Una rifondazione dei Democratici per il dialogo coi 5S
La situazione italiana è in rapidissima evoluzione. Il quadro politico nazionale sta mutando radicalmente anche rispetto al voto del 4 marzo. Non era mai accaduto che un partito (la Lega) raddoppiasse il proprio potenziale elettorale in soli tre mesi. Avanza una destra sovranista nazionale e popolare. Cosa fa la sinistra? Il Movimento 5 Stelle è sottoposto a una pressione molto forte da parte di Salvini. Possono emergere all’interno del Movimento 5 Stelle distanze tra posizioni di destra e posizioni più democratiche e di sinistra? Questo è possibile, secondo me, ma non è scontato. Molto dipende anche dalla natura dell’iniziativa politica dei Democratici. Il tema di un qualche dialogo tra Pd e M5S è oramai aperto oggetto di dibattito ed è posto dai fatti prima ancora che dalla volontà dei due partiti. L’abbraccio della Lega è mortale per i Cinque Stelle, come lo sarebbe per il Pd quello con una parte di centrodestra oggi all’opposizione.
NELLE ULTIME SETTIMANE si sono accentuate, a mio parere, le ragioni per considerare una totale rifondazione politica, strategica e organizzativa del Pd la cui necessità segnalai subito dopo il voto di Roma del 2016 quando apparve chiaro che la spinta propulsiva che aveva generato il Pd si era esaurita, dopo essersi attenuata a partire dal 2009. In quel momento proposi l’avvio di una fase costituente per il Pd che conducesse alla costituzione di un nuovo soggetto, con caratteristiche più simili a quelle di un movimento che a quelle di un classico partito, detto semplicemente “Democratici”. Il cammino dei Democratici è iniziato 23 anni fa con l’Ulivo di Prodi ed è proseguito con il Pd di Veltroni nel 2007. Entrambi hanno vissuto successi e poi involuzioni generate da fattori degenerativi simili. Ora serve una “terza fase” del cammino. Gli interlocutori politici di un “nuovo Pd” o di un nuovo centrosinistra non possiamo sceglierceli e dobbiamo agire con quelli che la Storia ci consegna.
Io credo, per le cose che ho detto, che sia necessario avere una politica seria verso i Cinque Stelle, il che non significa farci un governo o un patto di potere. Serve un confronto concreto di dialogo e di scontro, ma sul merito. Molte cose mi dividono, per esempio, da Fico o dalla Grillo ma possono esserci imprevisti percorsi comuni: questo sta alla politica. Il conflitto sociale che oggi attraversa il Paese non è più solo o prevalentemente legato a quello tra il lavoro e il capitale, pur nelle forme mobili, frastagliate e diffuse che oggi ha assunto. C’è un conflitto che riguarda la dimensione del “cittadino” e che va oltre quella del “lavoratore” e che riguarda il rapporto di sudditanza con forme e modalità vessatorie dello Stato (in campo fiscale e nei tanti diffusi privilegi di gruppo), delle società di capitale e delle banche. È un conflitto reale nel quale si è generato il M5S che ha dato a questo conflitto un profilo populista anche per la sordità culturale della sinistra riformista. Questo deve portarci a dire con oggettività e senza rancori (senza cancellare le enormi distanze di cultura politica) che “Grillo non aveva tutti i torti” quando dieci anni fa iniziò il suo cammino di protesta. La domanda che dobbiamo porci è se esiste uno spazio possibile per un nuovo soggetto “democratico” capace di interpretare un nuovo e più avanzato sentimento di centrosinistra, una “terza fase del cammino”. Serve la prospettiva per un possibile nuovo soggetto politico aperto e “di movimento” che sappia tagliare le estreme politiche del populismo protestatario e inconcludente dei Cinque Stelle e del riformismo opportunista e consociativo del Pd, facendo vivere nel Parlamento e nel Paese un nuovo riformismo, concreto negli obiettivi e radicale nei principi. *Deputato del Pd