GIUDICI: L’ETÀ PENSIONABILE E L’INDIPENDENZA
La ormai collaudata tendenza a basare le conoscenze in chiave critica dei diritti nazionali alla luce del confronto con esperienze maturate in altri ordinamenti europei produce utili effetti sul piano della più profonda riflessione in ambito nazionale. È tuttora in corso di svolgimento, e se ne profila un epilogo controverso ed allarmante, in Polonia una delicatissima contrapposizione istituzionale che si sviluppa attorno alla legittimità e compatibilità con i principii propri dello Stato di diritto generalmente accettati in sede comunitaria della modificazione dello stato giuridico magistratuale sotto forma di improvvisa modificazione al ribasso dell’età pensionabile con conseguente collocazione d’imperio in quiescenza di un elevato numero di alti Giudici.
A QUESTO DISEGNO hanno reagito, con prese di posizione scultoreamente contrarie nei loro profili costituzionali, alcuni di essi, tra cui la Presidente della Corte Suprema indisponibile alla rinuncia a criteri di stabilità, prevedibilità ed equità nello stato giuridico degli appartenenti all’ordine giudiziario, altrimenti minacciati da provvedimenti di natura eminentemente politica. Come appare indiscutibile, la questione è serissima: non solo perché tocca consolidate aspettative fondate sul non irragionevole esercizio del potere legislativo a scapito di situazioni soggettive ma soprattutto perché certamente incide, in forma tanto più pericolosa quanto più subdola, sull’indipen- denza giudiziale, che viene minata in radice da provvedimenti inopinati ed imprevedibili il cui risultato ultimo è quello di rimuovere magistrati, porre a rischio l’assetto organizzativo, determinare nuovi organigrammi al di fuori della normale e preventivabile evoluzione dei precedenti. In parole povere, interventi che conducano al sov- vertimento repentino ed arbitrario di regole poste non solo a garanzia dei singoli appartenenti alle carriere giudiziarie ma della credibilità dell’intero sistema sono nemici giurati della rule of law, dei cardini dello Stato di diritto, della correlata, insopprimibile libertà dei magistrati da timori o speranze indebitamente riposti nell’a zio ne di legislatori e governanti. Questi, infatti, potrebbero in ogni momento agitare la leva punitiva o premiale, attraverso la rimodulazione delle carriere, nei confronti di Magistrati a causa dei loro atti, camuffando questa volontà con esigenze superiori. Purtroppo la grave situazione polacca, che sembrerebbe esser sul punto di venir emulata anche in altri Stati europei, è tutt’altro che sconosciuta all’Italia. Nel nostro Paese, infatti, in appena poco più di un biennio, si è realizzato un progetto destrutturante dell’organizzazione giudiziaria e della vita dei magistrati, tenuti in un’altalena sfrenata che ne ha visto ridotta, riespansa, parzialmente ridotta e parzialmente riespansa l’età pensionabile, sotto l’egida di parole, metodi ed argomenti né chiari nei presupposti né intellegibili nei fini.
IN FONDO, SI Ètrattato di una triste replica di quel che era avvenuto nel decennio precedente, allorché con altrettanta improvvisazione ed in assenza di franchezza nell’esplicitazione delle ragioni sommerse, schizzò verso i 75 anni il tempo della pensione. I due movimenti legislativi contraddittori ed incongrui hanno prodotto alternativamente e senza alcun ordine logico o vantaggio per la collettività dei cittadini in cerca di Giustizia, umiliazioni ed inattese fortune personali, disarticolando un intero sistema e rendendolo plasmabile ai desideri politici. Che questi negativi precedenti, italiani e stranieri, siano inappellabilmente estromessi dall’attuale stagione del cambiamento e che in questo senso vi siano rassicurazioni affidabili! Ciò reclama, nelle sue variegate ma coerenti esplicazioni, la libertà dei magistrati da condizionamenti esterni ed il rifiuto del loro assoggettamento ad obiettivi puramente opportunistici.
CASI SIMILI IN EUROPA Ciò che è accaduto in questi giorni in Polonia ricorda l’Italia: i provvedimenti sullo stop al lavoro minano la libertà dei magistrati