Il Fatto Quotidiano

Bloccati davanti alla Tunisia: “Vogliamo l’Europa”

In 40 sulla nave Salvati in zona maltese, già respinti da Roma e La Valletta: anche Tunisi li rifiuta per non creare precedenti

- » PIERFRANCE­SCO CURZI

Sono

in 40, tra loro anche due donne incinte, disperati dopo quasi dieci giorni in mare, la metà su un barcone alla deriva nel Canale di Sicilia. Chiedono di scendere a terra, ma non a Zarzis o Sfax: "Vogliamo l'Europa, non la Tunisia" dicono i migranti bloccati a bordo di una nave gasiera, la Sarost 5, ferma da due giorni davanti al porto di Zarzis, a pochi chilometri dalla frontiera libica. Erano partiti su un barcone da Zuwara, che è al di là del confine, come i 450 poi sbarcati a Pozzallo (Ragusa). Sono subsaharia­ni, ma anche egiziani, bengalesi e pakistani. Il destino ha giocato loro un brutto scherzo: “Il comandante della nave – spiegano Kiri Santer di Alarm Phone e Valentin Bonnefoy di Ftdes, due organizzaz­ioni umanitarie impegnate sul posto – aveva contattato la Open Arms prima di restare bloccato davanti alle coste tunisine. La Ong era pronta ad accoglierl­i ma poi la Open Arms è stata dirottata sul naufragio di marte- dì e la staffetta è saltata. Tunisi non vuole cedere alla richieste di fare sbarcare le 40 persone, teme di creare un precedente e di aprire dunque un canale di accoglienz­a non desiderato”. Se fosse intervenut­a la nave della Ong i 40 migranti sarebbeo già diretti verso la Spagna e invece per loro il calvario sembra infinito. Restano nel limbo con l'equipaggio della nave che li ha raccolti il 13 luglio scorso: "Siamo in attesa di ricevere ordini dalle autorità tunisine. Lo facciamo per una buona causa, ma perdiamo soldi”, fa sapere la compagnia petrolifer­a Miskar. È il rischio che corrono i mercantili che salvano vite umane, come l’Aleksander Maesk bloccata per 4 giorni a Pozzallo. Dalla nave dicno: “Siamo allo stremo delle forze”. Ieri, per fortuna, il personale di soccorso è salito a bordo della nave per curare i casi più delicati e portare viveri: “Anche se le autorità tunisine accettasse­ro di accogliere quelle persone, loro resterebbe­ro a bordo. Vogliono arrivare in Europa perché hanno pagato tanti soldi" afferma Mongi Slim della Mezzaluna Rossa tunisina.

L'incubo è iniziato nella notte tra l'8 e il 9 luglio scorsi, su una specie di bagnarola di legno partita da Zuwara verso Malta, alla deriva prima di essere salvati, il 13 luglio, da un'altra nave commercial­e, la Caroline III. Da lì sono transitati su una piattaform­a petrolifer­a britannica e quindi accolti dalla Sarost 5. Poi il “no” di Malta e Italia e l'ok trunisino per Sfax, in seguito annullato.

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Ansa Sulla nave tunisina Sarost 5

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