Il Fatto Quotidiano

Migranti, le “prove” anti-Ong di Salvini sono ancora disperse

Il ministro “filo-libico”

- ▶ CURZI E MASSARI

Forse prima di parlare di “prove” e fake news, dinanzi alla scena del cadavere di una donna e un bambino e agli occhi sbarrati dell'unica superstite, per il Viminale sarebbe stato meglio aspettare. La pistola fumante evocata dal ministro dell'Interno Matteo Salvini e dalle fonti del suo dicastero sembra infatti caricata a salve. Riassumiam­o la vicenda. Due giorni fa, la Ong tedesca Proactiva con la sua nave Open Arms salva, a circa 80 miglia dalle coste libiche, la 40enne camerunens­e Josefa, aggrappata da 48 ore al relitto di un gommone. Accanto a lei il cadavere di un bambino e una donna. Secondo la Ong spagnola i tre sarebbero stati lasciati in acqua dalla Guardia costiera libica – che ha distrutto il natante – durante un soccorso effettuato circa due giorni prima: “I libici hanno lasciato morire quella donna e quel bambino. Sono assassini arruolati dall’Italia”.

Salvini replica con un tweet: “Bugie e insulti di qualche Ong straniera confermano che siamo nel giusto: ridurre partenze e sbarchi significa ridurre i morti e ridurre il guadagno di chi specula sull'immigrazio­ne clandestin­a. Io tengo duro. Porti chiusi e cuori aperti”. Poche ore dopo, fonti del Viminale annunciano che le notizie diramate da Proactiva sono false e, soprattutt­o, che esiste una prova che lo dimostra. La prova viene pubblicata ieri da Il Messaggero. Il quotidiano romano intervista la cronista tedesca di Ntv, Nadja Kriewald, che era a bordo della motovedett­a libica durante il soccorso di 158 persone: “Ne siamo sicuri, quando siamo andati via non c’era più nessuno in acqua”. Il testimone “terzo” evocato dal Viminale esclude in- somma di aver visto naufraghi in mare. Ma al Messaggero sembra non aver fornito la versione integrale della vicenda. Che invece riferisce ieri all'Ansa: “Il capitano libico della nostra imbarcazio­ne mi ha riferito che un paio d’ore prima, nella stessa area, c’era stata un’altra missione da parte di un’altra imbarcazio­ne della Guardia costiera libica”. Come dire: non c'è prova che il filmato della tv tedesca riguardi lo stesso salvataggi­o a cui si riferisce la Ong spagnola. In altre parole, la sopravviss­uta e le due vittime potrebbero essere legate al secondo soccorso del quale, alla stessa cronista tedesca, ha parlato il ca- pitano libico. Soccorso avvenuto soltanto un paio d'ore prima, esattament­e nella stessa area.

Il deputato di Liberi e Uguali Erasmo Palazzotto, che da giorni è a bordo della Open Arms, su twitter parla di “maldestro depistaggi­o” e commenta: “Mentre una motovedett­a girava la scena del salvataggi­o perfetto con una tv tedesca, un’altra lasciava in mezzo al mare due donne e un bambino. Sono due interventi diversi, uno a 80 miglia davanti a Khoms e l’altro davanti a Tripoli”. E anche nell'articolo pubblicato online spiega: “Ad alcune miglia nautiche dalla motovedett­a ‘Ras Sdjeir‘, la situazione poteva sembrare molto diversa. C’era una nave in pericolo all’incirca nello stesso momento”. La cronista ha assistito soltanto a una delle due missioni di soccorso. Quindi esclude che in quella filmata per la sua emittente la Guardia costiera libica abbia lasciato qualcuno in mare ma non può dir nulla sulla seconda missione in mare. Peraltro, anche il suo racconto, registra l'ennesimo dramma. Quello di una mamma che vede morire la figlia di pochi mesi: “Nessuno che io abbia sentito si è rifiutato di essere salvato, erano tutti delusi di essere stati presi dalla marina libica ma felici di essere sopravviss­uti. Inoltre nessuno mi ha detto che mancava al l’appello qualcuno”. Poi aggiunge di aver visto portare a bordo “una bambina della Costa d’Avorio già morta, ma lo si è scoperto solo a bordo della nave libica, perché la mamma l’ha tenuta per tutto il tempo tra le braccia in gommone senza dire che fosse morta. Probabilme­nte temeva che se lo avesse detto, avrebbero buttato il suo corpo in mare”. Abbiamo chiesto al ministro Salvini, attraverso lo staff che si occupa della sua comunicazi­one, se le notizie fornite dai giornalist­i tedeschi rappresent­ino ancora, per lui, la prova che la Ong stia mentendo. O se invece non abbia cambiato idea. Non abbiamo ricevuto alcuna risposta. Quella di Proactiva a Salvini è dura: vanno in Spagna perché “l’Italia non è un porto sicuro”, in particolar­e non è il Paese in cui ritengono opportuno far interrogar­e Josefa, quando starà bene, sui soccorsi libici.

NEL FRATTEMPO, al largo di Cipro, ieri è affondato un altro barcone che trasportav­a circa 160 persone. Il bilancio delle vittime: 19 morti. In 25 risultano dispersi. Infine ieri comandante generale delle Capitaneri­e di Porto, l'ammiraglio Giovanni Pettorino, nel 153esimo anniversar­io della fondazione del Corpo ha dichiarato che prestare aiuto “a chiunque rischi di perdere la vita in mare è segno e baluardo distintivo di civiltà”.

Verso la Spagna La Ong: “L’Italia non è un porto sicuro, preferiamo che la superstite non sia interrogat­a lì”

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Ansa Una donna e due cadaveri Le immagini del soccorso diffuse dalla Ong Proactiva Open Arms

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