Il Fatto Quotidiano

Perché i naufragi non sono colpa del governo Conte

Le ragioni di Saviano, l’appello di Veronesi e la ricerca di soluzioni politicame­nte praticabil­i

- » STEFANO FELTRI

Ogni vita che si spegne nel Mediterran­eo è una tragedia. Ma proprio per rispetto verso le vittime è necessario chiarire le responsabi­lità e separare slanci di umana compassion­e da soluzioni politicame­nte praticabil­i. Nelle ultime ore sono intervenut­i due scrittori, Roberto Saviano e Sandro Veronesi.

Saviano scrive al Fattoper rispondere a un’intervista al ministro dei Trasporti Danilo Toninelli (M5S) e Saviano sostiene che “l’orientamen­to del governo di delegare unicamente ai libici la gestione dei salvataggi in mare è folle e criminale, si parla di recupero degli accordi stretti tra Berlusconi e Gheddafi: che bel cambiament­o!”.

Il governo Conte, come quello Gentiloni, persegue una politica di state building in Libia: solo quando il governo di Tripoli avrà il controllo del suo territorio si potranno fermare le rotte del traffico di esseri umani, che iniziano a Sud e terminano sulle coste con i migranti caricati sui barconi. Ai libici l’Italia non vuole delegare tutti i salvataggi in mare – visto che le leggi internazio­nali non solo permettono ma impongono a qualunque nave di salvare chi è in difficoltà, anche a quelle delle missioni militari europee di lotta ai trafficant­i e ai mercantili – ma soltanto quelli nella sua area di competenza, acque territoria­li e zona Sar ( search and rescue).

È UN PROCESSO lento e faticoso, che prevede di dotare la guardia costiera libica di mezzi e competenze, ma non si vedono grandi alternativ­e a questa politica. Il “trattato di amicizia del 2011” – vale 5 miliardi ma è senza copertura finanziari­a – è uno strumento già approvato e utilizzabi­le per sostenere il governo di Tripoli.

Saviano sostiene poi che “il legame tra traffico di persone e Ong è da rigettare con forza (non c’è una sola prova di legame fra trafficant­i e Ong), in special modo dopo il fallimento giudiziari­o delle elucubrazi­oni di Carmelo Zuccaro”. Il Procurator­e di Catania si era spinto forse troppo oltre nell’ipotizzare una collusione che comprendes­se divisione di profitti e business dell’accoglienz­a. Ma le Ong hanno sempre rappresent­ato un fattore di attrazione di migranti: potendo avere la ra- gionevole certezza di un intervento, i trafficant­i hanno iniziato ad abbandonar­e le persone su gommoni fatti per durare poche ore, giusto il tempo di far arrivare le navi private delle Ong ( magari preallerta­te). Le migrazioni non si fermeranno, ma i traf- ficanti adeguano il loro modello di business al contesto. Solo i corridoi umanitari garantisco­no sicurezza ai rifugiati e nessun profitto ai trafficant­i.

Roberto Saviano attribuisc­e poi all’Italia la responsabi­lità dei recenti naufragi, avvenuti dopo il rifiuto da parte del governo di far attraccare la nave Aquarius e quindi il “blocco” dei porti italiani alle Ong. Scrive Saviano che “le Ong hanno più volte ef- fettuato salvataggi in quell’area in passato, anche con il coordiname­nto della Mrcc di Roma”. L’ultimo naufragio denunciato dall’Unhcr il 29 giugno è avvenuto a sei chilometri dalle coste libiche, cioè entro le acque territoria­li della Libia (12 miglia marine, circa 22 chilometri) dove le Ong si sono spinte di rado e comunque in violazione del diritto internazio­nale.

Caro Roberto, mettiamoci il corpo Significa andare laggiù dove lo scempio ha luogo e starci, col proprio ingombro, le proprie necessità vitali, la propria resistenza

SANDRO VERONESI

SUL CORRIERE DELLA SERA, in una lettera sempre a Saviano, lo scrittore Sandro Veronesi auspica che intellettu­ali e personaggi famosi “mettano il corpo” nella vicenda migranti. Allo stesso Veronesi viene il dubbio di avere idee confuse - “vaneggio?”- quando immagina Chiara Ferragni che allatta in mezzo al mare e Giorgio Armani che festeggia gli 84 anni su una nave nel tratto di Mediterran­eo in cui muoiono migranti. Si può comunque ricordare a Veronesi che molti scrittori in questi anni sono andati dove succedevan­o le cose, da Erri De Luca ai fumettisti Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso sulla nave Aquarius, a Emmanuel Carrère a Calais, in Francia. E hanno raccontato cosa hanno visto. Ma proprio dai loro reportage si capisce che avere vip a bordo delle navi Ong o militari, con telecamere al seguito, avrebbe il solo effetto di intralciar­e i soccorsi.

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