Perché i naufragi non sono colpa del governo Conte
Le ragioni di Saviano, l’appello di Veronesi e la ricerca di soluzioni politicamente praticabili
Ogni vita che si spegne nel Mediterraneo è una tragedia. Ma proprio per rispetto verso le vittime è necessario chiarire le responsabilità e separare slanci di umana compassione da soluzioni politicamente praticabili. Nelle ultime ore sono intervenuti due scrittori, Roberto Saviano e Sandro Veronesi.
Saviano scrive al Fattoper rispondere a un’intervista al ministro dei Trasporti Danilo Toninelli (M5S) e Saviano sostiene che “l’orientamento del governo di delegare unicamente ai libici la gestione dei salvataggi in mare è folle e criminale, si parla di recupero degli accordi stretti tra Berlusconi e Gheddafi: che bel cambiamento!”.
Il governo Conte, come quello Gentiloni, persegue una politica di state building in Libia: solo quando il governo di Tripoli avrà il controllo del suo territorio si potranno fermare le rotte del traffico di esseri umani, che iniziano a Sud e terminano sulle coste con i migranti caricati sui barconi. Ai libici l’Italia non vuole delegare tutti i salvataggi in mare – visto che le leggi internazionali non solo permettono ma impongono a qualunque nave di salvare chi è in difficoltà, anche a quelle delle missioni militari europee di lotta ai trafficanti e ai mercantili – ma soltanto quelli nella sua area di competenza, acque territoriali e zona Sar ( search and rescue).
È UN PROCESSO lento e faticoso, che prevede di dotare la guardia costiera libica di mezzi e competenze, ma non si vedono grandi alternative a questa politica. Il “trattato di amicizia del 2011” – vale 5 miliardi ma è senza copertura finanziaria – è uno strumento già approvato e utilizzabile per sostenere il governo di Tripoli.
Saviano sostiene poi che “il legame tra traffico di persone e Ong è da rigettare con forza (non c’è una sola prova di legame fra trafficanti e Ong), in special modo dopo il fallimento giudiziario delle elucubrazioni di Carmelo Zuccaro”. Il Procuratore di Catania si era spinto forse troppo oltre nell’ipotizzare una collusione che comprendesse divisione di profitti e business dell’accoglienza. Ma le Ong hanno sempre rappresentato un fattore di attrazione di migranti: potendo avere la ra- gionevole certezza di un intervento, i trafficanti hanno iniziato ad abbandonare le persone su gommoni fatti per durare poche ore, giusto il tempo di far arrivare le navi private delle Ong ( magari preallertate). Le migrazioni non si fermeranno, ma i traf- ficanti adeguano il loro modello di business al contesto. Solo i corridoi umanitari garantiscono sicurezza ai rifugiati e nessun profitto ai trafficanti.
Roberto Saviano attribuisce poi all’Italia la responsabilità dei recenti naufragi, avvenuti dopo il rifiuto da parte del governo di far attraccare la nave Aquarius e quindi il “blocco” dei porti italiani alle Ong. Scrive Saviano che “le Ong hanno più volte ef- fettuato salvataggi in quell’area in passato, anche con il coordinamento della Mrcc di Roma”. L’ultimo naufragio denunciato dall’Unhcr il 29 giugno è avvenuto a sei chilometri dalle coste libiche, cioè entro le acque territoriali della Libia (12 miglia marine, circa 22 chilometri) dove le Ong si sono spinte di rado e comunque in violazione del diritto internazionale.
Caro Roberto, mettiamoci il corpo Significa andare laggiù dove lo scempio ha luogo e starci, col proprio ingombro, le proprie necessità vitali, la propria resistenza
SANDRO VERONESI
SUL CORRIERE DELLA SERA, in una lettera sempre a Saviano, lo scrittore Sandro Veronesi auspica che intellettuali e personaggi famosi “mettano il corpo” nella vicenda migranti. Allo stesso Veronesi viene il dubbio di avere idee confuse - “vaneggio?”- quando immagina Chiara Ferragni che allatta in mezzo al mare e Giorgio Armani che festeggia gli 84 anni su una nave nel tratto di Mediterraneo in cui muoiono migranti. Si può comunque ricordare a Veronesi che molti scrittori in questi anni sono andati dove succedevano le cose, da Erri De Luca ai fumettisti Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso sulla nave Aquarius, a Emmanuel Carrère a Calais, in Francia. E hanno raccontato cosa hanno visto. Ma proprio dai loro reportage si capisce che avere vip a bordo delle navi Ong o militari, con telecamere al seguito, avrebbe il solo effetto di intralciare i soccorsi.