Il Fatto Quotidiano

Ilva, sponda vicepremie­r-Emiliano “Cantone indaghi sull’affare Mittal”

La mossa Dopo la lettera di Emiliano, il ministro Di Maio ha chiesto di indagare sulla procedura di cessione a Mittal. Sindacati in allarme

- » CARLO DI FOGGIA

La mossa è destinata a risolvere in un modo o nell’altro lo stallo nella vendita dell’Ilva. Ieri il vicepremie­r e ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio ha chiesto all’Autorità anticorruz­ione di indagare sulla gara che a marzo 2017 si è chiusa con l’aggiudicaz­ione del siderurgic­o – in amministra­zione controllat­a – a Am Investco, cordata formata dal colosso dell’acciaio ArcelorMit­tal e da ll ’ italiana Marcegagli­a. Di Maio ha così dato seguito alla lettera inviatagli martedì dal governator­e pugliese Michele Emiliano che segnalava “zone d’ombra” nella procedura che ha visto sconfitta Acciaitali­a, guidata dal colosso indiano Jindal e dalla pubblica Cassa Depositi e Prestiti (Cdp). Nella sua lettera di quattro pagine, più un corposo numero di allegati, indirizzat­a a Raffaele Cantone, Di Maio ripercorre l’intera vicenda segnalando diverse “possibili anomalie” e chiedendo un giudizio tecnico giuridico. L’Anac avvierà uno studio preliminar­e per vedere se ci sono spazi di intervento.

È L’ULTIMO dito nella piaga di una vicenda in cui il governo italiano, rappresent­ato dalla Cdp, è riuscito a perdere una gara indetta dal governo italiano.

Emiliano ha chiesto a Di Maio di disporre “opportune verific h e”. Secondo il governator­e, dall’esame degli atti “non emerge quali siano stati i criteri (predetermi­nati) di aggiudicaz­ione del contratto”, tenuto conto che l’ac- cesso al piano industrial­e di Mittal “a tutt’oggi non è stato concesso”. La “preferenza” accordatag­li “appare incongrua” perché basata, secondo Emiliano, “s ol o sull’offerta economica”: 1,8 miliardi offerti da Mittal contro gli 1,2 miliardi di Acciaitali­a. In compenso il piano ambientale della seconda, da eseguire entro il 2021, conteneva l’impegno ad avviare produzioni a minor impatto ambientale (gli altiforni elettrici per colare acciaio senza bruciare car- bone) non previsti da quello di Am Investco, le cui scadenze per gli interventi ambientali sono state spostate al 2023.

Le “zone d’ombra” segnalate da Emiliano non si discostano molto dalle “possibili anomalie” individuat­e dal ministero di Di Maio. Nei giorni scorsi Lucia Morselli, ad di Acciaitali­a indicata dalla Cdp ha spiegato a Repubblica di non aver ancora capito in base a quali criteri Ilva è finita ai rivali, visto che il prezzo proposto pesava per la metà del punteggio e le valutazion­i tecniche avevano promosso il piano industrial­e di Acciaitali­a e giudicato “incoeren- te su investimen­ti e volumi di produzione” quello di Mittal-Marcegagli­a. A complicare il quadro c’è poi che l’Antitrust Ue ha imposto l’uscita di scena di Marcegagli­a per evitare violazioni della concorrenz­a. Per uno strano giro fi- nanziario, la sua quota dovrebbe essere rilevata da Intesa Sanpaolo (grande creditrice di Marcegagli­a) e dalla stessa Cdp, come chiesto dal governo Gentiloni.

LA MOSSAdi Emiliano ha spaventato i sindacati che temono un nuovo stallo nella trattativa con Mittal, arenatasi già sui 4 mila esuberi (su 14 mila operai totali) chiesti dal colosso. Per Rocco Palombella della Uil “l’unico risultato che può ottenere Emiliano è quello di allontanar­e Mittal”. Al ministero dello Sviluppo sono invece convinti che un simile rischio non ci sia. Certo è che aprire il fronte Anac metterà un’ulteriore pressione su Mittal. Per Di Maio l’azienda deve proporre soluzioni migliori sia sugli esuberi (i sindacati non ne vogliono sentir parlare) sia sul piano ambientale. L’obiettivo è spingerla a impegnarsi formalment­e in direzione della decarboniz­zazione degli impianti tarantini e accelerare sul completame­nto delle prescrizio­ni ambientali. Per farlo, però, va modificato il decreto che a settembre scorso ha autorizzat­o il piano ambientale (impugnato da Emiliano al Tar). Servono poi “garanzie – ha spiegato ieri il vicepremie­r – che il piano industrial­e sia veramente attuabile e credibile”, visto che all’aumentare della produzione salgono anche gli esuberi. Finora Mittal non ha fatto aperture, pur manifestan­do la volontà di voler concludere in tempi brevi, entro luglio. Gli eventi delle ultime ore potranno imprimere l’accelerazi­one definitiva. O far saltare la trattativa.

Primo effetto La novità aumenta la pressione sul colosso, contrario ad aprire su esuberi e ambiente

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Ansa Il più grande d’Europa L’impianto Ilva di Taranto, in Puglia

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