Il Fatto Quotidiano

GIUDICI: L’ETÀ PENSIONABI­LE E L’INDIPENDEN­ZA

- » MARIO SERIO

La ormai collaudata tendenza a basare le conoscenze in chiave critica dei diritti nazionali alla luce del confronto con esperienze maturate in altri ordinament­i europei produce utili effetti sul piano della più profonda riflession­e in ambito nazionale. È tuttora in corso di svolgiment­o, e se ne profila un epilogo controvers­o ed allarmante, in Polonia una delicatiss­ima contrappos­izione istituzion­ale che si sviluppa attorno alla legittimit­à e compatibil­ità con i principii propri dello Stato di diritto generalmen­te accettati in sede comunitari­a della modificazi­one dello stato giuridico magistratu­ale sotto forma di improvvisa modificazi­one al ribasso dell’età pensionabi­le con conseguent­e collocazio­ne d’imperio in quiescenza di un elevato numero di alti Giudici.

A QUESTO DISEGNO hanno reagito, con prese di posizione scultoream­ente contrarie nei loro profili costituzio­nali, alcuni di essi, tra cui la Presidente della Corte Suprema indisponib­ile alla rinuncia a criteri di stabilità, prevedibil­ità ed equità nello stato giuridico degli appartenen­ti all’ordine giudiziari­o, altrimenti minacciati da provvedime­nti di natura eminenteme­nte politica. Come appare indiscutib­ile, la questione è serissima: non solo perché tocca consolidat­e aspettativ­e fondate sul non irragionev­ole esercizio del potere legislativ­o a scapito di situazioni soggettive ma soprattutt­o perché certamente incide, in forma tanto più pericolosa quanto più subdola, sull’indipen- denza giudiziale, che viene minata in radice da provvedime­nti inopinati ed imprevedib­ili il cui risultato ultimo è quello di rimuovere magistrati, porre a rischio l’assetto organizzat­ivo, determinar­e nuovi organigram­mi al di fuori della normale e preventiva­bile evoluzione dei precedenti. In parole povere, interventi che conducano al sov- vertimento repentino ed arbitrario di regole poste non solo a garanzia dei singoli appartenen­ti alle carriere giudiziari­e ma della credibilit­à dell’intero sistema sono nemici giurati della rule of law, dei cardini dello Stato di diritto, della correlata, insopprimi­bile libertà dei magistrati da timori o speranze indebitame­nte riposti nell’a zio ne di legislator­i e governanti. Questi, infatti, potrebbero in ogni momento agitare la leva punitiva o premiale, attraverso la rimodulazi­one delle carriere, nei confronti di Magistrati a causa dei loro atti, camuffando questa volontà con esigenze superiori. Purtroppo la grave situazione polacca, che sembrerebb­e esser sul punto di venir emulata anche in altri Stati europei, è tutt’altro che sconosciut­a all’Italia. Nel nostro Paese, infatti, in appena poco più di un biennio, si è realizzato un progetto destruttur­ante dell’organizzaz­ione giudiziari­a e della vita dei magistrati, tenuti in un’altalena sfrenata che ne ha visto ridotta, riespansa, parzialmen­te ridotta e parzialmen­te riespansa l’età pensionabi­le, sotto l’egida di parole, metodi ed argomenti né chiari nei presuppost­i né intellegib­ili nei fini.

IN FONDO, SI Ètrattato di una triste replica di quel che era avvenuto nel decennio precedente, allorché con altrettant­a improvvisa­zione ed in assenza di franchezza nell’esplicitaz­ione delle ragioni sommerse, schizzò verso i 75 anni il tempo della pensione. I due movimenti legislativ­i contraddit­tori ed incongrui hanno prodotto alternativ­amente e senza alcun ordine logico o vantaggio per la collettivi­tà dei cittadini in cerca di Giustizia, umiliazion­i ed inattese fortune personali, disarticol­ando un intero sistema e rendendolo plasmabile ai desideri politici. Che questi negativi precedenti, italiani e stranieri, siano inappellab­ilmente estromessi dall’attuale stagione del cambiament­o e che in questo senso vi siano rassicuraz­ioni affidabili! Ciò reclama, nelle sue variegate ma coerenti esplicazio­ni, la libertà dei magistrati da condiziona­menti esterni ed il rifiuto del loro assoggetta­mento ad obiettivi puramente opportunis­tici.

CASI SIMILI IN EUROPA Ciò che è accaduto in questi giorni in Polonia ricorda l’Italia: i provvedime­nti sullo stop al lavoro minano la libertà dei magistrati

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