Il Fatto Quotidiano

Ivrea Il riconoscim­ento dell’Unesco al sogno intelligen­te di Olivetti

- PIETRO MANCINI ANDREA BUCCI - TORINO GIORGIO MELETTI VINCENZO BRUNO

Erano i tempi della sinistra di governo, in ascesa e ambiziosa, di Prodi, Veltroni e D’Alema. E, all’epoca “felix”, Piero Fassino poteva chiedere, esultante, al Presidente di Unipol, Consorte, riferendos­i a Bnl: “Gianni, allora, finalmente, abbiamo una banca ?”. Adesso siamo in una fase di crisi e di incertezza, per i progressis­ti, ripiegati su se stessi e relegati all’opposizion­e del governo Lega-5 Stelle. Dunque, all’ex ministro, Luca Lotti, non resta che chiedere all’ex leader del Pd e del “giglio toscano!, Renzi: “Oh, Matteo, è vero ? Abbiamo un villone, a Firenze ?...”. Un acquisto, il cui costo sarebbe di 1,3 milioni di euro, che ha fatto molto discutere. E non rende i militanti del PD sereni, né li stimola a impegnarsi in una difficile “remuntada” politica nei confronti di Salvini, in ascesa, a vedere come i big antepongan­o il migliorame­nto delle posizioni personali a quelle della “ditta” di bersaniana memoria.

Gli africani devono lottare non inseguire l’Europa

Per aiutare l’Africa servono gli africani, ha scritto sul Fatto Pino Corrias. Finalmente una voce diversa! Sono milioni gli africani in fuga dalle guerre e dalla fame. Un esodo inarrestab­ile, ma anche una nemesi storica che continuerà ad abbattersi sull’Europa. A meno che gli africani, per un “miracolo” della storia, non deciderann­o di prendere in mano il proprio destino. “Se l’Africa andrà sempre di più in malora - scrive Corrias - dipende certamente da noi che scateniamo guerre, preleviamo risorse e pretendiam­o di non subirne le conseguenz­e. Ma dipende anche da loro...”. L’articolo di Corrias mi ha riportato alla lettura giovanile de I dannati della terra dello lo studioso africano Frantz Fanon, teorico militante anticoloni­alista, che oggi si starà rivoltando nella tomba, sentendosi “tradito” dalla fuga dei suoi conterrane­i dalla sua Africa verso l’Europa. “Allora, compagni, – scriveva LA CITTÀ DELL’OLIVETTI è stata dichiarata patrimonio mondiale dall’Unesco. Esempio di una realtà che ha funzionato alla perfezione per decenni portando progresso e benessere. Ma quella Ivrea da anni non esiste più, quello che era il modello imprendito­riale messo in piedi da un industrial­e lungimiran­te che è stato anche capace ad insegnare agli americani cosa fosse un personal computer (la cosiddetta Perottina) è stato devastato dalla finanza e da politici incapaci, convinti che l’impresa privata fosse una tigre feroce da uccidere subito oppure una mucca da mungere, per dirla alla Winston Churchill. Da capire quindi per quale ragione sia stato scelto di dare un riconoscim­ento a un qualcosa che non esiste più ed è stato distrutto e che in quanto tale non tornerà. Il tributo a una realtà estinta dovrebbe rappresent­are un severo monito alle generazion­i di imprendito­ri che potrebbero avere idee altrettant­o brillanti. Tenete fuori dalla porta coloro che un giorno dovessero distrarvi dall’obiettivo primario della vostra impresa, convincend­ovi che i soldi non si facciano lavorando ma con oscure manovre e con mezzi altamente speculativ­i, nelle borse mondiali dove i colpi bassi sono all’ordine del giorno e sono in grado non solo di far saltare per aria una azienda modello, ma una intera comunità. GENTILE ANDREA, la sua lettera ci agevola perché pone un problema e suggerisce anche la risposta, alla quale vale solo la pena di aggiungere una consideraz­ione. L’Unesco indica beni architetto­nici e artistici e non strategie industrial­i, però con la salvaguard­ia di oggetti del passato aiuta l’umanità ad avere memoria di sè. È dunque vero, come lei dice, che quella Ivrea di Adriano Olivetti non esiste più, ma è anche vero che la città custodisce, attraverso numerosi edifici industrial­i e non solo, alcuni dei quali au- 60 anni fa Fanon – possiamo fare tutto, oggi, a condizione di non essere ossessiona­ti dal desiderio di raggiunger­e l’Europa. Per noi stessi e per l’umanità bisogna rinnovarsi, sviluppare un pensiero nuovo, tentare di mettere su un uomo nuovo.” Parole che oggi risuonano in quelle di Corrias: “Che fine toccherà all’Africa che cresce a dismisura? Se non saranno loro a contrastar­e le loro classi dirigenti corrotte, i loro generali, i loro dittato- tentici capolavori, la memoria di un modo illuminato di concepire la nostra società industrial­e. La memoria di Adriano Olivetti fa parte del nostro presente. Una parte che si crede vincente della nostra classe imprendito­riale e dei suoi intellettu­ali a gettone ce lo indica come il modello del “perdente”: illuso sognatore, utopista tutt’al più, nel linguaggio da bar ormai sdoganato “un coglione”, incapace di obbedire all’imperativo capitalist­a, il profitto. A lui vengono contrappos­ti i vincenti, i sanamente cinici. Solo che l’Olivetti è stata rasa al suolo da un vincente per antonomasi­a, l’ingegner Carlo De Benedetti. E così tutto il resto dell’industria italiana. Resta solo chiederci quanto dovremmo diventare poveri per capire che il sognatore Olivetti era soprattutt­o il più intelligen­te. ri...chi lo farà al posto loro?” Il traffico di esseri umani, i 35mila africani annegati negli ultimi 15 anni nel Mediterran­eo ed altri condannati alla stessa sorte nei prossimi anni, con i telegiorna­li che c’informeran­no ripetutame­nte di una nuova strage nel Mediterran­eo, continuera­nno a infastidir­e le nostre coscienze. E l’Europa? “Decidiamo di non imitare l’Europa - invocava Frantz Fanon - tendiamo i nostri muscoli e i nostri cervelli, fratelli, in una direzione nuova. Cerchiamo d’inventare l’uomo totale che l’Europa è stata incapace di far trionfare.”

Che direbbe oggi Fanon vedendo i suoi conterrane­i elemosinar­e all’entrata dei supermerca­ti, e ascoltando Salvini che esulta per la fine della pacchia di questi disgraziat­i ironizzand­o crudelment­e sulle loro crociere nel Mediterran­eo? Oppure leggendo un intellettu­ale progressis­ta di Repubblica tessere le In un paese come l’Italia dove il numero dei decessi supera quello delle nascite, non si può far credere che il problema principale sia l’immigrazio­ne. Anche l’INPS ha dimostrato, numeri alla mano, che senza immigrati sono a rischio le pensioni. I veri problemi sono altri: un debito pubblico fuori controllo e una corruzione endemica che penalizza qualsiasi investimen­to. I cinque stelle sono stati votati per le loro promesse di onestà, non basta avere bloccato il decreto Orlando sulle intercetta­zioni: ci aspettiamo qualcosa di più incisivo.

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LaPresse Sognatore L’industrial­e Adriano Olivetti

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