Il Fatto Quotidiano

“L’Africa, Giovanni Paolo II e quelle scarpe da ‘pappone’”

IN ITALIA Quincy Jones inaugura domani sera la 45ª edizione di Umbria Jazz ricordando le sue tante volte in Italia: “Con Bob Geldof e Bono nel 1989 a Castel Gandolfo”

- » STEFANO MANNUCCI

Ricevetti molte critiche quando produssi ‘Thriller’, ma non ho mai lavorato per soldi

“Mi piace pensaredi essere un discendent­e di Michelange­lo. E della libertà con cui creava la sua arte nel periodo buio della Controrifo­rma. Restai incantato quando visitai la Cappella Sistina con Leonard Bernstein”. La musica arriva nella sua anima direttamen­te da Dio, sostiene Quincy Jones. Che però, a 85 anni, mantiene uno spirito terrigno e burlone. “Nel 1989 io, Bob Geldof e Bono ottenemmo un’udienza a Castel Gandolfo per la campagna sulla cancellazi­one del debito dei Paesi del Terzo mondo. Giovanni Paolo II indossava scarpe molto ‘pimp’, insomma sembravano da pappone! Lo sussurrai all’orecchio di Bono e il Papa ci sentì. Con mio sollievo comprese lo scherzo. E quel che conta è che anche grazie al suo contributo furono tagliati 27 miliardi di dollari, e milioni di bambini poterono andare a scuola”. Quincy è il Grande Timoniere del jazz e non solo. Racconta come se parlasse di quattro amici al bar di quando, in una session di soli tre giorni, assistette alla registrazi­one di due album rivoluzion­ari di Miles Davis, “Kindof blue” e“M il es Ahead”. “C’erano John Coltrane, Cannonball Adderley... I miei idoli, i miei eroi, i miei colleghi. Per trovare la libertà nella musica devi restare connesso alle tue radici. E poi andare oltre, senza confini. Affrontare pure la classica, Debussy. Quando avevamo 14 anni io e Ray Charles suonavamo ovunque, nei bar mitzvah e nelle strade: ho visto tutte le fasi di un genere passato dal be-b op al doo-wop fino all’hip hop. E attenzione: il rap non è nato trent’anni fa nel Bronx, sono fili musicali che si sono annodati in mille anni di storia, viaggiando dall’Angola al Sudamerica fino a noi”.

PIÙ VOLTE Quincy evoca l’ombra di Michael Jackson, l’enfant prodige che condusse per mano, a partire da “Off the wall”, alla ridefinizi­one della musica black contaminat­a dal rock. “Ricevetti molte critiche quando produssi ‘Thriller’, ma non ho mai lavorato per soldi. Il successo è sempre stato una conseguenz­a delle emozioni che nascono in me, e che trasmetto agli altri”. Il disco-spartiacqu­e di Jacko fu una bazzecola da 130 milioni di copie, “e per portarlo a termine dovetti rinunciare a un altro progetto per il Vaticano, che avrebbe coinvolto anche Sarah Vaughan ed Ella Fitzgerald, prima che morissero”.

Quincy Jones è in Italia per la super celebrazio­ne che domani sera, all’Arena Santa Giuliana di Perugia, inaugurerà la 45ª edizione di Umbria Jazz. Uno dei rarissimi concerti che tiene in giro per il mondo, ciascuno progetta- to come un unicum. Stavolta, lo show del suo compleanno vedrà ospiti stellari come Dee Dee Bridgewate­r, Noa, Gil Dor, Patti Austin, Take 6, Ivan Lines, Pedrito Martinez, Paolo Fresu. Arrangiame­nti e duetti inediti per raccontare, in uno show- evento, la straordina­ria carriera di Mr. Jones. Che liquida sornione aneddoti su cui altri costruireb­bero monumenti equestri: “We are the world? Beh, Geldof in Inghilterr­a aveva radunato un supercast di stelle su Band Aid, per la beneficenz­a in Etiopia. Così Lionel Richie, Harry Belafonte e Stevie Wonder vennero da me: ‘In America non facciamo nulla?’ Lionel propose di portare in tour quasi cinquanta dei nostri big. E io: non se ne parla, facciamo una canzone. Il risultato per la carestia in Africa arrivò a suon di milioni di dollari, così come pochi anni fa per Haiti. Ma basta parlare di We are the world, no?”.

MEGLIO, per Quincy, citare un altro concerto benefico, al Circo Massimo nel 2004, quando sotto la sua ala protettiva si rifugiaron­o anche artisti italiani come Zucchero o Carmen Consoli. O riconferma­re la sua amicizia con Morricone: “Sì, partecipai alla produzione del suo disco con ospiti, Celine Dion che cantava Once upon a time in America con Herbie Hancock al piano. Piuttosto, ricordo la commozione di Ennio quandogli assegnammo l’Oscar alla carriera. L’Italia è parte della mia vita: che jam session con Romano Mussolini o Piero Piccioni. Che notti di jazz con Armando Trovajoli...”. Provate a prenderlo, il vecchio Mr. Jones.

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Il musicista e la solidariet­à Quincy Jones è da sempre impegnato nelle raccolte fondi per le zone più povere del pianeta

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