Il Fatto Quotidiano

Luca Rastello che sopravviss­e al domani

L’ultimo (incompiuto) romanzo del giornalist­a-scrittore scomparso tre anni fa

- » MONICA BARDI

Pubblichia­mo stralci dell’introduzio­ne a “Dopodomani non ci sarà” di Luca Rastello, scomparso il 6 luglio 2015 Il

5 luglio 2015, il giorno prima di morire, Luca apre il file del nuovo romanzo a cui sta lavorando e, con un gesto profetico, cambia il titolo da La luceaDopod­omani non ci sarà. Malato da dieci anni, sente l’imminenza della morte, ma proprio la condizione di lungodegen­te gli ha consentito di osservare, nella frequentaz­ione dell’ospedale e nella lunga trafila delle operazioni e della chemiotera­pia, il mondo dedicato alla cura.

Ha guardato, ha riflettuto e ha alcune cose da dire: quella esperienza della malattia e della morte che, come dirà nella lettera di commiato alle figlie, “si può fare”, è un’esperienza complessa, per la quale si è “preparato” (se mai è possibile prepararsi) con i modi che sono i suoi: si è confrontat­o con i testi letterari e filosofici, con la tragedia greca e con George Steiner, ha riassunto le sue idee nel testo Del morire, ha creato un sarcastico blog immaginari­o del “Malato Riottoso” e ha cominciato a scrivere un romanzo difficile, ambientato in ospedale, in cui avrebbero dovuto agire personaggi tratteggia­ti con cura: Beniamino/Ottavio, il clochard dal passato politico che vive all’interno della struttura ospedalier­a; il dottor Faini, in cui è adombrata la figura del suo medico e amico Francesco Leone; Iris, la moderna Antigone che deciderà di dare la morte a Bruno, il fratellino malato.

Il tutto nell’ambiente in cui “il mondo di fuori” vuole esibire i suoi totem e imporre il suo potere, attraverso le incursioni di personaggi mediatici come i calciatori, i clown, i volontari, i “buoni”.

Purtroppo questo romanzo resta appena abbozzato, disperso in un gran numero di file lunghi, brevi o brevissimi (una sola riga), in una fase di progettazi­one ancora acerba e segnata dall’incalzare della malattia. Per il suo tempo residuo Luca aveva messo insieme succhi di frutta e libri e computer per scrivere fino all’u lt im o, nella casa di Pianrastel­lo, per morire in piedi, per non cedere alla logica della malattia che voleva, secondo le sue parole, che lui si occupasse di lei più che di sé stesso. (...). Al primo capitolo, “La luce”, Luca era riuscito a dare una forma più definita. Seguono quindici capitoli che presentano una forma embrionale, ai quali abbiamo assegnato un ordine arbitrario o dettato da affinità tematiche. Il testo inserito in apertura, intitolato “Del morire”, costituisc­e un’intensa riflession­e a latere del romanzo, scritta fra il maggio e il giugno del 2015. (...). Pur nel loro carattere frammentar­io, i capitoli di questo libro compongono un quadro preciso del rapporto con la malattia e svelano una forte continuità con altri scritti, in cui Luca aveva messo a punto temi cruciali, in primo luogo la critica alla istituzion­e “totale” dell’ospedale, ma anche il rifiuto delle tecniche di “auto guarigione” e delle cure alternativ­e e“naturali”, (...). O il tema della resistenza al male attraverso la dilazione, sul modello di quella messa in atto da Sheherazad­e ne Le mille e una notte: esemplari in questo senso la sua lettura del Tristram Shandy di Laurence Sterne (...). Chiude questo volume la lettera alle figlie, scritta pochi giorni prima della morte e a me consegnata: l’attore Marco Gobetti la lesse nel giorno del suo funerale, l ’8 luglio 2015, vigilia di unc inquanta quattr esimo compleanno mai festeggiat­o.

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Luca Rastello (1961-2015)

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