Fico riceve Ingroia sulla scorta ritirata
Anni 90 L’ex pm presenta il suo libro e chiede a Fico una commissione ad hoc per “chiarire le responsabilità politiche sulla Trattativa e su via D’Amelio”
“Se davvero questa vuole essere la legislatura del cambiamento, si faccia piena luce sui rapporti tra mafia, politica e apparati dello Stato”. Spiega così Antonio Ingroia, la proposta che ha fatto al Presidente della Camera Roberto Fico nell’incontro di ieri. “Bisogna istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta per chiarire le responsabilità politiche e storiche sulla trattativa Stato-mafia e sulla strage di via D’Amelio”.
PER L’EX PM,
Fico si sarebbe mostrato molto disponibile alla proposta. I due hanno parlato della scorta tolta a Ingroia dopo 27 anni: “È stato la prima e finora unica autorità istituzionale che si è interessata alla mia sicurezza”. “La sentenza del processo sulla trattativa Stato-mafia – ha detto l’ex magistrato – è stata per noi un clamoroso successo, epocale, ma è rimasta un’opera incompiuta. Come epocale è stata anche la sentenza Borsellino quater di Caltanissetta, perché ha rilevato il più grande depistaggio della storia da parte di uomini dello Stato. Cosa potrebbe aver indotto tale depistaggio se non una responsabilità diretta nella strage di via D’Amelio? Borsellino sapeva della trattativa tra pezzi dello Stato e uomini di Cosa Nostra, per questo
doveva essere eliminato”. E allora se Terza repubblica deve essere il Parlamento deve indagare con “una commissione parlamentare d’inchiesta seria, che abbia spazio per accertare responsabilità. Non come la commissioni antimafia
delle ultime legislature che di tutto si sono occupate tranne che di trattativa”. Per fare pressione sul Parlamento, Ingroia non esclude una raccolta di firme. Idea che l’ex pm lancia nel corso della presentazione del libro “Le trattative”,
scritto con Pietro Orsatti e edito da “Imprimatur”. Ad affiancarlo Vauro e Antonio Padellaro, in prima fila Nino Di Matteo, pm di punta del processo.
Padellaro si assume il compito di mettere a nudo la realtà quando ricorda uno dei momenti epici del processo, il conflitto di attribuzione sollevato dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, contro la Procura di Palermo.
“Nel 2012 come giornale – ri c o rd a l’ex direttore e fondatore de Il Fatto Quotidiano – decidemmo di costruire una sorta di scudo protettivo per i magistrati palermitani. Lanciammo una petizione e raccogliemmo centinaia di migliaia di firme. Ma se oggi lanciassimo una iniziativa simile, non avremmo lo stesso risultato”. “La società è cambiata, non c’è più la stessa coscienza civile. È certamente il frutto di una disinformazione voluta sul processo trattativa, ma anche dell’irrompere nell’immaginario collettivo
di nuove emergenze. Oggi l’opinione pubblica è tutta concentrata sull’immigrazione”.
Stato e mafia hanno molti punti in comune. Vauro ne mette in evidenza uno, la paura. “Anche su questo si fonda il potere e la forza di Cosa Nostra, e sulla paura oggi forze politiche che sono al governo del Paese costruiscono cons en so ”. Ma qual è il rapporto dell’Italia con la mafia? Per Nino Di Matteo “l’Italia è il Paese dove il condizionamento della democrazia da parte della mafia è altissimo”. Siamo una comunità senza memoria, “che ancora parla di un Andreotti assolto, che non sa dei rapporti tra Cosa Nostra e Berlusconi scritti nero su bianco nella sentenza di condanna di Dell’Utri”. Paese dalla memoria corta, eppure la trattativa Stato-mafia attraversò “tre governi, Amato, Ciampi e Berlusconi. Le minacce furono percepite, ma nessuno all’epoca denunciò”.
L’incontro
Con il presidente della Camera ha parlato della scorta: “Sì è interessato alla mia sicurezza”