Il Fatto Quotidiano

“È entrato il diavolo!”, e il palazzo crollò

L’inquilino del secondo piano e i lavori abusivi con il martello pneumatico

- » VINCENZO IURILLO

“In

20 giorni è entrato il diavolo nel Palazzo”. Il diavolo è una doppia metafora. Allude ai lavori abusivi che secondo una perizia de ll ’ accusa causarono il crollo della palazzina di cinque piani di Rampa Nunziante a Torre Annunziata (Napoli). Ed al proprietar­io dell’appartamen­to al secondo piano dove furono eseguiti, Gerardo Velotto. Quel crollo ha provocato 8 morti. L’amministra­tore del condominio, l’avvocato Roberto Cuomo, si lascia sfuggire lo sfogo davanti ai pm Andreana Ambrosino e Silvio Pavia. È il 10 luglio 2017. Sono trascorsi solo tre giorni dalla sciagura. I magistrati non lo mettono a verbale. Ma il 30 ottobre insieme all’aggiunto Pierpaolo Filippelli risentono Cuomo da indagato e ne chiedono spiegazion­i. “Mi riferivo alla circostanz­a che d a l l’entrata di Velotto nel palazzo, dopo un mese e mezzo è successo il crollo. E fino al 6 luglio 2017 non avevo contezza dei lavori abusivi che stava svolgendo”. Fino al giorno prima del disastro. Il 6 luglio Cuomo, quando le crepe nell’edificio sono ormai evidenti, fa ingresso nell’appartamen­to di Velotto con l’architetto progettist­a Massimilia­no Bonzani e l’architetto del Comune Giacomo Cuccurullo. Il funzionari­o comunale abitava l’attico, morirà con la moglie e il figlio. Cuomo vide “che non c’erano tutti i tramezzi lato nettuno e lato ferrovia, erano crollate una o due file di mattoni lateralmen­te alle aperture e per effetto di tali interventi le murature si erano ridotte di circa un metro”. Ma non ci furono proteste. “Nessuno di noi contestò l’abusività dei lavori, anche se apparivano ormai evidenti”. Non era preoccupat­o? Nella chat ‘superstiti palazzo’ definì Velotto “l’animale”.“No, ero tranquillo, lì abitava Cuccurullo e per me lui era il custode del palazzo”.

Domani è il primo anniversar­io di un lutto che ha sconvolto Torre Annunziata, stordita all’alba di un gior- no d’estate dal rumore della palazzina fronte mare e ferrovia sbriciolat­a su se stessa. La strage fu annunciata da numerosi segnali che avrebbero suggerito lo sgombero: lesioni visibili, infissi che non chiudevano, balconi inclinati. La Procura torrese ha chiuso l’inchiesta in tempi rapidi e ai primi di luglio ha ottenuto il rinvio a giudizio di Cuomo (che ha scelto il rito immediato), Velotto, Bonzani e altri 12 imputati. Sono i tecnici e gli operai che eseguirono gli interventi, i profession­isti che firmarono le pratiche, i titolari di altri appartamen­ti interessat­i dalla riqualific­azione del vecchio edificio (licenza del giugno 1957), acquistato ad un’asta fallimenta­re da una cordata di cui facevano parte pure Cuomo e Cuccurullo. Alcune case furono poi rimesse sul mercato. Velotto è uno dei subentrati: prese possesso del suo appartamen­to a maggio 2017 con una scrittura privata. In cinque rispondono di crollo e omicidio colposo, altri di falso. Il processo inizierà a febbraio 2019.

Secondo la perizia dei professori Nicola Augenti e Andrea Prota, il crollo è la conseguenz­a dei lavori abusivi al secondo piano che “con la demolizion­e dei tramezzi divisori finirono per determinar­e l’indebolime­nto di un maschio murario in corrispond­enza del quale ha avuto origine il collasso”. Quel piano fu scarnifica­to con un uso forsennato del martello pneumatico, ricordato nelle testimonia­nze. E alle 9 della mattina del crollo, con i corpi ancora sotto le macerie, Velotto corse dal notaio insieme al venditore per ridurre la cifra della compravend­ita da 275 mila a 210 mila euro. I pm non si spiegano il perché.

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LaPresse Venne giù all’alba Quello che resta del palazzo campano sventrato da un cedimento nel luglio dello scorso anno

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