“Conflitto col capitale e primarie”
“Ora la sinistra in Italia di fatto non c’è, si è spappolato tutto. Ma si può ricostruire, reagendo al capitalismo e riaprendosi verso l’esterno, anche attraverso le primarie”. L’economista Fabrizio Barca, ex ministro per la Coesione territoriale nel governo Monti, guarda da fuori la caduta di quel Partito democratico di cui è stato un dirigente. Da membro della commissione Riforma due anni fa elaborò un progetto per ridisegnare il Pd. “Ma non se lo è filato nessuno” osservò poi. Ora Barca fa parte del comitato promotore del Forum disuguaglianze, che raggruppa “otto associazioni di cittadinanza attiva” a ricercatori ed accademici. “Ed è in questa veste che vi parlo” precisa.
Cosa significa essere di sinistra nel 2018?
Sono di sinistra tutti coloro che ritengono possibile reagire alle enormi disuguaglianze sociali ed economiche con un avanzamento collettivo, anziché regredendo, come sta accadendo ora.
La sinistra non sembra in grado o desiderosa di reagire da tempo. E ha spesso sostenuto che bisogna tenere conto delle esigenze dei mercati, della modernità.
Il capitalismo non è riducibile ai mercati, che esistono da migliaia di anni. Il tema piuttosto è conciliare la difesa dei diritti con la concentrazione in poche mani della proprietà, o meglio del capitale cognitivo, quello rappresentato dalla conoscenza e dalle informazioni. E parlo ovviamente di chi controlla il web. Perché il capitalismo non è più solo il controllo dei mezzi di produzione, ossia delle macchine.
Come lo si limita?
RECUPERARE LA ROTTA
La sinistra deve riscoprire il conflitto, troppo potere e troppa ricchezza sono concentrati in poche mani
SEGNALI DALLA CAPITALE
In due municipi a Roma si è rivinto perché sono tornati a consultare i cittadini Il voto nei gazebo funziona
Come in ogni altra fase della storia: con il conflitto, cercando di impedire a pochi soggetti di concentrare moltissimo potere e ricchezza. Certo, ora è più complicato per il frazionamento del lavoro. Ma reagire è ancora assolutamente possibile. E lo dimostrano le reazioni scomposte al decreto dignità di alcune organizzazioni che forniscono lavoro saltuario. Bisogna impuntarsi. Le piace il decreto voluto da Luigi Di Maio? Sì, rappresenta una delle risposte alle domande poste dalla situazione attuale, ovvero ai “fuochi di indignazione” come li ha definiti il filosofo Salvatore Veca. E la cosa interessante è che dentro questo governo c’è questo, assieme a chi inventa i migranti come altri, come ultimi da mettere contro i penultimi. Una regressione sociale che è funzionale a coprire cose come la flat tax, ossia il fatto che si abbassano le tasse ai ricchi.
Di Maio ha fatto una cosa di sinistra, mentre Salvini è di estrema destra?
Sì. Non parlerei di populismo per Salvini, perché secondo me è una parola che ne copre altre. Direi piuttosto che il segretario della Lega è uno dei politici in Europa che innestano dinamiche autoritarie. Però i 5Stelle hanno accettato di governare con lui... Certo, e infatti questo governo è una strana creatura, un ircocervo. E in fondo è normale, essendo venute a man- care le forze di sinistra che tradizionalmente presidiano certi temi.
Torniamo alla domande di partenza: perché la sinistra è in caduta libera?
Dopo il 1989, con il crollo del muro di Berlino, è venuta meno l’alternativa del socialismo. E a sinistra si sono convinti che la storia fosse finita e che il lavoro si autotutelasse. Hanno pensato che bastasse aggiustare un po’, e che fosse legittimo accettare l’indebolimento dei sindacati.
I sindacati hanno fatto molto
per indebolirsi da soli... Alcuni pezzi dello Stato sociale hanno mostrato la corda, incistandosi e creando rendite di posizione. Però da qui a pensare che la battaglia con il capitale fosse finita...
E allora che si fa?
Per adesso non c’è la sinistra, ma ci sono le persone di sinistra. Come quelle che stanno dentro il M5S, e che debbono battersi perché prevalgano determinate istanze sociali dentro il governo. E sono battaglie portate avanti anche dalle associazioni che fanno parte del Forum contro le disuguglianze, e che non aspettano di governare per agire sulla realtà.
Ma per incidere davvero bisogna andare al governo, non crede? Assolutamente sì. E il Pd per tornare a provarci dovrà dimostrare di avere un’analisi della società, che al momento non possiede.
Magari dovrà anche recuperare i tanti che come lei che sono usciti dal Pd. Qualcosa si muove, come si è visto nei due municipi romani dove ha appena vinto il centrosinistra. Ci si è organizzati, tornano ad antiche modalità di comunicazione con i cittadini come le primarie. E così i fuochi di indignazione in quei quartieri non sono stati canalizzati contro i neri.
Ergo, le primarie servono. Beh, c’è un politico che per nove anni ha parlato sempre di primarie e poi appena è andato male, invece di rinnovarsi, le ha abolite (Matteo Renzi, ndr). Si è arroccato. Io non ho mai particolarmente amato le primarie, ma ora bisogna aprirsi. Quindi servono, anche perché dove vengono adope- rate funzionano. Sono l’unico modo per rinnovare. Bisognerebbe anche parlare di nuovi nomi e nuovi leader. Per esempio, di Nicola Zingaretti che ne pensa? Quando gli sento dire che bisogna aprirsi verso l’esterno sono d’accordo.
E i 5Stelle? Bisogna parlarci per sottrarli a Salvini?
Si è sempre fatto così. Il Pci, a cui sono stato iscritto fino all’ultimo giorno della sua esistenza, dialogava con le forze di sinistra dentro la Dc. Fare l’opposizione non significa far fare gli errori peggiori al governo: è una concezione che fa ridere.
È necessario dialogare con i 5Stelle, anche il Pci parlava con la sinistra Dc. Augurarsi di far sbagliare il governo fa ridere