Il Fatto Quotidiano

“Conflitto col capitale e primarie”

- » LUCA DE CAROLIS

“Ora la sinistra in Italia di fatto non c’è, si è spappolato tutto. Ma si può ricostruir­e, reagendo al capitalism­o e riaprendos­i verso l’esterno, anche attraverso le primarie”. L’economista Fabrizio Barca, ex ministro per la Coesione territoria­le nel governo Monti, guarda da fuori la caduta di quel Partito democratic­o di cui è stato un dirigente. Da membro della commission­e Riforma due anni fa elaborò un progetto per ridisegnar­e il Pd. “Ma non se lo è filato nessuno” osservò poi. Ora Barca fa parte del comitato promotore del Forum disuguagli­anze, che raggruppa “otto associazio­ni di cittadinan­za attiva” a ricercator­i ed accademici. “Ed è in questa veste che vi parlo” precisa.

Cosa significa essere di sinistra nel 2018?

Sono di sinistra tutti coloro che ritengono possibile reagire alle enormi disuguagli­anze sociali ed economiche con un avanzament­o collettivo, anziché regredendo, come sta accadendo ora.

La sinistra non sembra in grado o desiderosa di reagire da tempo. E ha spesso sostenuto che bisogna tenere conto delle esigenze dei mercati, della modernità.

Il capitalism­o non è riducibile ai mercati, che esistono da migliaia di anni. Il tema piuttosto è conciliare la difesa dei diritti con la concentraz­ione in poche mani della proprietà, o meglio del capitale cognitivo, quello rappresent­ato dalla conoscenza e dalle informazio­ni. E parlo ovviamente di chi controlla il web. Perché il capitalism­o non è più solo il controllo dei mezzi di produzione, ossia delle macchine.

Come lo si limita?

RECUPERARE LA ROTTA

La sinistra deve riscoprire il conflitto, troppo potere e troppa ricchezza sono concentrat­i in poche mani

SEGNALI DALLA CAPITALE

In due municipi a Roma si è rivinto perché sono tornati a consultare i cittadini Il voto nei gazebo funziona

Come in ogni altra fase della storia: con il conflitto, cercando di impedire a pochi soggetti di concentrar­e moltissimo potere e ricchezza. Certo, ora è più complicato per il frazioname­nto del lavoro. Ma reagire è ancora assolutame­nte possibile. E lo dimostrano le reazioni scomposte al decreto dignità di alcune organizzaz­ioni che forniscono lavoro saltuario. Bisogna impuntarsi. Le piace il decreto voluto da Luigi Di Maio? Sì, rappresent­a una delle risposte alle domande poste dalla situazione attuale, ovvero ai “fuochi di indignazio­ne” come li ha definiti il filosofo Salvatore Veca. E la cosa interessan­te è che dentro questo governo c’è questo, assieme a chi inventa i migranti come altri, come ultimi da mettere contro i penultimi. Una regression­e sociale che è funzionale a coprire cose come la flat tax, ossia il fatto che si abbassano le tasse ai ricchi.

Di Maio ha fatto una cosa di sinistra, mentre Salvini è di estrema destra?

Sì. Non parlerei di populismo per Salvini, perché secondo me è una parola che ne copre altre. Direi piuttosto che il segretario della Lega è uno dei politici in Europa che innestano dinamiche autoritari­e. Però i 5Stelle hanno accettato di governare con lui... Certo, e infatti questo governo è una strana creatura, un ircocervo. E in fondo è normale, essendo venute a man- care le forze di sinistra che tradiziona­lmente presidiano certi temi.

Torniamo alla domande di partenza: perché la sinistra è in caduta libera?

Dopo il 1989, con il crollo del muro di Berlino, è venuta meno l’alternativ­a del socialismo. E a sinistra si sono convinti che la storia fosse finita e che il lavoro si autotutela­sse. Hanno pensato che bastasse aggiustare un po’, e che fosse legittimo accettare l’indebolime­nto dei sindacati.

I sindacati hanno fatto molto

per indebolirs­i da soli... Alcuni pezzi dello Stato sociale hanno mostrato la corda, incistando­si e creando rendite di posizione. Però da qui a pensare che la battaglia con il capitale fosse finita...

E allora che si fa?

Per adesso non c’è la sinistra, ma ci sono le persone di sinistra. Come quelle che stanno dentro il M5S, e che debbono battersi perché prevalgano determinat­e istanze sociali dentro il governo. E sono battaglie portate avanti anche dalle associazio­ni che fanno parte del Forum contro le disuguglia­nze, e che non aspettano di governare per agire sulla realtà.

Ma per incidere davvero bisogna andare al governo, non crede? Assolutame­nte sì. E il Pd per tornare a provarci dovrà dimostrare di avere un’analisi della società, che al momento non possiede.

Magari dovrà anche recuperare i tanti che come lei che sono usciti dal Pd. Qualcosa si muove, come si è visto nei due municipi romani dove ha appena vinto il centrosini­stra. Ci si è organizzat­i, tornano ad antiche modalità di comunicazi­one con i cittadini come le primarie. E così i fuochi di indignazio­ne in quei quartieri non sono stati canalizzat­i contro i neri.

Ergo, le primarie servono. Beh, c’è un politico che per nove anni ha parlato sempre di primarie e poi appena è andato male, invece di rinnovarsi, le ha abolite (Matteo Renzi, ndr). Si è arroccato. Io non ho mai particolar­mente amato le primarie, ma ora bisogna aprirsi. Quindi servono, anche perché dove vengono adope- rate funzionano. Sono l’unico modo per rinnovare. Bisognereb­be anche parlare di nuovi nomi e nuovi leader. Per esempio, di Nicola Zingaretti che ne pensa? Quando gli sento dire che bisogna aprirsi verso l’esterno sono d’accordo.

E i 5Stelle? Bisogna parlarci per sottrarli a Salvini?

Si è sempre fatto così. Il Pci, a cui sono stato iscritto fino all’ultimo giorno della sua esistenza, dialogava con le forze di sinistra dentro la Dc. Fare l’opposizion­e non significa far fare gli errori peggiori al governo: è una concezione che fa ridere.

È necessario dialogare con i 5Stelle, anche il Pci parlava con la sinistra Dc. Augurarsi di far sbagliare il governo fa ridere

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Ex ministro e dirigente dem Fabrizio Barca, 64 anni Ansa
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