Il “conclave” della May 12 ore per una Brexit soft
Tregua tra premier e ministri ribelli. Ma ora la Ue ha in mano il destino di Theresa
AChequers sembra aver vinto lei, Theresa May, che per una volta ha abbandonato le esitazioni e chiarito ai 22 ministri e 5 sottosegretari convenuti nella residenza di campagna del primo ministro che non avrebbe fatto prigionieri e i ribelli potevano accomodarsi alla porta.
Ha funzionato: malgrado le minacce a mezzo stampa, non si è dimesso nessuno, e dopo due anni di fudge, fumo negli occhi, Londra può finalmente presentare una posizione unitaria per il dopo Brexit. I dettagli si capiranno quando, forse già lunedì, il governo pubblicherà il suo Libro Bianco sulla propria visione dei futuri rapporti con l’U e, ma intanto c’è una sintesi dei punti principali.
Londra propone un'area di libero scambio fra il Regno Unito e l’Unione europea con un regolamento comune per i beni industriali e i prodotti agricoli, cioè di fatto il mantenimento di questi settori nel mercato unico, come richiesto dal mondo del business. Sembra l’unico modo per uscire dall’im- passe nord- irlandese, perché con questa soluzione si eviterebbe il ritorno dei controlli al confine fra l’Irlanda britannica e quella europea.
Ma i Brexiteers storcono il naso. Una delle loro obiezioni è che un’intesa di questo tipo con l’Europa potrebbe rendere impraticabile un accordo commerciale bilaterale con gli Stati Uniti, (che l’ambasciatore Usa a Londra venerdì ha definito “u- na priorità del presidente Trump”), tarpando le ali al sogno di autonomia commerciale che è al cuore della visione dei Leavers.
DEL PACCHETTO fa anche parte un accordo doganale facilitato e limiti alla libera circolazione delle persone, una delle linee rosse che Bruxelles aveva avvertito di non varcare.
Quanto al settore cruciale dei servizi, l’intento è mantenere la massima autonomia possibile dall'Europa, anche se con l’impegno a rispettare le regole attuali sui limiti agli aiuti di Stato e a non peggiorare standard ambientali, protezione di lavoratori e consumatori. Insomma una proposta un po’a la carte, che accontenta alcune delle richieste dei Brexiteers ma si avvicina ad una uscita soft.
“Il migliore dei due mondi” è la sintesi del primo ministro.
Il test ora è la reazione di Bruxelles. E qui c’è il rischio concreto di tornare alla prima casella. In pubblico il capo negoziatore Barnier si è detto pronto a valutare i contenuti del Libro Bianco. Ma secondo un’esclusiva del sempre ben informato Alberto Nardelli di Buzzfeed, in privato i negoziatori avrebbero già chiuso una valutazione preliminare della proposta e informato i leader dei 27 Paesi dell’Unione che il piano, com’è formulato, è inaccettabile.
Se Bruxelles dovesse dire no, senza aperture e senza appello, e in assenza di un nuovo accordo fra le litigiose fazioni del governo britannico, gli scenari sono tre: rimpasto radicale, con l’eliminazione politica dei sostenitori dell’ hard Brexit; caduta del governo, con l’incubo di nuove elezioni, o “no deal”, uscita dall’Europa senza accordo.
Forse proprio questa prospettiva ha trattenuto i più opportunisti fra i ministri Brexiteers dal dimettersi a Chequers. Più utile sedersi sulla sponda del fiume ad aspettare il cadavere di Theresa May.
Equilibrio delicato Il piano di “uscita” tiene conto dei “falchi” ma non scontenta l’Unione