Il Fatto Quotidiano

“La macchina è tutto: la sinistra non ha mai cambiato motore”

- » WANDA MARRA

“Facciamo una premessa. L’Italia è stata negli ultimi 25 anni il più importante laboratori­o di elaborazio­ne partitica in Occidente. Sono nati tre partiti diversi, tutti vincenti. Prima quello di Berlusconi, poi i Cinque Stelle, poi la Lega di Salvini”. Mauro Calise, docente di Scienza politica all’Università di Napoli Federico II, ha studiato negli ultimi anni soprattutt­o la democrazia leaderisti­ca, spesso osservando­la a partire dall’esperienza del centrosini­stra. Oggi riconosce quasi tutti i meriti agli altri.

Che cosa hanno in comune? Sono degli “eserciti di nuovo modello” e fondono tre variabili: comunicazi­one, personaliz­zazione e organizzaz­ione, innovandol­e profondame­nte tutte e tre. Berlusconi aveva una sua leadership personale, ma, al tempo stesso, grande capacità comunicati­va e efficienti­ssima struttura organizzat­iva. Mediolanum e Publitalia erano l’ossatura del nuovo partito. I Cinque Stelle hanno una straordina­ria comunicazi­one con Grillo che per 5 anni è leader assoluto e utilizzano la rete per un controllo verticisti­co di tutta la struttura: la selezione del ceto politico, gli strumenti di partecipaz­ione, tutto avviene attraverso il server. È il centralism­o cybercrati­co. La Lega ha una struttura organizzat­iva territoria­le solida, ma era al 4%. Poi è arrivato un leader forte e un nuovo uso dei social media, che si è innestato su un’impa lcat ura centralizz­ata, con un ceto parlamenta­re collaudato e amministra­tori locali di qualità. Mettendo il turbo di Facebook.

E il Pd?

Il Pd sta in un altro secolo, ibernato. Per 20 anni, non ha

Chi è Napoletano, 67 anni, Mauro Calise insegna Scienza Politica all’Università di Napoli Federico II

fatto niente di tutto questo. Non ha cambiato l’organizzaz­ione, ha tentato di innovare un po’ la leadership, prima con Veltroni, poi con Renzi, che però sono stati fagocitati dalle vecchie oligarchie. Sulla comunicazi­one, rispetto a quello che hanno fatto Berlusconi, Salvini e Grillo, nemmeno un balbettio.

Sta dicendo che il fallimento di Renzi non dipende da lui,

ma dall’oligarchia del Pd? Ha ereditato un partito disastrato, non ha toccato nulla dell’organizzaz­ione e dunque ha finito di sfasciarlo. Non lo ha innovato, lo ha solo conquistat­o. E questa è una colpa: il partito è prima di tutto organizzaz­ione, non solo leadership. Se non metti mano al motore, è tutto finito. Lei in passato ha difeso Renzi. Senza contare che la sua comunicazi­one per molto tempo è apparsa vincente. Ora come la vede?

In una prima fase lui ha innovato leadership e comunicazi­one. Ma ha pensato di poter fare a meno dell’organizzaz­ione. C’è un’incultura del partito a sinistra. Hanno vissuto di rendita, fino a quando non si è esaurita.

Non crede ci sia l’assenza di un progetto politico chiaro? Che manchino le parole d’ordine, la base elettorale? No. Nel senso che il progetto politico è importante, ne possiamo discutere. Ma non credo che sia fallimenta­re. È indebolito, questo è fuori discussion­e. Per esempio, va bene riaprire i circoli, ma non serve a niente se non li metti in rete, se non li fai vivere su Facebook, se non ti inventi una infrastrut­tura telematica che metta insieme sociale e virtuale. Com’è possibile che non ci sia un database dei due milioni di votanti alle primarie? I vari notabili erano troppo occupati a farsi le scarpe l’uno con l’altro. Casaleggio ha iniziato a lavorare sulla Rete 30 anni fa. Possibile che tutti questi soloni del Pd continuino a discutere sul progetto politico un po’ più a destra, un po’ più a sinistra, nel momento in cui i Cinque Stelle hanno detto “noi siamo po- st ideologici”?

Sta dicendo che la destra e la sinistra non esistono più? Certo che esistono. Ma l’organizzaz­ione è macchina. Devi mettere insieme una grande infrastrut­tura che metta in Rete, con la erre maiuscola, circoli, sindacati, associazio­ni. Vecchie assemblee e vecchie primarie, da sole, non servono a niente. I temi sono importanti se riesci a farli conoscere. Devono nascere da un’organizzaz­ione o da un leader. Oggi nel Pd non c’è nessuna delle due cose. La politica resta solo leaderisti­ca?

È la realtà in tutto l’Occidente. Con Macron o Trump o Salvini o Grillo e Di Maio. Il periodo migliore per il Pd è stato quando sembrava che Renzi potesse diventare un grande leader. Poi si è scoperto che era un po’ meno grande, quando ha pensato di fare a meno di sporcarsi le mani con l’organizzaz­ione. E così i vecchi notabili e l’oligarchia se lo sono fatto fritto, friggendos­i però anche loro.

Il Fronte di Calenda?

Un ras semblement di benpensant­i senza un leader. Con un’infrastrut­tura solida ne riparliamo. Vi ricordate Montezemol­o? Passera? Monti? Tutti partiti in embrione che non sono andati da nessuna parte per mancanza di organizzaz­ione. Per me, discutere su “dentro” il Pd o “oltre il Pd” sono parole al vento. Serve un motore nuovo. Inutile che le chieda di Zingaretti, a questo punto.

Se nel suo progetto associativ­o, ci mette dentro il turbo della Rete può saldare passato e futuro. Altrimenti si fa un partito del 12%.

Renzi si deve togliere di mezzo?

È l’ultimo dei problemi. Ma se la strada è continuare da solo, si farà un partitino del 5 o 6% per sistemare un po’ di ceto politico e non aiuterà né il Paese né la sinistra.

Che congresso servirebbe? Un congresso di rifondazio­ne organizzat­iva. E per farlo, devono iniziare a studiare. Altrimenti si va verso l’estinzione.

IL LABORATORI­O ITALIA Berlusconi, Salvini e Di Maio: negli ultimi 25 anni tre nuovi leader sono nati da noi La sinistra è rimasta ferma

IL FALLIMENTO DEL ROTTAMATOR­E Renzi non ha innovato il Pd, lo ha solo conquistat­o. È una colpa, perché il partito è prima di tutto organizzaz­ione La sfida è costruire una grande infrastrut­tura che metta in Rete circoli, sindacati, associazio­ni

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Ansa Professore Mauro Calise è docente di Scienza Politica all’università Federico II di Napoli

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