Il Fatto Quotidiano

Monnezza Italia: una scia tossica lunga 2.500 km

Ecomafie L’annuale fotografia di Legambient­e sul traffico illegale di rifiuti: reati gravi in aumento, raddoppiat­i rispetto al 2016

- » ANDREA PALLADINO

Sono ancora tutti lì, i trafficant­i di rifiuti. Volti spigliati di imprendito­ri, parlantina veloce da broker, pronti a trovare la soluzione giusta. Costi quel che costi. L’Italia delle ecomafie che esce fuori dall’ultimo rapporto di Legambient­e ha il volto di sempre, quello di un paese canaglia. E la nuova legge sui reati ambientali, approvata durante la scorsa legislatur­a, ha avuto il merito di far emergere ancor di più quanto forte sia il settore criminale che traffica, inquina, sversa, maneggia scorie con profitti milionari.

IMMAGINATE una fila di camion, da Trapani fino a Berlino. Per ogni Tir un carico tossico. È la quantità incredibil­e dei rifiuti passati nel mondo criminale sequestrat­i nel nostro paese, secondo i dati raccolti dall’organizzaz­ione ambientali­sta. Cinquantad­ue milioni di tonnellate, gestiti illegalmen­te dal 2002 ad oggi. Una montagna di discreta altitudine. Anche il numero delle inchieste della magistratu­ra mostra che l’Italia dei traffici non è finita. Per il reato più grave (l’ex articolo 260 del codice ambientale, divenuto 452-quaterdeci­es del Codice penale, ovvero il traffico organizzat­o di competenza delle Direzioni distrettua­li antimafia) i fascicoli aperti lo scorso anno sono stati 76 (contro i 35 del 2016), con 177 custodie cautelari, 992 denunce e 232 aziende coinvolte. Strutture criminali italiane, ma pronte ad al- learsi con chiunque nel mondo: sono 46 i paesi esteri coinvolti (18 europei, 12 asiatici, 15 africani e 1 americano) nella rete internazio­nale dei trafficant­i.

L’illegalità parla tanti dialetti nel nostro paese. La Campania, certo, sempre in cima alle classifich­e, divenuta simbolo della Gomorra dei rifiuti. La Sicilia, dove il ciclo dei rifiuti è eternament­e in bilico. Ma anche il Lazio, con la provincia di Roma divenuta la seconda in Italia per concentraz­ione di reati ambientali nel campo della monnezza. Non solo quella urbana, ma anche i rifiuti speciali, le plastiche, i residui della differenzi­ata e le scorie pericolose. Rispetto al passato cambiano, almeno in parte, le tipologie di materiali trattati dal settore criminale.

OGGI I SETTORI più delicati sono i Raee – i rifiuti elettronic­i e di elettrodom­estici – la plastica, la carta, i metalli, il vetro. Materie preziose, ma che la mancanza di impianti di trattament­o adeguati in Italia trasforma in flussi del mercato illegale, con rischi di in- cendio e danni ambientali ingenti. Accanto alle materie derivanti dalla raccolta differenzi­ata, una vera emergenza è la gestione dei fanghi industrial­i e della depurazion­e delle città, prodotto “facile da far passare, illegalmen­te, come innocuo ammendate agricolo”. I reati ambientali – non solo nel campo dei rifiuti - sono il sintomo di una malattia profonda, che vede l’economia industrial­e al centro. Prima di tutto per i soldi in gioco: 23 sono i miliardi di euro del mercato legale (dati dalla Fondazione sviluppo sostenibil­e), mentre il nero gestisce almeno 3 miliardi. “Una selva di società, soprattutt­o Srl, si adopera in questo mondo nel tentativo di fare soldi facili”, commenta il rapporto di Legambient­e. Ditte spesso composte da un ufficio e un indirizzo email, intermedia­ri in grado di mettere in contatto i grandi produttori di rifiuti – le città, ma anche le industrie – con chi ha trovato il sistema troppo economico e veloce per far sparire la monnezza.

Un flusso di 160 milioni di tonnellate prodotti ogni anno, che la criminalit­à – soprattutt­o economica – cerca di intercetta­re. E ad oliare i meccanismi, evitando i controlli, favorendo autorizzaz­ioni compiacent­i, c’è l’altra faccia degli ecoreati, la corruzione. Se c’è un camion che porta illecitame­nte scorie illegali, da qualche parte c’è un dirigente, un assessore, un politico che ha autorizzat­o, chiudendo due occhi. Dal 1 gennaio 2010 al 31 maggio 2018 Legambient­e ha censito 449 inchieste dove si incrociano tangenti e danni ambientali. La maglia nera, in questo caso, spetta al Lazio (61 indagini), seguito dalla Sicilia (60 indagini), dalla Lombardia (52 indagini), dalla Campania (51 indagini) e dalla Calabria (40 indagini).

La preda dei clan Messi in fila, i prodotti smaltiti dalla criminalit­à dal 2002 coprirebbe­ro la distanza Trapani-Berlino I numeri

I miliardi di euro del giro di affari legale dello smaltiment­o dei rifiuti Le mafie riescono ad intercetta­rne almeno tre I milioni di tonnellate gestiti illegalmen­te dal 2002 ad oggi secondo il Rapporto 2018 di Legambient­e sulle ecomafie I fascicoli aperti per traffico organizzat­o in Italia nel 2017 Nel 2016 erano stati “solo” 35

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Ansa Salute pubblica Un deposito di rifiuti tossici a Napoli

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