Piazza San Carlo: le accuse alla Appendino e la difesa
Chiesto il rinvio a giudizio per lei e 14 indagati. Inclusi ex questore e capo dei Vigili del fuoco
La Procura di Torino ha chiesto il rinvio a giudizio della sindaca Chiara Appendino e di altri 14 indagati nell’inchiesta su quanto accadde in piazza San Carlo il 3 giugno 2017. Reati ipotizzati: disastro, lesioni e omicidio colposo.
I FATTI. La sera del 3 giugno 2017 il Comune di Torino organizzò in piazza San Carlo la proiezione su maxi-schermo della finale di Champions League in cui si affrontavano una delle squadre della città, la Juventus, e il Real Madrid. A un certo punto della serata, un’ondata di panico tra la folla creò un fuggi fuggi ge- nerale che provocò oltre 1.500 feriti e la morte di una donna. Una notte che doveva essere di sport e di festa si trasformò in una trappola mortale.
LE INDAGINI. La Procura apre un’inchiesta, coordinata dai pm Vincenzo Pacileo e Antonio Rinaudo, per accertare se vi sono responsabilità di chi ha organizzato e gestito l’evento. Tra gli iscritti nel registro degli indagati la sindaca di Torino Chiara Appendino, esponente di spicco del Movimento 5 Stelle, e altre 14 persone. Le transenne erano posizionate male. Non erano state previste vie di fuga. Era stato permesso di portare in piazza bottiglie di vetro che durante la fuga provocata dal contagio di panico, si sono infrante e sono diventate pericolosissime, causando centinaia di feriti.
PERCHÉ IL PANICO. Un’inchiesta parallela sta verificando le responsabilità di alcune persone che sono state arrestate perché avrebbero tentato alcuni furti nella piazza durante la partita, anche con l’impiego di spray urticanti. Questo potrebbe essere stato l’innesco del panico tra la folla.
L’ACCUSA. I pm torinesi sostengono che le responsabilità degli organizzatori e dei gestori dell’evento – compresa la sindaca Appendino – per i reati di disastro, lesioni e omicidio colposo vadano verificate da un giudice nell’ udienza preliminare che deciderà chi rinviare a giudizio e chi eventualmente prosciogliere. LA DIFESA. Il legale della sindaca di Torino, Luigi Chiappero, sostiene che la legge prevede una separazione forte, nell’amministrazione pubblica, tra indirizzo politico (in capo al sindaco) e gestione (di cui si devono occupare le strutture organizzative). La sindaca Chiara Appendino ha dato impulso alla serata con una sua delibera, poi però le modalità organizzative sono responsabilità delle strutture che le hanno decise e realizzate. TEMPI STRETTI. L’ac cu sa sostiene comunque che Appendino è responsabile di quello che è successo perché ha organizzato l’evento in tempi troppo stretti: la sua delibera è del 26 maggio, l’evento del 3 giugno, con in mezzo anche la festa del 2 giugno. Troppo pochi giorni per preparare la serata in sicurezza. Inoltre la sindaca non ha varato una delibera per impedire di portare in piazza le bottiglie di vetro.
LA RISPOSTA. Secondo le difese, il tempo tra il 26 maggio e il 3 giugno era assolutamente sufficiente a organizzare l’evento. E comunque non sono stati i tempi stretti a provocare morti e feriti, bensì errori nella disposizione della piazza. Quanto al vetro, spiega l’a vv o c at o Chiappero, non si è mai visto un sindaco fare una delibera per proibire di portare bottiglie a un evento. È una scelta organizzativa che spetta a chi gestisce la piazza.
LE MEMORIE DIFENSIVE. Cinque indagati hanno deciso, dopo aver ricevuto il 12 aprile 2018 l’avviso di conclusione indagini, di presentarsi davanti ai magistrati per un nuovo interrogatorio o di depositare memorie difensive. Sono la sindaca Appendino, l’ex questore di Torino Angelo Sanna, il dirigente dei vigili urbani Marco Sgarbi, il viceprefetto e presidente della Commissione provinciale di vigilanza Roberto Dosio e il presidente di “Turismo Torino” Maurizio Montagnese, a cui era delegata l’organizzazione della serata. Hanno presentato argomenti per contestare le accuse e chiesto di essere subito prosciolti. I pm hanno invece chiesto per tutti il rinvio a giudizio: i quindici indagati, secondo l’accusa, hanno causato, in “cooperazione colposa” tra loro, la morte di Erika Pioletti “nonché lesioni personali anche gravi e gravissime ad altre 1.526 persone”. Le ragioni della difesa saranno dunque valutate dal giudice per l’udienza preliminare, che prevedibilmente si aprirà a settembre.
Paura attentato Durante la finale della Juve, nella ressa scatenata dalla folla morì Erika Pioletti Le memorie dei legali Cinque indagati hanno presentato documenti per chiedere di essere subito prosciolti