Azzardo, la megalobby che fa guerra a Di Maio
Un mercato da oltre 100 miliardi
■Gli ultimi dati parlano di una quota di giocatori “problematici” del 2,4% (circa 400 mila persone), perlopiù uomini. Gratta&Vinci e Lotto in testa ma crescono (anche grazie ad app e spot) le scommesse sportive
Eanche quota 100 miliardi è stata superata. Gli ultimi dati disponibili, quelli del 2017, certificano che la spesa di acquisto degli italiani per il gioco d’azzardo – nelle sue 47 forme disponibili – ha superato la fatidica soglia. Le vincite redistribuite ai (pochissimi) vincitori sono al di sotto degli 80 miliardi; dei 22-23 rimanenti la metà circa finisce nelle casse dello Stato. Una cifra non trascurabile. Ma l’i nc as so dell’erario vale il prezzo delle ludopatie? Il punto è centrale, come confermano le polemiche intorno al “decreto Dignità” che prevede, tra le altre cose, il divieto di pubblicità per giochi e scommesse.
L’ITALIA ha un livello di tassazione tra i più alti d’Europa, il doppio di Francia e Gran Bretagna, il quadruplo di Spagna e Germania. Ma se pure le entrate del 2016 hanno superato i 10 miliardi (su una base di 96 miliardi di giocate) il sistema fa acqua da tutte le parti. Attualmente, dopo la liberalizzazione del 2008 (governo Berlusconi) esistono dieci concessionarie private autorizzate dai Monopoli di Stato, ma l’arcipelago delle gestioni appaltate all’esterno è un fertile terreno per la criminalità organizzata, come la recente storia giudiziaria dimostra. E certo non è conclusa la vicenda delle multe miliardarie causa eva- sione fiscale non pagate dalle concessionarie stesse. Anzi.
La storia, che il Fattoha raccontato più volte, inizia nel 2006, quando la Guardia di Finanza scopre che migliaia e migliaia di slot machine sparse per l’Italia non erano – come da obbligo di legge – collegate alla rete SoGei, società pubblica incaricata della regolarità della taratura degli apparecchi. Bastava staccare un collegamento e gli incassi, che avrebbero dovuto essere ripar- titi tra vincite e imposte, finivano tutti nelle tasche degli operatori di filiera. La Procura Generale della Corte dei Conti stimò – sulla base dei contratti stipulati tra Monopoli e concessionari – in 89 miliardi il danno subito dalle casse dello Stato. Ma nel 2012 la Corte inflisse alle concessionarie sanzioni pari a “soli” 2,5 miliardi di euro, poi ridotti a poco meno di 700 milioni nel 2013 grazie alla “definizione agevolata del pagamento” introdotta dal go- verno Letta. Tra le concessionarie multate anche la Atlantis World, fino al 2008 rappresentata in Italia da Amedeo Laboccetta, ex deputato Pdl. Secondo gli inquirenti che indagarono l’ex presidente della Banca Popolare di Milano Massimo Ponzellini (condannato in primo grado a un anno e sei mesi) per un finanziamento di 148 milioni alla Atlantis, la società faceva capo al catanese Francesco Corallo. Il padre, Gaetano Corallo era considerato vicino al boss Nitto Santapaola ed è stato condannato per associazione a delinquere.
LA VICENDA delle multe non è ancora conclusa. Quel che è certo è che tra il 2005 e il 2007, come stabilì la Corte dei Conti, ci furono “gravissime carenze nel sistema”. Assai meno certo è che oggi le cose siano cambiate, soprattutto alla luce della moltiplicazione delle tecnologie disponibili rispetti a dieci-dodici anni fa.
C’è poi, ovviamente, oltre alla convenienza economica il fattore sociale. Gli italiani giocano sempre di più. Secondo una ricerca del Cnr nel 2017 hanno tentato la fortuna almeno una volta oltre 17 milioni di persone (il 42,8% della popo- lazione) contro i 10 milioni del 2014 ( 27,9%). La quota di “p ro b l em a t ic i ”, in costante aumento, è del 2,4% (circa 400 mila persone). Giocano più gli uomini delle donne (51,1% e 34,4%), il 74% predilige il Gratta&Vinci, al secondo posto (nonostante una flessione dal 72,7% al 50,5%) Lotto e SuperEnalotto. Infine, al terzo posto, le scommesse sportive, salite dal 18,3% del 2010 al 28%
La stima contabile Tra il 2005 e il 2007 i dieci concessionari avrebbero evaso tasse per decine di miliardi
del 2017. Un aumento dovuto principalmente alla sempre maggiore offerta di app per smatphone e tablet e – e qui torniamo al “decreto Dignità” – di insistente pubblicità.
Se da questi dati totali ci spostiamo al sottoinsieme dei giocatori “problematici”, scopriamo che la percentuale delle scommesse sportive si impenna al 72,8%. Insomma, un punto a favore per i sostenitori del divieto di pubblicità a giochi e scommesse.