Lo strano silenzio del procuratore su Contrada
“Le Trattative” di Antonio Ingroia, storia di 26 anni di attacchi ai pm antimafia
Pubblichiamo un estratto da “Le Trattative” (Imprimatur) di Antonio Ingroia e Piero Orsati che sarà presentato oggi alle 15:30 all’Hotel Nazionale a Roma con Antonio Padellaro e Vauro Senesi. Borsellino
aveva raccontato anche che a invitarlo ad andare al Ministero dell’Interno era stato l’allora capo della polizia Parisi telefonandogli e interrompendo il colloquio con Mutolo. Pretestuosa la telefonata, pretestuoso l’invito da Mancino, finalizzato a farlo incontrare con Contrada e per mandargli un messaggio chiarissimo: “S a pp i che dietro Contrada c’è tutto il Ministero degli Interni, dal vertice politico al vertice della polizia sono dietro di lui, e lo sostengono”. Noi ovviamente non ci occupavamo delle indagini sulle stragi, che erano di competenza della procura di Caltanissetta; cercavamo, però, con indagini collaterali di dare una mano (...). Aggiungo una parentesi personale su Giovanni Tinebra, procuratore a Caltanissetta, che non ho mai raccontato pubblicamente. Quell’episodio di Contrada io lo segnalai subito. Il 20-21 luglio, dopo la strage, Tinebra si era fatto organizzare una stanzetta dentro il palazzo di Giustizia di Palermo (...). Dato che si sapeva che io ero uno dei magistrati più vicini a Paolo mi convocò (...): “Facciamo un incontro informale, poi se ci sono cose utili e interessanti le formalizzeremo più avanti” e io, fidandomi subito del procuratore di Caltanissetta, dell’istituzione perché l’uo- mo non lo conoscevo, gli raccontai la storia riferita da Paolo. Sono rimasto sempre sbalordito che questa vicenda non venne mai messa a verbale da Tinebra né quel giorno e neppure nelle settimane successive. Da lui, mai. Per capirci, io venni sentito per formalizzare questa dichiarazione solo anni dopo da Ilda Boccassini e Fausto Cardella.
C’È UNALTRO episodio che fa capire quanto pesasse e quante coperture e relazioni si era costruito Contrada nel corso della sua carriera. Contrada, nelle ultime settimane di libertà, fece uno strano blitz in procura, o meglio, arrivò senza far capire a nessuno cosa volesse e da chi intendesse andare, ma poi scoprimmo che entrò nella stanza del magistrato Giusto Sciacchitano, uno dei sostituti più “anziani” della procura, stanza nella quale si trattenne per un po’. In seguito Sciacchitano non ci ha mai raccontato di cosa avessero parlato ed è sempre rimasto un episodio mai chiarito. Certo è che Sciacchitano, pur essendo uno dei titolari del fascicolo su Contrada, era ostile a quelle indagini, e quando decidemmo di arrestarlo chiese di essere sollevato dall’incarico. Contrada arrivava dappertutto. E voleva dimostrarcelo. C’era un clima pesante in quei giorni. Erano stati uccisi in quel modo terribile e a poche settimane l’uno dall’altro, i nostri due punti di riferimento, e c’era preoccupazione. Indagare su Contrada che era sospettato di essere coinvolto nella strage di via D’Amelio creava tensione. Fra i colleghi c’era perfino chi era contrario me ne occupassi io perché ritenuto troppo coinvolto emotivamente per la mia vicinanza a Borsellino in quanto suo allievo. Ma io insistetti e superammo anche questo ostacolo. Quando acquisimmo abbastanza riscontri per arrestarlo la cosa provocò sui media molto clamore.
Fui io a partecipare al primo interrogatorio, con tutti i riflettori puntati addosso. E sicuramente non posso dimenticare che immediatamente dopo l’arresto il capo della polizia, Parisi, prese una posizione a sua difesa. Anche questo fatto senza precedenti, perché non era mai successo che il capo della polizia entrasse così a piedi uniti in un’indagine. Se poi penso che fu proprio Parisi a creare con l’invito a Paolo le condizioni per quell’incontro con Contrada dentro al Ministero dell’Interno...
LUGLIO 1992
Riferii al procuratore di Caltanissetta uno strano incontro di Borsellino al ministero dell’Interno, ma questo fatto non fu mai messo a verbale