Ivrea Il riconoscimento dell’Unesco al sogno intelligente di Olivetti
Erano i tempi della sinistra di governo, in ascesa e ambiziosa, di Prodi, Veltroni e D’Alema. E, all’epoca “felix”, Piero Fassino poteva chiedere, esultante, al Presidente di Unipol, Consorte, riferendosi a Bnl: “Gianni, allora, finalmente, abbiamo una banca ?”. Adesso siamo in una fase di crisi e di incertezza, per i progressisti, ripiegati su se stessi e relegati all’opposizione del governo Lega-5 Stelle. Dunque, all’ex ministro, Luca Lotti, non resta che chiedere all’ex leader del Pd e del “giglio toscano!, Renzi: “Oh, Matteo, è vero ? Abbiamo un villone, a Firenze ?...”. Un acquisto, il cui costo sarebbe di 1,3 milioni di euro, che ha fatto molto discutere. E non rende i militanti del PD sereni, né li stimola a impegnarsi in una difficile “remuntada” politica nei confronti di Salvini, in ascesa, a vedere come i big antepongano il miglioramento delle posizioni personali a quelle della “ditta” di bersaniana memoria.
Gli africani devono lottare non inseguire l’Europa
Per aiutare l’Africa servono gli africani, ha scritto sul Fatto Pino Corrias. Finalmente una voce diversa! Sono milioni gli africani in fuga dalle guerre e dalla fame. Un esodo inarrestabile, ma anche una nemesi storica che continuerà ad abbattersi sull’Europa. A meno che gli africani, per un “miracolo” della storia, non decideranno di prendere in mano il proprio destino. “Se l’Africa andrà sempre di più in malora - scrive Corrias - dipende certamente da noi che scateniamo guerre, preleviamo risorse e pretendiamo di non subirne le conseguenze. Ma dipende anche da loro...”. L’articolo di Corrias mi ha riportato alla lettura giovanile de I dannati della terra dello lo studioso africano Frantz Fanon, teorico militante anticolonialista, che oggi si starà rivoltando nella tomba, sentendosi “tradito” dalla fuga dei suoi conterranei dalla sua Africa verso l’Europa. “Allora, compagni, – scriveva LA CITTÀ DELL’OLIVETTI è stata dichiarata patrimonio mondiale dall’Unesco. Esempio di una realtà che ha funzionato alla perfezione per decenni portando progresso e benessere. Ma quella Ivrea da anni non esiste più, quello che era il modello imprenditoriale messo in piedi da un industriale lungimirante che è stato anche capace ad insegnare agli americani cosa fosse un personal computer (la cosiddetta Perottina) è stato devastato dalla finanza e da politici incapaci, convinti che l’impresa privata fosse una tigre feroce da uccidere subito oppure una mucca da mungere, per dirla alla Winston Churchill. Da capire quindi per quale ragione sia stato scelto di dare un riconoscimento a un qualcosa che non esiste più ed è stato distrutto e che in quanto tale non tornerà. Il tributo a una realtà estinta dovrebbe rappresentare un severo monito alle generazioni di imprenditori che potrebbero avere idee altrettanto brillanti. Tenete fuori dalla porta coloro che un giorno dovessero distrarvi dall’obiettivo primario della vostra impresa, convincendovi che i soldi non si facciano lavorando ma con oscure manovre e con mezzi altamente speculativi, nelle borse mondiali dove i colpi bassi sono all’ordine del giorno e sono in grado non solo di far saltare per aria una azienda modello, ma una intera comunità. GENTILE ANDREA, la sua lettera ci agevola perché pone un problema e suggerisce anche la risposta, alla quale vale solo la pena di aggiungere una considerazione. L’Unesco indica beni architettonici e artistici e non strategie industriali, però con la salvaguardia di oggetti del passato aiuta l’umanità ad avere memoria di sè. È dunque vero, come lei dice, che quella Ivrea di Adriano Olivetti non esiste più, ma è anche vero che la città custodisce, attraverso numerosi edifici industriali e non solo, alcuni dei quali au- 60 anni fa Fanon – possiamo fare tutto, oggi, a condizione di non essere ossessionati dal desiderio di raggiungere l’Europa. Per noi stessi e per l’umanità bisogna rinnovarsi, sviluppare un pensiero nuovo, tentare di mettere su un uomo nuovo.” Parole che oggi risuonano in quelle di Corrias: “Che fine toccherà all’Africa che cresce a dismisura? Se non saranno loro a contrastare le loro classi dirigenti corrotte, i loro generali, i loro dittato- tentici capolavori, la memoria di un modo illuminato di concepire la nostra società industriale. La memoria di Adriano Olivetti fa parte del nostro presente. Una parte che si crede vincente della nostra classe imprenditoriale e dei suoi intellettuali a gettone ce lo indica come il modello del “perdente”: illuso sognatore, utopista tutt’al più, nel linguaggio da bar ormai sdoganato “un coglione”, incapace di obbedire all’imperativo capitalista, il profitto. A lui vengono contrapposti i vincenti, i sanamente cinici. Solo che l’Olivetti è stata rasa al suolo da un vincente per antonomasia, l’ingegner Carlo De Benedetti. E così tutto il resto dell’industria italiana. Resta solo chiederci quanto dovremmo diventare poveri per capire che il sognatore Olivetti era soprattutto il più intelligente. ri...chi lo farà al posto loro?” Il traffico di esseri umani, i 35mila africani annegati negli ultimi 15 anni nel Mediterraneo ed altri condannati alla stessa sorte nei prossimi anni, con i telegiornali che c’informeranno ripetutamente di una nuova strage nel Mediterraneo, continueranno a infastidire le nostre coscienze. E l’Europa? “Decidiamo di non imitare l’Europa - invocava Frantz Fanon - tendiamo i nostri muscoli e i nostri cervelli, fratelli, in una direzione nuova. Cerchiamo d’inventare l’uomo totale che l’Europa è stata incapace di far trionfare.”
Che direbbe oggi Fanon vedendo i suoi conterranei elemosinare all’entrata dei supermercati, e ascoltando Salvini che esulta per la fine della pacchia di questi disgraziati ironizzando crudelmente sulle loro crociere nel Mediterraneo? Oppure leggendo un intellettuale progressista di Repubblica tessere le In un paese come l’Italia dove il numero dei decessi supera quello delle nascite, non si può far credere che il problema principale sia l’immigrazione. Anche l’INPS ha dimostrato, numeri alla mano, che senza immigrati sono a rischio le pensioni. I veri problemi sono altri: un debito pubblico fuori controllo e una corruzione endemica che penalizza qualsiasi investimento. I cinque stelle sono stati votati per le loro promesse di onestà, non basta avere bloccato il decreto Orlando sulle intercettazioni: ci aspettiamo qualcosa di più incisivo.