, il mare trapanese si distende senza fine. Appena un metro al di qua dell ’ ombra c’è una sedia in stoffa color panna con due braccioli scuri. Vuota, fatta portare dal capitano dei carabinier­i in borghese che guida instancabi­le il cerimonial­e. Sembrerebb­e la sedia del regista in un film popolato di comparse. Alla sua sinistra la stele che farà da altare civile è coperta da una grande drappo rosso, proprio di fronte al mare. Intorno, pini marittimi e palme e case a due piani. A un certo punto avanza verso la stoffa bianca una piccola teoria di persone, intorno a un completo nero femminile.

DI QUELLIdi una volta, della Sicilia immortalat­a in foto da Letizia Battaglia. La donna in nero viene accompagna­ta verso la sedia, su cui altri l’aiutano amorevolme­nte a sedere. Gli sguardi e le parole sussurrate dicono che la signora non ci vede più. Accomodata su q u el l ’ unica sedia all’o mb r a appare a tutti come una sacerdotes­sa. È Antonina, la mamma di Pietro Morici, il carabinier­e valdericin­o che qui si vuole ricordare, tra piccoli e orgogliosi reparti schierati, magistrati che hanno contri- buito a fare la lotta alla mafia, esponenti di associazio­ni e amministra­tori locali, anche alcuni familiari di vittime.

Pietro venne ucciso il 13 giugno di 35 anni fa a Palermo. Aveva lavorato da ragazzo in un negozio d’alimentari proprio vicino alla caserma locale dell’Arma. A furia di frequentar­la gli era venuta voglia di arruolarsi, contro il parere dei genitori. Era il più giovane dei tre che i corleonesi sterminaro­no in via Scobar a Palermo nel 1983: il capitano Mario D’Aleo, l’appuntato Giuseppe Bommarito e, appunto lui, il carabinier­e scelto Pietro Morici. Agguato sotto la casa del capitano, comandante della compagnia di Monreale. Sullo sfondo il ruolo vitale, mai abbastanza indagato, di quella città nell’impero del crimine di Totò Riina. La signora Antonina, circondata dai familiari, segue attentamen­te le parole che ricordano il figlio, simbolico risarcimen­to per tanti pubblici oblii. “Che sia di esempio ai nostri concittadi­ni”, dice il nuovo sindaco. Poi si incammina con le autorità a inaugurare la stele, tra fiori verdi bianchi e rossi e due carabinier­i. Tolto il drappo, una scritta e una fiamma. La benedizion­e e poi un lungo applauso. Non parla, la signora. Torna alla poltrona. E il suo silenzio riassume una lunga striscia di dolore speciale. Ripiegato, metallico, senza tempo. Il dolore delle madri. Quindi si accomoda in prima fila davanti al palco allestito per un’intervista-dibattito sulla mafia di ieri e soprattutt­o di oggi. Per andare oltre la commemoraz­ione. Ma anche per ricordare quel che l’Arma ha dato alla lotta alla mafia in questa parte di Sicilia. La mamma di Piero Morici applaude, accanto alle figlie e accanto alla sorella dell ’ appun tato Bommarito. E in un quarto d’ora è come se su quella piazza prendesse forma un imperativo: recuperare tutta insieme la memoria dei carabinier­i dimenticat­i. Il giornalist­a, Attilio Bolzoni, enumera alcuni nomi e cognomi, li mette in fila, ed è obiettivam­ente impression­ante. Poi mentre il dibattito continua si scusa con onestà per avere dimenticat­o, come quasi tutti, i carabinier­i uccisi follemente nella strage della circonvall­azione il giugno dell’82. Massacrati per elimi- nare Alfio Ferlito, il boss detenuto che scortavano. E di nuovo ci si ricorda di un altro carabinier­e, il maresciall­o Giuliano Guazzelli, ucciso in fondo al triangolo della morte, nella Valle dei Templi, un decennio dopo. Nel pubblico che ascolta ci sono anche i due figli, un uomo e una donna.

SEMPRE DI PIÙ, tra quelle dimentican­ze rimediate, la signora va assomiglia­ndo a una creatura mitologica. Lei che nulla vede costringe tutti a vedere di più e più lontano. A immaginars­i come fosse fatto quel suo figlio quando si guadagnava un salario nella bot- tega alimentare. A immaginare lei al momento della notizia, e al rapporto che ebbe allora, quando ancora ci vedeva, con il grande mare blu trapanese. A immaginare i tanti volti dei nomi sempre dimenticat­i. Mentre il vento conquista il piazzale al tramonto, capisci che le cerimonie non sono tutte uguali. E non sempre sono fatte per ripeterci quello che già sappiamo. A volte si impara.

La signora è anziana, non vede, ma seduta in poltrona sembra una figura mitologica contro i pubblici oblii

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Memoria nella pietra La stele commemorat­iva a Valderice in onore del carabinier­e Pietro Morici

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