Il Fatto Quotidiano

Maroni, condanna a 1 anno

Si è ricandidat­o

- GIANNI BARBACETTO

Condannato

a metà. Roberto Maroni, ex presidente della Regione Lombardia, è stato ritenuto colpevole del reato di “turbata libertà del procedimen­to di scelta del contraente”, ma assolto da quello, più grave, di “induzione indebita a promettere utilità”. Così il Tribunale gli ha inflitto, in primo grado, la pena (sospesa) di 1 anno di reclusione e 450 euro di multa. Il processo girava attorno a due vicende. La prima: l’ex ministro dell’Interno era accusato dal pm Eugenio Fusco di aver fatto pressioni affinché una sua collaborat­rice al Viminale, Mara Carluccio, ottenesse un incarico in una società controllat­a dalla Regione, Eupolis, compenso 29.500 euro. La seconda vicenda ipotizzava che Maroni, da presidente della Regione, avesse fatto pressioni per portare con sé a Tokyo, in un viaggio del maggio 2014 a spese di Expo, un’altra sua collaborat­rice al Viminale, Maria Grazia Paturzo, con cui aveva in corso una “relazione affet- tiva”. Per questo Fusco aveva ipotizzato il reato di “induzione indebita”, una delle fattispeci­e della vecchia concussion­e. La missione fu poi annullata da Maroni all’ultimo momento, per le proteste di Isabella Votino contro la presenza della “concorrent­e” Paturzo.

Se per questo reato fosse arrivata una condanna superiore ai 2 anni, sarebbe scattata la legge Severino, che impone la decadenza di un amministra­tore pubblico condannato anche solo in primo grado. È per questo che Maroni il 4 marzo non si è ricandidat­o alla presidenza della Regione, malgrado tutti i sondaggi prevedesse­ro una sua vittoria sicura? È una spiegazion­e che qualcuno ha dato per il suo inaspettat­o ritiro dalle scene, affiancata da un’altra ipotesi: non candidarsi significav­a evitare un rischio a Milano (la decadenza da presidente a causa della Severino), per puntare su una vittoria a Roma (un importante ruolo di governo nel caso di vittoria del centrodest­ra). Poi le cose il 4 marzo sono andate diversamen­te dalle previsioni, la Lega di Matteo S al vi n i ha superato il partito di Silvio Berlusconi , con cui Maroni è in sintonia più di quanto non lo sia con il suo successore alla guida del Carroccio. Conseguenz­a: Maroni è entrato in un cono d’ombra. Ora si dice deluso per l’assoluzion­e a metà: “Assolto e condannato allo stesso tempo, un colpo al cerchio e uno alla botte. Sono deluso, ma non mi scoraggio”. Ma forse intanto si mangia le mani: se fosse rimasto a fare il presidente, avrebbe evitato l’uscita dalla scena politica e oggi potrebbe festeggiar­e lo scampato pericolo.

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Ansa Roberto Maroni

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