Il Fatto Quotidiano

MICRO&MACRO Argentina, quant’è faticoso rimediare ai disastri del populismo economico

Pronta la linea di credito da 50 miliardi del Fondo monetario internazio­nale. Macri alle prese con una cura dolorosa

- » MARIO SEMINERIO

L’Argentina è prossima a finalizzar­e la concession­e di una linea di credito triennale col Fondo Monetario Internazio­nale per 50 miliardi di dollari, nettamente superiore alle attese degli osservator­i, che ipotizzava­no 30 miliardi. La misura è stata richiesta dal governo del presidente Mauricio Macri dopo le forti turbolenze di mercato delle settimane scorse, col cambio in caduta libera e la banca centrale di Buenos Aires costretta nel giro di pochi giorni a portare i tassi al 40%, ponendo le basi per un forte rallentame­nto dell’economia. Dall’insediamen­to, nel 2015, Macri ha riguadagna­to l’accesso ai mercati internazio­nali, chiudendo un lungo contenzios­o con investitor­i esteri, ristabilit­o la credibilit­à delle rilevazion­i dell’istituto nazionale di statistica, che sotto Cristina Fer- nandez de Kirchner occultava i dati di inflazione reale, tagliato le imposte alle esportazio­ni. Per recuperare valuta, l’Argentina si è indebitata sui mercati per oltre 100 miliardi di dollari, ma è stata colpita dalla forza del biglietto verde. Macri ha cercato di ridurre e riqualific­are la debordante spesa pubblica, tagliando i sussidi su elettricit­à e combustibi­li, causando un doloroso ma inevitabil­e balzo dell’inflazione. La banca centrale ha ridotto ma non eliminato la monetizzaz­ione del deficit, e il tentativo di frenare il deprezzame­nto del cambio, ancora sopravvalu­tato, ha portato ad una crisi di fiducia dei mercati. I miliardi del Fmi, che per un triennio rimuoveran­no la necessità di rivolgersi ai mercati, hanno in contropart­ita la fine della monetizzaz­ione del deficit da parte della banca centrale e un percorso di rientro più accelerato verso il pareggio di bilancio primario (al netto della spesa per interessi), in quattro anni anziché nei sei previsti da Macri. La ristruttur­azione dell’economia argentina, piagata da anni di governo populista di Cristina Kirchner, resta ineludibil­e. Macri ha cercato un approccio gradualist­a, tale da non compromett­ere il suo consenso e non causare impatti troppo violenti sulla popolazion­e; ora dovrà accelerare, sotto il peso del vincolo esterno del finanziame­nto del Fmi, che la popolazion­e guarda con ostilità, memore degli errori del Fondo che condussero al crac del 2001. Il Paese, fortemente dipendente da fondi esteri per finanziare il suo deficit delle partite correnti, dovrà comunque attuare politiche fiscali e monetarie restrittiv­e per conseguire l’aggiustame­nto, e i salari reali sono destinati a subire forti riduzioni. Lunghi anni di spesa pubblica fuori controllo, per finanziare clientele di ogni tipo (un terzo degli occupati è nel settore pubblico), non possono essere cancellati rapidament­e né in modo indolore. I “diritti acquisiti” restano un ostacolo quasi insormonta­bile sulla via del risanament­o. Macri si gioca la rielezione, il prossimo anno, ma l’Argentina molto di più, se non riuscirà a rimediare agli anni tossici del populismo economico.

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