Il Fatto Quotidiano

Il mio “ex” col braccino corto

Un racconto da “Casi umani”, oggi in libreria

- » SELVAGGIA LUCARELLI

La

magagna di Gianluca era la sua tirchieria. Radicata, salda, inamovibil­e. Gianluca, in questo senso, non somigliava allo stereotipo del milanese in carriera. Lui non voleva fare soldi. Voleva preservarl­i. Viveva con la preoccupaz­ione costante di dover mettere mano al portafogli, di essere fregato e derubato, di spendere più del dovuto, di non aver approfitta­to dell’offerta migliore.

A casa sua, per dire, la soglia massima di potenza che aveva pattuito con la compagnia energetica, era, per risparmiar­e, più o meno questa: se accendevo contempora­neamente l’abat jour e una presa antizanzar­e, si spegneva la Torre Eiffel.

Sotto la doccia c’era un secchio fisso perché lui aveva calcolato che anche quelle poche gocce l’ora che la doccia perdeva, a fine giornata riempivano il secchio di un dito e si poteva usare l’acqua del secchio al posto dello scarico del water per almeno una pipì al giorno. Alla cena fuori (ecco svelato l’arcano del primo appuntamen­to) preferiva gli apericena, così io mi ingozzavo di pizzette a 9 euro cocktail compreso e poi si saltava la cena, risparmian­do. Il suo cellulare era il tripudio delle applicazio­ni tristi. Con le amiche lo chiamavo “l’IPhone di Scrooge” (l’IPhone ovviamente era un regalo dello studio in cui lavorava). Aveva scaricato solo applicazio­ni utili a risparmiar­e, da quella che monitorava tutti i saldi del paese a quella che monitorava i prezzi del carburante nelle varie stazioni di rifornimen­to della città, per cui spesso per andare in Brera si faceva una deviazione di 80 km per Cremona perché con un pieno fatto alla Shell di Via Roma comunque si andava a risparmiar­e.

Naturalmen­te, questo si traduceva in una irriducibi­le taccagneri­a pure quando era costretto a farmi un regalo. E la genesi del regalo, andava sempre approfondi­ta perché nascondeva delle sorprese. Il giorno della festa delle donne, per dire, mi regalò 50 rose, cosa che mi parve decisament­e sospetta, visto che l’ul tima volta che c’era da fare un regalo per il compleanno della madre, mi domandò se quel profumo pieno a metà in bagno, impolverat­o in fondo alla mensola, mi servisse ancora. Quando capii che voleva riciclarlo come regalo alla madre, nacque la seguente conversa- zione: Io: “Amore, come fai a regalarlo a tua mamma, è mezzo vuoto, non lo vedi?”. Lui: “Vabbè aggiungo un po’ d’acqua, tanto a mia madre non sono mai piaciuti i profumi troppo intensi, lo diluisco un po’”. Io: “Sì amore, ma è un profumo Sergio Tacchini del 1989, lo conservo solo perché fu il primo regalo di un fidanzato del liceo e mi ricorda i tempi della scuola… ”. Lui: “Ma dai, quando è stata l’ultima volta che l’hai aperto e sei stata lì ad annusarlo evocando la tua adolescenz­a? Dieci anni fa?”. Io: “Ok, non è che sto lì, nostalgica, a svitare il tappo tutte le sere ma non è nemmeno un problema sentimenta­le, è chimico”. Lui: “Cioè?”. Io: “Cioè negli anni ’80 i profumi già avevano un tasso alcolico che neppure Pete Doherty dopo un addio al celibato, figurati dopo 25 anni che sta lì a fermentare. Secondo me se tua madre si mette una goccia di quel coso sui lobi, il giorno dopo le vengono le orecchie da elfo dei boschi. Lascia, stare, fidati”. Lasciò stare e le regalò un biglietto per la finale di rugby a sette che si sarebbe svolta il giorno dopo a Pomezia perché era la migliore offerta disponibil­e su Groupon. L’apice però fu il funerale di suo padre, dopo quasi cinque mesi che stavamo insieme. Suo papà era stato il proprietar­io di una famosa pizzeria della città. Malato da tempo, la sua morte non fu una sorpresa per nessuno in famiglia. Famiglia che comunque era composta da Gianluca (figlio unico) e da una madre che viveva in Francia e che aveva divorziato dal marito anni prima. Gianluca, dunque, doveva occuparsi da solo del funerale e sfortuna volle che mi chiese di accompagna­rlo alle pompe funebri “Outlet del funerale”.

LA SCENA FU LA SEGUENTE. “Buongiorno, dovrei organizzar­e un funerale semplice per mio papà che è morto stamattina. Vorrei un preventivo”. “Mi spiace, le porgo le mie condoglian­ze. Dove si trova suo padre, in città o bisogna andare a ritirare la salma in qualche altra località?”. “No, no, è qui al Niguarda”. “Ah, allora in tal caso comincio col dirle che il trasporto fino al cimitero con una delle nostre autovettur­e costa 200 euro”. “Vabbè ma quello non è un problema, posso portarlo io col furgone del lavoro di papà…”. “Scusi?”. Qui intervenni io: “Amore scusa, vuoi caricare la salma di tuo padre sui furgoni per la farina e arrivare al cimitero con la scritta sulla fiancata “Pizz’amore, la pizza che arriva al cuore?”. “No ok, in effetti… senta e la bara quanto costa?”.“Dipende dal materiale. Ci sono quelle di legno d’abete, di larice, di mogano, quelle in madreperla, quelle dipinte a mano… Con le maniglie in ottone o in acciaio, addirittur­a d’oro se lo si desidera…”. “Ma no, va bene anche l’apertura a scatto…”.

Io: “Amore non è un ombrello, è una bara…”.“Allora va bene una semplice maniglia d’acciaio… senta invece a proposito del materiale, in magazzino da mio padre ci sono decine di cassette di legno dei pachino che faceva venire dal casertano, se io vi fornisco il legno, voi potete riciclarlo per la realizzazi­one dell…?”. “Scusi, la interrompo. A parte che il funerale di suo padre va fatto in tempi brevi, immagino, poi mi permetto di dirle che stiamo parlando di un trapassato, non di una passata, troverei i- nopportuno tumulare qualcuno in una bara realizzata con legna di scarto…”. “Ma era per riciclare del materiale e risparmiar­e un po’…” “Guardi, se vuole risparmiar­e, su Amazon trova quelli che noi chiamiamo ‘cofani cinesi’, sono la casse da morto cinesi per gli animali fatte col cartone, magari ne trova una destinata a cani di grosse dimensioni…”. A quel punto volevo sotterrarm­i io. Farmi tumulare e avere almeno un metro di strato terroso di distanza tra me e le vergogna. Il tizio dell’outlet del funerale era sempre più nervoso e sarcastico. Tagliò corto. “Facciamo un pino semplice, economico. La corona la vuole?”. “Bah, una cosa molto… ”. “Semplice”.“Sì, senza fiori, solo verde, che ne so, con l’alloro…”. Io: “Amore, tuo padre è morto, non si è laureato”.

IL TIZIO CI GUARDAVA incredulo. “Ho capito. Facciamo una corona base. Il cuscino nella bara come lo vuole? Seta? Velluto? Cotone ricamato?”. “No no, mio padre dormiva senza cuscino…”. Io: “Amore, tuo padre non va a fare una pennichell­a, va al cimitero…”.“D’accordo. Facciamo un cotone semplice. La lapide, come la vuole?”. “Una cosa…”. “Semplice”.“Sì, niente marmo, cose così…”. “Suo padre per che squadra tifava?”. “La Roma”. “Se vuole piantiamo una bella bandierina della Roma sul prato dove è seppellito e tagliamo i costi della lapide, che dice?”.“Davvero si può far…?”. Io: “Amore no che non si può fare, il signore è ironico…”. “Senta. Facciamo una lapide standard con incisione semplice, ok? La foto la vuole? La avviso che la cornice ha un costo aggiuntivo di 70 euro.”. “Ma no guardi, mio padre è sempre stato un tipo schivo, ci teneva alla privacy…”. Io: “Amore, è morto, non è che se una vedova vede la sua foto al cimitero poi gli manda un messaggio su Facebook…”.

I funerali sono tristi per definizion­e. Ecco. Quello fu il funerale più triste di tutti i funerali tristi della storia. A un certo punto pensai che Gianluca avesse preso all’outlet pure il prete, perché padre Roberto fece un’omelia di due minuti netti e alle dieci del mattino il mio “mancato” suocero era già sotto terra, chiuso e sigillato nella sua bara a 199 euro e 90 fodera-viola-senza-imbottitur­a-compresa. L’ultimo viaggio, il povero signor Franco, l’aveva fatto in low cost.

IL RISPARMIO È TUTTO

Sotto la doccia c’era un secchio fisso perché anche quelle gocce che la doccia perdeva, si potevano riusare

PER IL COMPLEANNO DELLA MADRE

Le regalò un biglietto per la finale di rugby a sette a Pomezia perché era l’offerta migliore su Groupon

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Agf/Ansa Le cassette di legnoPer risparmiar­e l’uomo prova a “riciclare” alcune cassette di frutta per farne la bara
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