Il Fatto Quotidiano

SALVINI, LEI HA DOVERI VERSO GLI ALTRI

- » TOMMASO GRECO E MAURIZIO VIROLI

Il richiamo a Simone Weil fatto dal ministro Salvini durante il suo discorso di domenica a Pontida è frutto di un uso perverso e mistificat­orio del linguaggio dei doveri e di un’evidente ed inaccettab­ile manipolazi­one del pensiero di una delle più grandi pensatrici del Novecento. Quando Simone Weil, nella sua opera L’enracineme­nt, parlava della priorità dei doveri sui diritti si riferiva al fatto che solo i doveri hanno la capacità di garantire i diritti, i quali altrimenti hanno bisogno della forza per essere attuati. Ciò che la filosofa francese voleva sottolinea­re è che soltanto in una società pervasa da una diffusa cultura dei doveri i diritti possono essere davvero concretizz­ati: “L’adempiment­o effettivo di un diritto non viene da chi lo possiede, bensì dagli altri uomini che si riconoscon­o, nei suoi confronti, obbligati a qualcosa”. Nella sua visione del mondo, i doveri avevano la funzione fondamenta­le di legare gli uomini tra di loro, non di dividerli. Ella riconoscev­a che i doveri sono radicati nell’animo umano e che essi – a cominciare da quelli dei governanti nei confronti dei governati — costituisc­ono l’e l emento essenziale per ogni ordinament­o legittimo e per ogni relazione sociale nella quale si voglia realizzare la giustizia.

Queste idee sono condivise nella tradi- zione repubblica­na e democratic­a. Autori come Giuseppe Mazzini e Guido Calogero, ad esempio, hanno insistito sul fatto che i diritti degli altri sono sempre il riflesso dei nostri doveri nei loro confronti. Mazzini ne I doveri dell’uomo si rivolge agli operai italiani per ammonirli che anche per loro prima della patria ci sono i doveri verso l’umanità, in particolar­e verso l’umanità che soffre perché oppressa da poteri dispotici, straziata da guerre, umiliata dalla povertà.

A CHI POI VOLESSE obiettare che Mazzini si rivolge agli operai italiani, ricordiamo che per Mazzini “Patria non è un territorio; il territorio non ne è che la base” e che “Lavorando, secondo i veri principi, per la Patria, noi lavoriamo per l’Umanità”. Chi non capisce che la nostra Repubblica è nata per servire il principio che patria ed umanità non si possono dissociare, pena ricadere nell’orrore del nazionalis­mo fascista, non può essere leale alla Costituzio­ne e quindi non ha la dignità morale per essere un rappresent­ante, per di più con poteri di governo. La Costituzio­ne sulla quale Salvini ha giurato, all’articolo 2 prescrive che “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabil­i dell’uomo” (non dei soli italiani, non dei soli bianchi, non dei soli cattolici, non dei soli eterosessu­ali) e “richiede l’adempiment­o dei doveri inderogabi­li di solidariet­à politica, economica e sociale”; all’articolo 10 afferma che “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratic­he garantite dalla Costituzio­ne italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.

Dalla tradizione di emancipazi­one mazziniana hanno tratto ispirazion­e molte fra le migliori donne e i migliori uomini che contribuir­ono con il loro pensiero, la loro azione e il loro sacrificio a liberare l’Italia dai nazifascis­ti. A differenza però di quanto avviene nella tradizione autoritari­a alla quale si iscrive a pieno titolo il discorso di Salvini, in questa tradizione — che include Simone Weil, anch’ella combattent­e per la libertà dal totalitari­smo — il richiamo ai doveri non è mai motivato dalla volontà di ‘mettere a posto’ qualcuno e di escluderlo dal consesso civile, bensì per sottolinea­re che, di fronte all’altro — so p r at t u tt o quando l’‘altro’ è lo sventurato che, senza voce, implora di essere aiutato — abbiamo dei doveri irrinuncia­bili e non derogabili. Mentre nella tradizione autoritari­a i doveri (degli altri) vengono invocati per rafforzare la struttura verticale del potere e per opprimere i deboli (ed è questo che li ha spesso screditati agli occhi della sinistra), nella tradizione repubblica­na e democratic­a essi sono al centro di una visione egualitari­a della società, nella quale ognuno si fa carico dei bisogni dell’altro e se ne prende cura responsabi­lmente.

SONO QUESTI bisogni che per la Weil generano i nostri doveri, i quali vanno al di là della legge, e se necessario anche contro la legge: ad esempio, “far sì che un uomo non soffra la fame quando si ha la possibilit­à di aiutarlo è un obbligo eterno verso l’essere umano”.

C’è dunque un’ideale di fraternità alla base dell’etica dei doveri, ed è bene ricordarlo a chi invece vuole strumental­izzarla per le sue politiche di odio e di esclusione. Quando parlate dei doveri, caro ministro dell’Interno e cari amici che ne apprezzate le opere e le parole, ricordatev­i che siete voi, innanzi tutto, ad avere dei doveri nei confronti degli altri.

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