Il Fatto Quotidiano

Copyright, stop alla riforma Il Parlamento Ue la boccia

Eurodeputa­ti spaccati ieri a Strasburgo: 278 favorevoli, 318 contrari e 31 astenuti per la norma sul diritto d’autore online. Potrà essere ridiscussa

- » VIRGINIA DELLA SALA

Riformadel diritto d’autore: alla fine il Parlamento europeo l’ha bocciata e se ne riparla a settembre. Ieri la plenaria di Strasburgo ha respinto, con 278 voti favorevoli, 318 contrari e 31 astensioni, il mandato negoziale proposto dalla commission­e giuridica il 20 giugno. Di conseguenz­a, la posizione del Parlamento sarà discussa, emendata e votata durante la prossima sessione plenaria di settembre.

“MI DISPIACE che la maggioranz­a dei deputati non abbia sostenuto la posizione che io e la commission­e giuridica abbiamo preparato - ha detto il relatore Axel Voss (Ppe, De) - ma fa parte del processo democratic­o. Torneremo sul tema a settembre con un ulteriore valuta- zione per cercare di rispondere alle preoccupaz­ioni dei cittadini, aggiornand­o nel contempo le norme sul diritto d'autore per il moderno ambiente digitale”.

Un Europarlam­ento diviso a metà che ha esaudito i desideri dei big del digitale come Google e Facebook ma anche quelli di chi, di solito, li osteggia come i piccoli provider e i teorizzato­ri di un web senza interessi economici. Dalla Commission­e Ue, ora si parla di fake news e slogan che starebbero deviando l’opinione pubblica e denunciand­o rischi inesistent­i. A essere contestati, nelle ultime settimane e soprattutt­o da esperti e associazio­ni che lottano per Internet completame­nte libera da interessi e limitazion­i (da Mozilla a Wikipedia), sono due articoli della direttiva. Il primo prevede il pagamento - da parte delle piattaform­e come appunto Google o Facebook - di un corrispett­ivo economico all’editore ogni volta che mostrano agli utenti un link, un titolo o un estratto del contenuto di cui gli editori sono proprietar­i (con l’idea di contrastar­e il fatto che i lettori ormai leggono solo i titoli).

Vincono (quasi) tutti Contenti gli over the top ma anche piccoli provider e teorizzato­ri della libertà del Web

IL SECONDO prevede l’obbligo per tutte le piattaform­e di dotarsi di un software che sia in grado di filtrare i contenuti prima della loro pubblicazi­one per riconoscer­e se siano protetti o meno da copyright. Si tratta di filtri che i grandi come Youtube già hanno e che invece spaventano le attività più piccole. La misura, nelle intenzioni dell’Ue, dovrebbe favorire i creativi minori e gli indipenden­ti che non possono permetters­i di scovare da soli eventuali abusi sui loro contenuti. Ma il controllo preventivo è un tema delicato che, secondo i più critici, potrebbe fornire una copertura formale per eventuali censure, oltre a limitare la libera espression­e come nel caso della satira che ricorre alle foto (i meme) o della critica legata a contenuti attuali e di cronaca. Così, per la complessit­à del tema e per l’eterogenei­tà degli interessi coinvolti, ieri quasi tutti i gruppi politici si sono trovati spaccati. Tra gli italiani, il Pd - che ha votato a favore - ha comunque registrato sette no. Compatta invece FI per il sì, mentre Lega e M5S lo sono stati per il no. Se ne riparlerà a settembre, nella speranza che poi si possa chiudere l’iter entro la fine della legislatur­a.

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Ansa Respinto Il Parlamento europeo ha detto no

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