DAL FALLO PAGANO AL ROSARIO DI SALVINI
Ci manca la Lega pagana più che la padana: le teste cornute, la paccottiglia celtico-druidica, le ampolle sacre, le pinte di birra a bagnare il rito orgiastico della secessione a venire, il turpiloquio di Bossi e la glorificazione del Dio Fallo, che la Lega aveva inopinatamente “dur o”, per metterlo così colà dove si puote alla Roma mangiona e ladrona governata (e abitata) da nullafacenti crapuloni e viziosi.
Oggi la Lega è nazionale e sincretica e Salvini non esibisce l’avambraccio nella turgida metonimia bossiana ma il rosario, quella collanina di perle, ognuna un’avemaria, che le vecchine portano nelle sottane. Dopo aver giurato sul Vangelo, Salvini lo sgranava durante il giuramento da ministro (manco fosse Nichi Vendola). L’arcivescovo di Milano se n’ebbe a male: “Nei comizi si parli di politica” (al che viene da ribattere: “Nelle omelie si parli di religione”, ma se la sbrighino tra loro).
Utile ricordare il Mussolini che si professava “cattolico e anti-cristiano” per dire come della Chiesa gli interessasse il potere secolare e contrattuale e nulla dei valori del Vangelo, in nome dei quali pure si mandarono a morire milioni di giovani. In mano a Salvini il rosario, svuotato di ogni senso religioso, è un oggetto transizionale per rassicurare subliminalmente la gente che non accogliere gli stranieri (quelli poveri) non è affatto anti-cristiano, anzi: è l’unico modo per interrompere la “sostituzione etnica” e sabotare il progetto di islamizzazione della società con relativa perdita di radici cristiane eccetera. È un gadget para-bellico riempito di pensiero magico, come agitare l’aglio davanti a un vampiro (Salvini tempo fa aveva la fissa del maiale, che brandiva in effigie o in salume in tutta la sua salubre e italianissima porchità per bullizzare gli islamici che non lo mangiano. Possiamo ben dire, e ci riflettano i cattolici della Lega, che il rosario ha preso il posto del porco, o, se preferiscono, del fallo).