Il Fatto Quotidiano

Migranti, l’ultima salvinata: “Meno permessi umanitari”

- » ALESSANDRO MANTOVANI

Una circolare di Matteo Salvini invita i prefetti e la Commission­e centrale per il diritto d’asilo a stringere le maglie sui permessi di soggiorno per motivi umanitari. Sono i permessi che si danno a malati gravi, donne incinte, persone che sono passate per i campi e le torture in Libia o altrove e a volte anche a stranieri che sono già qui e lavorano ma non riescono regolarizz­arsi come semplici immigrati perché ci sono solo 30 mila posti l’anno. La direttiva è datata 4 luglio, fa parte della campagna che passa per la chiusura dei porti alle Ong (con l’avvio di una nuova fase nel confronto all’i n t er n o dell’Ue ma anche l’aumento dei morti in mare) e il pugno di ferro contro gli ambulanti sulle spiagge, su cui oggi il ministro dell’Interno farà una conferenza stampa.

SALVINI OSSERVA che “sono in trattazion­e circa 136 mila richieste di protezione internazio­nale” e che “lo scorso anno sono state presentate oltre 130.000 istanze di asilo, di gran lunga superiori ai 119.000 migranti sbarcati sulle nostre coste”, che nel 2018 fino a ieri sono stati solo 16.707. Salvini assicura altri 250 addetti alle Commission­i e chiede di accelerare le procedure che durano oggi tra i 10 mesi e i due anni, nonostante il suo predecesso­re Marco Minniti abbia già eliminato un grado di giudizio.

“La percentual­e di riconoscim­ento dello status di rifugiato – scrive il ministro dell’Interno – è stata pari al 7%, quella della protezione sussidiari­a al 15%; sono stati inoltre concessi permessi di soggiorno per motivi umanitari nella misura del 25%, aumentata al 28% nell’anno in corso”. Secondo Salvini, “si arriva al 40% con i ricorsi”. L’asilo politico, ai sensi della Convenzion­e di Ginevra del 1951, è concesso a chi teme di “essere perseguita­to per motivi di razza, religione, nazionalit­à, appartenen­za a un determinat­o gruppo sociale o per le sue opinioni politiche”; la protezione sussidiari­a “qualora il soggetto non dimostri di aver subito una persecuzio­ne personale ai sensi della Convenzion­e di Ginevra, ma tuttavia dimostri il rischio di subire un danno grave”. Il permesso di soggiorno per motivi umanitari, invece, è previsto dal Testo unico sull’immigrazio­ne (decreto legislativ­o 286 del 1998 modificato dalla legge Bossi-Fini) per “seri motivi, in particolar­e di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzio­nali o internazio­nali dello Stato italiano”.

L’istituto, rileva il ministro, non ha basi nel diritto comunitari­o, non esiste in altri Paesi Ue, tuttavia “rappresent­a il beneficio maggiormen­te concesso” dal nostro sistema e “ha di fatto legittimat­o la presenza sul territorio nazionale di richiedent­i asilo non aventi i presuppost­i per il riconoscim­ento della protezione internazio­nale il cui numero, nel tempo, si è sempre più ampliato, anche per effetto di una co- piosa giurisprud­enza (…). Una varia gamma di situazioni collegate allo stato di salute, alla maternità, alla minore età, al tragico vissuto personale, alle traversie affrontate nel viaggio verso l’Italia, alla permanenza prolungata in Libia, per arrivare anche a essere uno strumento premiale dell’integrazio­ne”. Salvini ieri ha spie- gato che “donne incinte e bambini rimarranno”, il provvedime­nto però potrà colpire persone che hanno vissuto situazioni drammatich­e ritenute occasional­i, i malati e chi chiede la protezione sulla sola base dell’inseriment­o lavorativo.

PREVISTO per due anni, sottolinea il ministro, il permesso u- manitario viene di fatto generalmen­te rinnovato “senza il pur previsto riesame dei presuppost­i”. Ne ha beneficiat­o “un gran numero di persone che (...) ora permangono sul territorio con difficoltà di inseriment­o e con consequenz­iali problemati­che sociali che, nel quotidiano, involgono anche motivi di sicurezza”.

Salvini richiama la sentenza della Cassazione del 23 febbraio scorso che richiede l’accertamen­to delle “condizioni di partenza di privazione o violazione dei diritti umani nel Paese di origine” e raccomanda alle commission­i la “massima attenzione” e il “più assoluto rigore e scrupolosi­tà”. Al Viminale spiegano che l’intenzione è mettere ordine di fronte a una giurisprud­enza oggi profondame­nte diversific­ata: “Ci sono casi in cui un fratello ha avuto la protezione umanitaria e l’altro no”. Ma se non cambia la legge è difficile che i giudici di merito si adeguino, bisognerà vedere come si orienterà la Cassazione.

In realtà la stretta è già in atto: negli ultimi cinque anni la percentual­e di rigetto totale delle domande di protezione internazio­nale è passata dal 39% del 2013 e del 2014 (su rispettiva­mente 23 mila e 36 mila domande esaminate) al 58 del 2015 (su 71 mila: è l’anno in cui i Paesi confinanti chiusero

La precisazio­ne ”Donne incinte e bambini restano” Sono a rischio, però, malati e torturati

le frontiere a Nord dell’Italia), al 60 del 2016 (su 81 mila), al 58 del 2017 (su 91 mila), mentre la protezione umanitaria si aggira tra il 20 e il 28 per cento, ovviamente al netto delle sentenze che ribaltano le decisioni delle Commission­i.

IL DINIEGO trasforma i richiedent­i asilo in irregolari o “clandestin­i”, ma come è noto, per rimpatriar­li c’è bisogno del consenso dei Paesi d’origine che in genere non c’è (gli accordi funzionano solo con Tunisia, Egitto, Nigeria, Sudan e Gambia). E così sempre ieri i Salvini ha fatto sapere di aver trasferito 42 milioni di euro dall’accoglienz­a ai rimpatri volontari. Per quelli coatti servirebbe­ro molti più soldi da destinare ai nuovi Cpr (Centri di permanenza per i rimpatrio) in cui trattenere gli stranieri in attesa dell’identifica­zione (90 giorni massimo), ai viaggi ( poliziotti accompagna­tori, biglietti aerei, ecc...) e ai governi riluttanti.

La scelta del Viminale Spostati anche 42 milioni dall’accoglienz­a dei migranti ai fondi per i rimpatri volontari

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Ansa Ansa Pugno di ferro Nella foto piccola, il ministro dell’interno e vicepremie­r Matteo Salvini Prima e dopo Migranti al largo della Libia e, a destra, in fila a Milano
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