Boniperti, 90 anni di un patriarca tutto bianconero
Attaccante prima, dirigente poi: dal 1946 è uno dei grandi simboli bianconeri
I90 anni che Giampiero Boniperti compie oggi appartengono alla storia del calcio di un Paese, il nostro, che al calcio ha affidato troppo di sé: le gioie più sfrenate, le rabbie più feroci. Boniperti è stato e sempre sarà la Juventus. Lo ha deciso “l ei ”, quando lo reclutò nel giurassico 1946. Lo ha ribadito “lui”, quando pure venne scaricato per far posto alla “Triade”.
Giocatore, capitano, consigliere, presidente, amministratore delegato, presidente onorario. Un centravanti vero ed elegante, capace di soffiare il titolo di capocannoniere al leggendario Valentino Mazzola. Un dirigente to- sto, tutto di un pezzo e molto attento al prezzo, “titolare” tra Giovanni Agnelli e il fratello Umberto: “due mezzali così, sul mercato, non si trov an o”. Lo ripeteva spesso, grato e fortunato.
LO CONOBBI
a Bologna, all’alba della stagione 1974-’75. Inviato di T u tt o s po r t , sapevo che aveva il vezzo di svignarsela dopo il primo tempo. Colleghi anziani gli avevano parlato di me e della mia fede, uguale alla sua. Arriva il fatidico intervallo: risultato 1-1. Gol di Savoldi, pareggio di Anastasi. Boniperti prese su e scappò, letteralmente. Noi cronisti, tutti dietro. Ciao ragazzi, salve presidente. Il solito protocollo. Bisognava
sbrigarsi, il devoto Pino lo aspettava al parcheggio pronto a sgommar via. Ha sempre odiato le interviste, Boniperti. Le odiava perché aveva paura di sembrare un altro, perché temeva che la pancia lo tradisse e gli estorcesse quello che davvero pensava. Gli chiedemmo due cose, ci rispose con una. E il fatidico: “Mi rac- comando, tanti saluti a casa”.
Per la cronaca, il Bologna vinse poi la partita (2-1, rete di Cresci) e la Juventus lo scudetto. Siamo al giorno dopo. Fu Boniperti a telefonare, non io. Curioso, aveva letto il pezzo e vi aveva trovato un “neh”, classico del gergo piemontese. Giurò di non averlo mai pronunciato. Infatti, non l’aveva detto. Lo avevo aggiunto di mio pugno, pensando che con un “neh” i nudi concetti sarebbero stati un po’ meno nudi.
“Non farlo più”, mi disse. Asciutto. E mi domandò, a mo’ di risarcimento, come stessero mamma e papà. Avevo 23 anni e mezzo, e chissà per quanti campionati ancora avrei dovuto convivere con le sue pause, i suoi scatti. Un reporter più indipendente avrebbe replicato per le rime, o l’avrebbe comunque aspettato al varco per crivellarlo di “neh”. Da acerbo giornalista quale ero, gli risposi con un fiero e sdegnato sì. E non glielo inflissi più.
TRASCORSERO
mesi e, non so come, tornammo sull’argomento. Mi confessò che, quel lunedì là, non mi aveva minacciato. Aveva scherzato. Era stata tutta una finta. Gli anni non passano, restano: se passassero, potremmo sempre millantare di sentirci giovani. Boniperti non ne ha bisogno. Juventus, in latino, vuol dire gioventù.