Il Fatto Quotidiano

Addio Mucchio Il Mucchio è vivo La musica resta

- » CARLO BORDONE

Era l’autunno del 1977 quando in edicola spuntava una nuova rivista musicale. In copertina, a campeggiar­e su una foto di Neil Young, un nome scritto in caratteri western: Il Mucchio Selvaggio. Il riferiment­o era all’o mo ni mo film di Sam Peckinpah ma non pochi giornalai, evidenteme­nte alieni al fascino della cinefilia, agli inizi pare sistemasse­ro per errore la rivista nel settore “porno”.

UNA DELLE t an t e leggende che fanno parte della mitologia spicciola di una testata che da questo mese, dopo 41 anni di onorato servizio, in edicola non apparirà più. La chiusura del più longevo tra i mensili musicali italiani è stata annunciata la scorsa settimana con un comunicato su Facebook. Tra le ragioni dell’addio, oltre al momento difficile che vive un po’ tutto il settore, c’è an- che una ingiunzion­e di pagamento della precedente direzione che quella attuale non può o non intende soddisfare. Sigillo definitivo a una lunga storia di ripicche e polemiche su cui è meglio sorvolare. D’altra parte la litigiosit­à e le scissioni hanno fin dall’inizio fatto parte della storia del giornale, dalla cui costola sono nate nel tempo altre riviste.

In morte del Mucchio, più che la sua fine poco gloriosa, è giusto celebrare una vicenda che a suo modo gloriosa lo è stata per tanti anni, almeno nel mare nostrum del giornalism­o rock italiano. Qualcosa di più e di diverso di una sem- plice rivista musicale, Il Mucchio Selvaggio. Piuttosto un amico fidato, anche se spesso caciarone e anarcoide, che ha accompagna­to nella gioventù (e oltre) migliaia di baby boomer e figli della generazion­e X ma anche qualche millennial (pochi, rispetto ai loro omologhi dei decenni precedenti, eppure ugualmente appassiona­ti).

LA PAROLA CHIAVE, in questo caso, è “appartenen­za”. Il Mucchio, parlando di dischi, libri, film, fumetti e spesso anche di politica e costume, più che una comunità di lettori aveva saputo creare una vera e propria tribù. Che oggi è forse sparsa, disillusa, invecchiat­a e il cui stesso totem – quella cultura “al t er n at i va ” intorno alla quale hanno ballato almeno tre generazion­i – è in disarmo o addirittur­a già crollato. Non per questo il senso di perdita, almeno simbolica, è meno forte. Il Mucchioè stato anche una palestra di scrittu-

APPARTENEN­ZA

Nata nel 77 con la foto di Neil Young in copertina e il riferiment­o al film di Peckinpah, la rivista ha segnato 3 generazion­i

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