ANCH’IO HO COMMESSO UN CRIMINE
Del mio amico, il romanziere Jocelyn Tarbet, un tempo celebrato, avrete sentito parlare, ma sospetto che il ricordo di lui cominci a sbiadire. […] Di me, di Parker Sparrow, romanziere un tempo oscuro, non avevate invece mai sentito parlare prima che il mio nome ve- nisse collegato pubblicamente al suo. Come i due estremi di un dondolo, i nostri nomi rimangono inseparabili per un esiguo manipolo di bene informati. […] Siete liberi di considerare le poche pagine che seguono come una confessione. Per motivi di completezza, dovrò tornare indietro di una quarantina d’anni, quando le nostre vite procedevano felicemente e in tutto e per tutto di pari passo, e parevano destinate a precipitare verso un futuro condiviso. Studiavamo presso la stessa università e la stessa facoltà – quella di Lettere – e pubblicammo i nostri primi racconti su riviste studentesche che si chiamavano per esempio “Lama nell’occhio” (Ma che razza di nomi erano, quelli?).
Parker e Jocelyn Lui una gloria nazionale, io quasi un fallimento Finché non mi trovai da solo nel suo studio Come i due estremi di un dondolo, i nostri nomi rimangono inseparabili per un esiguo manipolo di bene informati
Ian McEwan compie oggi 70 anni. Per celebrarlo, Einaudi pubblica in Italia il suo racconto “Il mio romanzo viola profumato”, originariamente comparso sul “New Yorke r”. Ne riportiamo uno stralcio.
Eravamo ambiziosi. Decisi a diventare scrittori. […] Andavamo insieme in vacanza, ci leggevamo a vicenda i racconti sui quali pronunciavamo giudizi generosi e di un’impietosa onestà, facevamo l’amore l’uno con la ragazza dell’altro e, in qualche sporadica circostanza, provammo a ingaggiare una relazione omoerotica. […] Al termine della carriera universitaria […] ci trasferimmo a Londra e affittammo due monolocali a pochi isolati di distanza, a Brixton. […] Continuavamo a vederci regolarmente, a sbronzarci, a leggere ognuno le storie dell’altro e anche a muoverci negli stessi ambienti letterari piacevolmente negletti. […] Eravamo felici. Non conoscevamo ostacoli.
POI SE NE presentarono due. Senza informarmi, Jocelyn scrisse una sceneggiatura televisiva. […] Nulla di tutto questo avrebbe avuto importanza se, nello stesso periodo, io non avessi conosciuto Arabella, un fiore di ragazza inglese, robusta, generosa, serena, la stessa ragazza divertente che ancora oggi è mia moglie. […] A cambiare le cose fu che avemmo un figlio, un maschietto di nome Matt, al cui primo compleanno Arabella e io ci sposammo. Ben presto il monolocale di Brixton cessò di essere una sistemazione adeguata. Ci spostammo più giù, addentrandoci nei quartieri nel sud-ovest di Londra. […] La mia scrittura da freelancenon bastava a mantenerci. Mi trovai un impiego part time in un liceo della zona. Arabella rimase incinta di nuovo: adorava essere incinta. Il lavoro al liceo diventò a tempo pieno, e intanto usciva il mio primo romanzo. Ricevette qualche elogio, qualche modesta critica. Sei settimane più tardi uscì il primo di Jocelyn: un successo immediato. […] Lui aveva al suo attivo una ex moglie, una ex scuderia adattata a residenza a Notting Hill, svariate interviste televisive e numerosi servizi fo- tografici su riviste di costume. […] Si avviava a diventare il portavoce della nostra generazione. Ed ecco il fenomeno prodigioso: la nostra amicizia non ne risentiva af- fatto. […] Di quando in quando, lui veniva a trovare me e la famiglia. (Alla nascita del nostro quarto, ci eravamo spostati ancora più a nord, a Durham). Di norma, tuttavia, ero io che scendevo a trovare lui e Joliet, la sua seconda moglie. Abitavano a Hampstead, in una grossa villa vittoriana ai margini della brughiera. […] Ma di certo esisteva un divario tra noi che nessuno dei due poteva ignorare. Casa mia a Durham era discretamente comoda, ma strapiena di bambini chiassosi e fredda d’inverno. Un cane e due gatti avevano fatto scempio di moquette e poltrone. La cucina era eternamente ingombra di panni stesi, perché la lavatrice era lì. C’erano ovunque orride finiture in pino chiaro che non trovavamo mai il tempo di sostituire o verniciare. Di rado avevamo più di una bottiglia di vino in casa. I bambini erano uno spasso, ma urlavano e facevano disordine. Vivevamo del mio modesto stipendio e del lavoro part time di Arabella come infermiera.
Non avevamo un soldo da parte, e ci permettevamo pochissimi lussi. Non era facile, da noi, trovare un angolo per leggere un libro in pace. O anche solo trovare un libro. […] Sono abbastanza sicuro che, dopo gli anni di Brixton, non aveva più letto una sola riga di quello che scrivevo. Lui invece mi spediva copie fuori commercio dei suoi romanzi: nove in tutto, contro i miei quattro. Gli scrissi lunghe lettere piene di elogi sui primi due o tre, poi, per amore dell’equilibrio della nostra amicizia, decisi di adeguarmi a lui. Smettemmo di scriverci e di parlarci dei rispettivi libri, e la cosa sembrava starci bene. […] Ed è così che ci ritrovate oltre la metà del cammino, intorno ai cinquant’anni. Jocelyn ormai era una gloria nazionale, e io… be’, non sarebbe stato giusto metterla in termini di fallimento. […]
SONO DUNQUE arrivato al cuore di questa storia, al drastico cambio d’inclinazione del dondolo. Erano i primi di luglio e, come spesso facevo subito dopo la correzione degli esami di fine corso, ero partito da Durham diretto a Hampstead. […] Quella visita tuttavia non sarebbe stata come le altre. Il giorno dopo il mio arrivo, Jocelyn e Joliet partivano per Orvieto per una settimana e io avevo l’incarico di custodire la casa: dar da mangiare al gatto, annaffiare le piante, e approfittare di spazio e silenzio per affrontare le ultime tortuose cinquantotto pagine del mio romanzo. Al mio arrivo, Jocelyn era fuori per commissioni, perciò fu Joliet ad accogliermi. […] Sedemmo in giardino a bere tè e scambiarci le ultime notizie. […] Mi parlò di Jocelyn e dei guai che gli dava il lavoro. Arrivato all’ultima stesura del romanzo, si era abbattuto. Non gli sembrava all’altezza delle sue aspettative ambiziose, perché quello era atteso come un libro importante. Stava malissimo. […] Partirono il mattino dopo. Diedi da mangiare al gatto, mi preparai un secondo caffè, e sistemai il mio lavoro sulla scrivania della stanza per gli ospiti. […] Un’ora piú tardi, senza averlo minimamente deciso, mi dirigevo nello studio di Jocelyn. Chiuso a chiave. […] Voi non ci crederete, ma non avevo nessun piano in mente. Volevo vedere e basta. […]
Titolo originale “My Purple Scented Novel - The Self”. “My Purple Scented Novel” © 2016 Ian McEwan. “The Self “©
2018 Ian McEwan © 2018 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino. Published by arrangement with Agenzia
Letteraria Santachiara. Traduzione di Susanna Basso