Più occupati, ma è record di precari
Cala la disoccupazione. Boom di tempo determinato, l’Italia tra gli ultimi in Europa
Anche
per il mese di maggio, la lettura dei dati sull’occupazione pubblicata ieri dall’istituto Nazionale di Statistica è al centro dichiarazioni politiche. La nuova nota mensile della Rilevazione sulle Forze di Lavoro racconta un aumento di 114 mila occupati rispetto ad aprile, con un tasso di occupazione che raggiunge il 58,8%. Si riduce, rispetto al mese precedente, anche il tasso di disoccupazione pari al 10,7%, ma si registra un record di contratti a termine.
SE È VEROche la lieve riduzione del tasso di disoccupazione non deriva da un aumento di quanti - pur senza lavoro - decidono di ritirarsi dalla vita attiva, smettendo di cercare un lavoro, la situazione appare tuttavia ancora molto fragile. Nonostante il plauso di alcuni, questi dati continuano a mo- strare le debolezze del mercato del lavoro italiano.
L’Italia è ancora sul podio europeo in termini di disoccupazione, dietro solo a Spagna e Grecia, sia sul totale che per la questione giovanile, dove si registra ancora un tasso di disoccupazione del 31,9% contro una media Ue del 16,8%. Inoltre, guardando i dati sulla nuova occupazione a maggio, emerge come l’aumento inte- ressi per il 70% gli uomini e per la restante quota le donne. Più bilanciato l’ampliamento nel confronto con l’anno precedente, quando a fronte di un incremento totale dell’occupazione di 457 mila unità, la quota femminile raggiunge il 45%. La crescita occupazionale continua ad interessare soprattutto gli over 50 (+98 mila unità, pari all’86% del totale dei nuovi occupati) e in parte i lavoratori tra i 25 e 34 anni (+31 mila) rispetto ad aprile. Su base annua invece l’occupazione tra i 15 e i 35 anni cresce di appena un quarto rispetto a quella della coorte anagrafica più anziana (+468 mila).
EMERGE una costante: la sempre maggiore precarietà. A maggio, il numero degli occupati a termine raggiunge il suo nuovo record: 3,074 milioni. Valore che aumenta di 62 mila unità in un mese, di 464 mila in un anno, con un tasso di crescita annuale del 16,4%. Di fronte agli ultimi dati dell’Istat, Matteo Renzi a corto di argomenti, ha dichiarato via Twitter che “il Jobs Act ha creato un milione di posti di lavoro in 4 anni”. Da maggio 2014, quando il Pd si apprestava a varare le prime manovre per affrontare le elezioni europee, i nuovi occupati sono in tutto 1 milione e 70 mila, di cui il 64% a tempo determinato. Ma più che il Jobs Act, era stato il Decreto Poletti a liberalizzare in via definitiva i contratti a termine. Ma non si è deteriorata solo la qualità del lavoro: la quantità è nei fatti ben inferiore al periodo di inizio crisi.
Come ricorda il rapporto annuale congiunto sul mercato del lavoro, il monte ore lavorato a fine 2017 è di 1,3 miliardi di ore inferiore al 2008. Una ripresa tanto fragile quanto vulnerabile: le aziende trainanti sono quelle che esportano e che quindi in questi anni hanno beneficiato sia di sgravi sul costo del lavoro (ne esistono ancora varie forme) sia di una ripresa della domanda estera per nulla assicurata nel medio termine. Fattori positivi a fronte dei quali il reinvestimento nel miglioramento delle condizioni lavorative di oltre 20 milioni di lavoratori è stato nullo quando non negativo.