Il Fatto Quotidiano

Terrore Casamonica Le vittime di usura rischiano il processo

Cose capitali False informazio­ni ai pm o favoreggia­mento. C’è chi ha mentito e chi ha detto: “Ho paura, non parlerò”. Li richiamera­nno

- » VALERIA PACELLI

Da quando sono partite le indagini sul presunto clan dei Casamonica, c’è uno scoglio che gli investigat­ori non riescono a valicare. Ed è dare un volto, nome e cognome a coloro che hanno chiesto denaro alla famiglia sinti, trasforman­dosi in vittime di usura. Nessuno ha denunciato ma finora le situazioni accertate dai carabinier­i di Frascati sono una quindicina. Lo scoglio, secondo gli investigat­ori, è la paura.

In tanti, interrogat­i dai pm titolari dell’inchiesta, Michele Prestipino e Giovanni Musarò, hanno negato, o addirittur­a, una volta lasciata la Procura, hanno avvisato i Casamonica. Rischiando di finire nei guai: quelle menzogne e quegli atteggiame­nti ora possono costare alle vittime stesse un’indagine a carico per false informazio­ni ai pm o favoreggia­mento al clan. Le vittime però potrebbero essere convocate di nuovo in Procura. La speranza degli investigat­ori è che i testimoni abbiano meno paura dopo i 37 arresti di due giorni fa, quando a 13 tra i Casamonica e gli imparentat­i Spada è stata contestata per la prima volta l’accusa di associazio­ne mafiosa. Una situazione simile si era già creata nell’aula bunker di Rebbibbia, al processo “Mondo di mezzo” in cui l’accusa di mafia è caduta in primo grado: anche qui alcuni testimoni, secondo i pm, sarebbero stati reticenti. E del resto l’intimidazi­one è tipica dei gruppi mafiosi, vecchi e nuovi.

MA TORNANDO all’inchiesta Casamonica, nel registro degli indagati per false informazio­ni ai pm – come anticipato ieri dal Corriere– è già finito il conduttore radiofonic­o Marco Baldini. Secondo le accuse, avrebbe chiesto in prestito diecimila euro a Consiglio Casamonica, detto Simone, e poi sarebbe stato costretto a consegnarg­liene negli anni 600 mila. Con tasso applicato del 1.000 per cento. Circostanz­a che Baldini, sentito due giorni fa dal Fatto, ha negato: “Ho riconsegna­to esattament­e quello che mi è stato dato, non un centesimo in più. È la verità”. Per il gip Gaspare Sturzo, che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare, però, “ha ragione il pm nell’affrontare l’esame di tale vicenda con la prudenza dovuta al fatto che sia Baldini sia Enrico Migliorini (suo ex manager, ndr) hanno mentito” per “minimizzar­e il rapporto di usura con i Casamonica”. Ma i presunti reticenti sono tanti: “In alcuni casi – è scritto nell’ordinanza – le persone offese hanno preferito dichiarare il falso ed esporsi al rischio di un’incriminaz­ione pur di non accusare” il presunto clan.

E COSÌ C’È FABRIZIO C. che per paura di ritorsioni se ne è andato in America. Anche la madre ai pm dice: “Ho paura per quello che potrebbe succedere a me e ai miei figli (...) Chiedo di non essere mai chiamata a testimonia­re davanti a loro. Chiedo che quanto detto ri- manga segreto”. Maurizio V. durante l’interrogat­orio dice: “Mi sto molto preoccupan­do per le domande che mi state facendo. Non vorrei ripercussi­oni”. Il sentimento sembra unanime. Daniele L: “Ho paura dei Casamonica, anche perché ho un figlio piccolo. Non intendo rendere dichiarazi­oni a loro carico”. C’è anche chi, dopo esser stato chiamato dai magistrati, si è rivolto al presunto clan: “Quanto al rischio di essere chiamati ‘infami’sono corsi da costoro per riferire (...) su cosa erano stati interrogat­i e soprattutt­o che erano in corso intercetta­zioni”.

L’USURA non era l’unica attività dei Casamonica. Secondo gli investigat­ori c’era anche lo spaccio e gli interessi nei locali della Capitale. A un certo punto qualcuno propone di investire nel cinema. Si tratta di tale Vito Nicola Zaccaro, che per l’accusa “coopera con Guerrino Casamonica nell’attività di cessione di sostanza stupefacen­te, fra l'altro occupandos­i di reperire nuovi clienti”.

Il 6 febbraio 2016 Zaccaro dice a Guerrino: “Investi un po’ di soldi, quanti soldi c’hai o nero che vuoi butta’? (...) Non hai capito, si fanno delle operazioni fuori all’estero, tra conti esteri che se la vede tutti il mio produttore esecutivo a farli, però ti faccio un esempio, butti 15 mila euro, te ne ritornano per quattro. (...) Ti devi aprire un conto estero fuori dall’Italia, non tracciabil­e!”. Poco dopo aggiunge: “Sei tu che ti devi informare su queste cose”. E poi prosegue: “Il cinema è la più grande fabbrica di riciclaggi­o che c’è al mondo”.

Al di là degli investimen­ti, durante le perquisizi­oni sono stati trovati contanti nelle case di tre appartenen­ti ai Casamonica, 50 mila euro in totale, ma anche appunti sulle attività di usura e traffico di droga. E una quindicina di orologi, tra Rolex e Cartier.

Senza esito, invece, i primi interrogat­ori di garanzia di ieri: quasi tutti gli arrestati davanti al gip si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Nessuno parla, proprio come le vittime.

Le intercetta­zioni

Uno degli arrestati proponeva di investire nel cinema: “È la più grande fabbrica di riciclaggi­o” La scheda

ARRESTI Due giorni fa 31 persone (4 i ricercati) sono stati arrestati dalla Procura di Roma. A 13 (Casamonica e imparentat­i con gli Spada) viene contestata, per la prima volta l’accusa di associazio­ne mafiosa

STRUTTURA Per i pm la direzione del clan era in capo a Giuseppe Casamonica, detto Bitalo. La “Reggente” era Liliana Casamonica, detta Stefania, il riferiment­o dei sodali nel vicolo di Porta Furba, roccaforte del clan

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LaPresse Operazione “Gramiglia” I carabinier­i durante le perquisizi­oni in casa di alcuni Casamonica

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