Divorzio, cambia l’assegno (di nuovo)
CassazioneLe Sezioni Unite annullano sentenza che lo negava al coniuge indipendente
Mettiamola così: potrebbe essere di nuovo conveniente sposare un milionario contando sull’eventuale assegno di mantenimento in caso di divorzio. Il condizionale è d’obbligo perché sul tema tra i giudici negli ultimi anni c’è stato un contrasto di vedute. Ieri quelli delle sezioni Unite della Cassazione civile hanno deciso che, nel valutare se al coniuge economicamente più debole spetti l’assegno mensile ed eventualmente il suo importo, si deve tenere conto non solo della funzione “assis t en z i al e ” de l l ’ assegno, ma anche di quelle “perequativa” e “compensativa”.
FACCIAMO due passi indietro. Fino al 10 maggio 2017, per stabilire se e quanto versare all’ex coniuge si teneva conto del tenore di vita di cui aveva goduto la coppia nel matrimonio. A chi dei due aveva minori risorse economiche proprie, dopo la separazione andava assicurato un eguale livello di benessere materiale. La faccenda aveva però preso una piega diversa l’anno scorso dopo una sentenza della Prima sezione della Cassazione relativa al divorzio dell’ex ministro dell’Economia del governo Monti, Vittorio Grilli, dalla consorte Lisa Lowenstein. La Corte, considerando l’evoluz ione della società, aveva stabilito infatti che per valutare il diritto all’assegno il parametro di riferimento dovesse essere l’autosufficienza: all’ex coniuge che è in grado di mantenersi non spetta nulla. Ad approfittare subito della sentenza è stato Silvio Berlusconi che a novembre è riuscito, con una sentenza d’appello, ad azzerare l’assegno da 1,4 milioni mensili che versava dal 2014 all’ex moglie Veronica Lario e a farsi ridare quanto già versato: nominalmente una sessantina di milioni, in realtà circa 43 contando mancati versamenti e compensazioni.
LA DECISIONE di ieri delle Sezioni Unite, stabilisce invece che per il riconoscimento dell’assegno e del suo importo debba darsi “particolare rilievo al contributo fornito dall’ex coniuge alla formazione del patrimonio comune e personale.” Per fare un esempio, se la moglie (o il marito) ha rinunciato alla carriera per occuparsi a tempo pieno dei figli, a ciò va riconosciuto un valore economico. “In sostanza - spiega Silvia Veronesi, avvocato esperto di diritto di famiglia - non viene più valorizzata la auto responsabilità del singolo coniuge sulle proprie scelte di vita all’interno del matrimonio, ma si tiene conto della responsabilità comune delle scelte”. Insomma, se le scelte più importanti sono fatte insieme, come vuole il vincolo matrimoniale, le conseguenze devono ricadere su entrambi. Ai principi stabiliti dalle Sezioni Unite devono adeguarsi tutti i giudici di merito. Quella di ieri dovrebbe essere l’ultima parola. Circostanza che sembra dare qualche possibilità in più al ricorso in Cassazione di Veronica Lario per riottenere l’assegno.
Bisogna dare rilievo al contributo dell’ex coniuge alla formazione del patrimonio comune e personale