App Android, la multa dei record per Google
La mazzata Pugno duro dell’Antitust Ue contro il colosso Usa: 4,3 miliardi. L’azienda: “È open source, faremo ricorso”
Il copione è già visto, la cifra però è quasi il doppio della precedente: ieri è arrivata per Google la sanzione annunciata da giorni e comminata dalla Commissione Ue per abuso di posizione dominante esercitata con le applicazioni Google sui dispositivi Android. Il gigante di Mountain View dovrà pagare 4,3 miliardi di euro. Una maxi-multa, se si considera che è la più alta mai comminata da Bruxelles, meno se paragonata al fatturato dell’azienda che macina circa 100 miliardi di dollari all’anno. Precisamente, il fatturato della società madre, Alphabet, è stato 110,9 miliardi di dollari nel 2017, ovvero 94,7 miliardi di euro. Il caso Android è sotto osservazione dal 2015. Dopo un anno di indagini, nel 2016 Google fu accusata formalmente di aver obbligato i produttori di smartphone con il sistema operativo Android (il che esclude i dispositivi Apple) a pre-installare Google Search e a ‘settarlo’ come applicazione di ricerca predefinita o esclusiva. “Il nostro caso riguarda tre tipi di restrizioni che Google ha imposto ai produttori di apparecchi Android e operatori di rete - ha spiegato la commissaria Ue alla Concorrenza Margrethe Vestager -. Ha usato Android come veicolo per consolidare il dominio del suo motore di ricerca, negando ai rivali la possibilità di innovare e competere sui meriti”. Nulla di nuovo, insomma. Una sanzione che Big G si aspettava, nonostante abbia annunciato che farà ricorso come già per la multa pre- cedente (2,4 miliardi per Google Shopping). Dalla sua, Mountain View ha il fatto che il sistema Android sia o pe n source (diversamente da Ios, che è invece chiuso) e quindi a disposizione di sviluppatori e programmatori. Inoltre considera Apple un diretto concorrente. In un blog, il Ceo di Google Sundar Pichai ha dato qualche numero: “Oggi, grazie ad Android, ci sono più di 24 mila dispositivi, di ogni fascia di prezzo e di oltre 1300 diversi marchi (...) ma accomunati dalla possibilità di eseguire le stesse applicazioni”. Ha poi fatto riferimento alle piattaforme open source: “So- no a rischio frammentazione, cosa che danneggia gli sviluppatori, gli utenti e i produttori di telefoni. Le regole per la compatibilità di Android evitano che questo succeda e aiutano a renderlo una buona soluzione nel lungo termine per chiunque". Ma non è bastato.
A GOOGLE è contestato infatti di aver “imposto ai produttori di preinstallare l'applicazione Google Search e la sua applicazione di browsing( Chrome) come condizione per la concessione della licenza relativa al portale di vendita di applicazioni di Google (Play Store)” (le regole di compatibilità di cui parla Pichai, insomma), poi di aver "pagato alcuni grandi produttori e operatori di reti mobili affinché preinstallassero a titolo esclusivo l'app Google Search sui loro dispositivi" e di aver "impedito ai produttori che desideravano preinstallare le app Google di vendere anche un solo dispositivo con versioni alternative di Android non approvate da Google (le cosiddette Android forks)”.