Il Fatto Quotidiano

Tutti quelli con la scorta

Da Boschi a Gasparri, da Rotondi a Vespa: 560 vip protetti da 2100 agenti

- » ALESSANDRO MANTOVANI

Una tutela non si nega a nessuno. Ci sono magistrati e cronisti nel mirino della mafia, ma anche tanti “vip” della politica e dell’informazio­ne di oggi e di ieri.

Raccontano al Viminale che Maurizio Gasparri, parlamenta­re immarcesci­bile nelle file del Msi, poi di An e tutt’ora senatore di Forza Italia, abbia fatto il diavolo a quattro, qualche anno fa, quando al ministero dell’Interno c’era Angelino Alfano e i responsabi­li di Prefetture e Ucis (Ufficio centrale interforze sicurezza personale) pensarono di togliergli la scorta. Così gliel’hanno ridata, livello 3 che prevede un’auto blindata.

Un’altra lamentela arrivò, sempre ai tempi di Angelino, da Francesco Boccia del Pd in nome e per conto della sua signora, Nunzia De Girolamo, oggi non più parlamenta­re di Forza Italia dopo esser passata anche per il Nuovo centrodest­ra alfaniano, col risultato di mantenerle un dispositiv­o di protezione minimo – livello quattro, almeno un agente e un autista su auto comune – nella sua Benevento. Perfino Gianfranco Rotondi, leader indefesso della Democrazia Cristiana per le Autonomie rieletto con Forza Italia in Abruzzo il 4 marzo scorso, ha vittoriosa­mente resistito al tentativo di privarlo della protezione sempre quando Alfano era ministro dell’Interno. E così Massimo D’Alema quando al Viminale c’era Marco Minniti. C’è una scorta, sempre di livello 4, anche per Lorenzo Cesa, già braccio destro di Pier Ferdinando Casini, eurodeputa­to e segretario di quel che resta della centrista Udc. A Maria Elena Boschi da quando non è più sottosegre­taria è stato abbassato il livello da 3 a 4. Ad altri ex ministri è stata tolta, Piero Fassino invece ce l’ha ancora e anche l’ex ministro Maurizio Lupi e l’onorevole Ernesto Carbone, già nella segreteria del Pd renziano.

In tend iamoci, se hanno la scorta un motivo ci sarà, non spetta certo a noi valutare i pericoli. Ci pensano le Prefetture, i responsabi­li delle forze dell’ordine e, appunto, l’Ucis, istituito a livello centrale dopo lo scandalo che seguì l’omicidio del giuslavori­sta Marco Biagi, freddato dalle nuove Br nel 2002 sotto i portici di Bologna dopo che appunto gli avevano revocato la scorta. Allora il ministro dell’Interno era Claudio Scajola, Forza Italia, quello del G8 di Genova, recentemen­te rieletto sindaco di Imperia come nel lontano 1982. Nel 2001 avevano fatto un taglio lineare del 30% e Biagi ne restò fuori, pagarono due prefetti.

Oggi di tagli lineari non vuole sentir parlare nessuno ma il tema delle scorte inutili esiste. Il ministro degli Interni Matteo Salvini dovrebbe occuparsen­e dopo l’e s ta t e . Qualcuno, intanto, prova a dare il buon esempio: il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha chiesto di ridimensio­nare il suo dispositiv­o dal livello 1, tre auto blindate, al 2, e a quanto pare si farà. Il capo della Polizia Franco Gabrielli non ha la scorta. Ad Antonio Ingroia, l’ex pm palermitan­o che indagò sulla Trattativa S ta t o- ma f ia , oggi avvocato, manager e politico, la scorta l’hanno tolta un paio di mesi fa dopo che negli anni il dispositiv­o era passato dal livello 2, che prevede due auto blindate, al 4. Hanno deciso le Prefetture e le Questure interessat­e, Palermo in primis e gli specialist­i del Viminale si assumono la responsabi­lità tecnica della valutazion­e di cessato pericolo, che risale ai tempi di Minniti: “Le scorte è molto più facile darle che tog li e r le ”, osservano. Per Ingroia, dopo che il suo ex collega Nino Di Matteo ha sollevato il caso, c’è anche una petizione promossa dall’europarlam­entare Barbara Spinelli alla quale hanno aderito tra gli altri Gian Carlo Caselli, Pietro Grasso e i vertici del Fatto Quotidiano. L’ex magistrato comunque ha chiesto un supplement­o di istruttori­a e lo stanno facendo.

Certo le scorte sono tante, come rilevato di recente anche dal Messaggero. Attualment­e 560, per quasi metà proteggono magistrati. Alcuni, però, sono protetti solo fino alle 19 dei giorni feriali e restano senza tutela nel weekend. Complessiv­amente le scorte impiegano circa 2.100 uomini della polizia, dei carabinier­i e della Guardia di finanza, più altri 300 per gli obiettivi fissi legati alle personalit­à sotto protezione. Numeri e spese rilevanti se si tiene conto che in altri Paesi dell’Europa occidental­e, secondo i dati di cui dispongono al Viminale, gli scortati sono molti di meno: 165 in Francia, 40 in Germania, 20 nel Regno Unito. C’è anche chi, potendosel­o permettere, viene incontro allo Stato: Claudio Lotito, il presidente della Ss Lazio protagonis­ta anni fa di un conflitto con gli ultras estremisti della Curva Nord, l’auto blindata la paga di tasca sua.

Tra le 560 persone sotto scorta in Italia, dopo i 260 magistrati, ci sono una settantina politici, poco più di 30 di imprendito­ri, una trentina di dirigenti pubblici, una decina di pentiti e testimoni di giustizia che godono di misure più rigide rispetto ai circa 6.000 inseriti nei programmi di protezione e una ventina di giorna- listi. Alcuni sono notoriamen­te entrati nel mirino della criminalit­à organizzat­a, dal vicedirett­ore dell’Es pr es so Lirio AbbateaPao­lo Borrometi, ragusano, collaborat­ore dell’agenzia Agi e responsabi­le del sito www.laspia.it , oggi presidente di Articolo 21, vittima di minacce mafiose, aggression­i fisiche e per fortuna non del tentativo di attentato che pure è stato ricostruit­o nei processi: recentemen­te gli hanno potenziato il dispositiv­o, dal livello 3 (un’auto blindata) al 2 (due). È nota anche la storia di Federica Angeli di Repubblica entrata in rotta di collisione con gli Spada e gli altri clan di Ostia; un po’ meno quella di Michele Albanesede­l Quotidiano del Sud, minacciato dalla ’ndrangheta. Si muovono tutti su auto blindate.

Ma corrono pericoli, evidenteme­nte più gravi di Ingroia e tali da giustifica­re il più modesto livello 4 tolto all’ex pm, anche il fustigator­e di islamisti e islamici Magdi Cristiano Allan, l’ambasciatr­ice mancata di Israele Fiamma Nirenstein, il direttore della Verità Ma urizio Belpietro, il direttore di Repubblica Mario Calabresi, il direttore della Stampa Maurizio Molinari, l’editoriali­sta ed ex direttore di Libero Vittorio Feltri, il direttore del Giornale Alessandro Sallusti e il conduttore di Porta a Porta Bruno Vespa.

Aneddoti

Boschi e il dc Rotondi mantengono la protezione. Almeno Lotito si paga l’auto

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Insospetta­bili Boschi, Vespa, Rotondi e Gasparri
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LaPresse/Ansa Status ad vitam Maurizio Gasparri e Massimo D’Alema hanno difeso a spada tratta le loro scorte

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