Mandzukic azzanna i Leoni: la Croazia raggiunge l’Olimpo
MONDIALI I balcanici ribaltano lo svantaggio: 2 a 1 agli inglesi con l’interista Perisic e con lo juventino. È la rivincita della Serie A
Cose dell’altro mondo. La finale di domenica sarà Francia- Croazia. Sì, la Croazia che fu di Boban e Suker, terzi nel 1998, e oggi è di Perisic e Mandzukic. Sono stati i loro gol a rimontare e ghigliottinare un’Inghilterra troppo acerba, troppo pavida, subito in vantaggio con Trippier ma mai in grado di domare gli irriducibili rivali. E così, ai terzi supplementari di fila (dopo le partite vinte ai rigori con Danimarca e Russia), la generazione Modric ha compiuto un’impresa, ha demolito le gerarchie. Tutti in piedi.
È STATO un Mondiale popolare e populista, con esecuzioni di piazza che hanno spazzato via Germania e Argentina, Spagna e Brasile, Uruguay e Portogallo, Leo Messi e Cristiano Ronaldo. Le grandi favorite e i grandi divi. La Croazia supera di poco i 4 milioni di abitanti. È un francobollo di quella Jugoslavia che, non a caso, battezzammo il Brasile d’Europa. Cicale impenitenti, di talento. Gli inglesi, in compenso, sono i maestri di un calcio che hanno inventato, predicato ed esportato fino a restarne prigionieri. La punizione di Trippier, dopo 5’ minuti scarsi, spacca il risultato, non l’equilibrio. Il torello croato si snoda attorno a Modric, mentre Kane tiene una posizione ambigua, maliziosa, nella speranza che Vida e Lovren ci caschino e, così, Lingard, Alli e Sterling possano filare negli spazi.
GLI STRAORDINARI con danesi e russi hanno tolto qualcosa alla squadra di Dalic, o così almeno sembra dalla flemma con cui il centrocampo rifornisce Perisic, Mandzukic e Rebic. Gli avversari si limitano a controllarne il torello. Si vive di piccoli morsi, di graffi modesti. Southgate non ha rinunciato alla difesa a tre: che diventa catenaccio solo se la si imbottisce ai lati. Per la cronaca, e per la storia, è stata più croccante Francia-Belgio. Altra musica, al Luzhniki di Mosca: tutti aspettano che qualcuno faccia la prima mossa. Henderson controlla il traffico, Rakitic cerca varchi, non uno che gli detti il lancio. Gioca poco senza palla, la Croazia.
Si lotta, anche nella ripresa, dentro a una damigiana di camomilla. L’England avanza e arretra, arretra e avanza: non un acuto, non una stecca. Trippier e Young presidiano le fasce, Walker, Stone e Maguire disarmano i bracconieri d’area. La Croazia dovrebbe attaccare per riaprire la sfida, l’Inghilterra per chiuderla. È proprio questa indecisione a rendere lento, ma vivo, il confronto. Ed è l’acrobazia di Perisic, su cross di Vrsaljko, a in- cerottarne d’improvviso lo score (68’). Cambia tutto. E tutto lo cambia Perisic: gran dribbling, gran tiro, gran palo (come con la Russia).
BUTTATI giù dal sogno, i “leoncini” di Southgate perdono il senso del tempo, della manovra. È un’altra Croazia, adesso. Notizie di Kane, di Alli, di Lingard? Poche. Come pochi sono i tiri, i brividi, le parate di Subasic e Pickford. La staffetta tra Sterling e Rashford non lascia tracce. Le squadre sono sfinite, e i sup- plementari ne riassumono gli agonici stenti. Versaljko “para” sulla linea una capocciata di Stone, Pickford s’immola su Mandzukic, servito da Perisic (e da chi, se no?). Il cuore croato batte forte, più forte dei petti dell’ex perfida Albione. E così al 109’, quando ormai i rigori sembrano ineluttabili, la storia si fa largo a spallate e offre al più guerriero di tutti, Mandzukic, l’onore di firmare la più clamorosa delle sentenze: Croazia due, Inghilterra uno.
Domenica la finale La Francia adesso teme la furia dell’undici del ct Dalić e il talento di capitan Modric