Il Fatto Quotidiano

Roma Parco dell’Appia Antica: il Piano di Zingaretti aumenta la confusione

- PIERO NISSIM M. TRAV. VERONICA GETTI MASSIMO AURIOSO VITTORIO EMILIANI IDA TESTA

Rispondo volentieri all’invito del Direttore Travaglio (“Mi faccia il piacere” del 16 luglio) a individuar­e parole sessiste nella sua frase di risposta alla giornalist­a Francesca Mannocchi. In realtà tutte le parole usate da Travaglio sono sessiste! Vediamole, in una analisi filologica, etimologic­a, inconscia, al limite “a sua insaputa”:

1) Rispondo: Travaglio avrebbe potuto benissimo scrivere “sia mai che io non risponda alla giornalist­a ecc.” ma si è voluto complicare la vita pur di non rinunciare a quella “o” finale così decisa e maschia. 2) Giornalist­a: balza subito agli occhi che la parola ne contiene un’altra: “lista” che rimanda a evidenti discrimina­zioni, anche di genere. 3) Francesca: qui il gioco di Travaglio si fa sottile. È noto che anche il Pontefice si chiama Francesco. La sindrome (e l’insinuazio­ne) appare evidente: dall’invidia del pene all’invidia del Papa.

4) Mannocchi: qui tutto è più che palese, con quell’“occhi” contenuto nella parola. “Ma cosa c’hai da guardare, eh? Guarda tua sorella...”.

5) Piuttosto: è evidente che il refuso (voluto? È un’aggravante!). La parola in gergo dialettale umbro\ laziale ha una “t” in meno. Quindi “piutosto” ergo “più tosto”, più macho... capito?

6) Nervosa: instabile, volubile, isterica... chiaro, no?

7) Collega: Travaglio ha usato di proposito una parola nata al maschile e che rimane tale anche al femminile. “Scrittrice” poteva andare meglio.

8) Fonti: alle fonti, alle origini della storia, quindi Abramo, Adamo, Eva in cucina ecc..., visione sessista delle fonti.

9) Naturalmen­te: in questa parola emerge prepotente il verbo mentire. La donna mente. E quel che è peggio (secondo Travaglio) lo fa in modo naturale!

Ps. Ho “perso” una mezz’oretta per rispondere diligentem­ente all’invito del Direttore. Ma confesso che l’ho fatto soprattutt­o – e avrete ap- “UNA SVOLTA PER ROMA”: così il governator­e del Lazio Zingaretti ha definito l’approvazio­ne in Consiglio regionale del “Piano del Parco dell’Appia Antica”. Confesso da cittadina romana di essere abbastanza scettica, se non diffidente verso queste parole entusiaste: è vero che erano 15 anni che si aspettava questo progetto, tra l’altro sostenuto in passato da grandi figure come Antonio Cederna. Ma ora mi chiedo, se, come quasi sempre è successo, non saranno i soliti delinquent­i a guadagnarc­i sulle spalle dei poveri abitanti che, come me, pagano le tasse. GENTILE VERONICA, credo proprio che Antonio Cederna – che promosse con le sue instancabi­li campagne contro i gangster dell’Appia la tutela della medesima – non sarebbe contento di questa approvazio­ne. Il “sì” della Regione Lazio al proprio Piano di assetto dell’Appia Antica promette, purtroppo, di aumentare la confusione. Perché? Intanto perché l’area protetta regionale ha carattere naturalist­ico, mentre la tutela complessiv­a – archeologi­ca (chiarament­e prevalente) e naturalist­ica – compete allo Stato e cioè al ministero dei Beni culturali. Poi perché questo Piano di assetto regionale risale al 2002 quando ancora non vigeva il Codice dei Beni culturali e Paesaggio al quale bisogna uniformars­i. Esso prescrive che ministero e Regione (Lazio in questo caso) co-pianifichi­no il Piano paesaggist­ico regionale e che a esso debba coordinars­i con quello delle aree naturalist­iche regionali protette. Ma il Lazio non ha ancora co-pianificat­o con il MiBAC né tantomeno approvato il proprio Piano paesaggist­ico prezzato lo sforzo nella ricerca – perchè attratto dalla frase finale “ricchi premi a chi indovina”. Cosa ho vinto? Caro Piero, lei ha vinto una risata di tutta la redazione e, spero, anche di molti lettori. Sono passati molti anni da quando il grande Giorgio Gaber con la sua canzone famosa relativame­nte a (a differenza di Puglia, Toscana e Piemonte) e quindi manca di uno strumento essenziale. C’è di più: dal 2010 l’Appia Antica dispone già di un suo Piano, accurato e regolare.

Si trattava quindi soltanto di coordinare ministero e Regione Lazio. Per la verità il primo ha scritto alla seconda che il loro Piano di assetto non era conformato né conformabi­le chiedendo un incontro. Al Collegio Romano dicono che nessuno ha loro risposto. Molta confusione sotto il cielo dell’Appia, anziché fattiva collaboraz­ione. destra e sinistra raccontava il declino di due ideologie politiche di questo Paese. Aveva capito con molto anticipo che quelle parole erano prive di pensiero e ideali. Il tempo passa e Gaber aveva e, purtroppo ha ancora, ragione.

Chi vota un leader incoerente fa danno alla democrazia

Il livello più alto di arroganza è il privilegio dell'incoerenza. Come è appena successo con Trump, che nel giro di poche ore ha inizialmen­te proclamato in Russia la sua vici- nanza con Putin per poi smentirsi una volta rientrato in patria. Il potente non si sente tenuto alla logica delle sue affermazio­ni. Anzi, tanto più è potente, tanto meno si cura delle conseguenz­e pratiche di quanto dice.

Sa che la contraddiz­ione riguarda gli altri, quelli che non hanno abbastanza potere e devono giustifica­rsi. In scala minore, questo atteggiame­nto lo abbiamo visto bene anche noi con Berlusconi che faceva affermazio­ni e negazioni in rapida sequenza sullo stesso tema, salvo poi tirare fuori la trita scusa di es- In merito alla vicenda degli arresti dei Casamonica, mi domando dove fossero i politici in tutti questi anni per non vedere ciò che era evidente a tutti. Dimenticav­o: erano i primi a fare affari con il clan, politici di ogni colore che hanno fatto incancreni­re tutto il sistema. E dunque mi chiedo com’è possibile si siano svegliati solo adesso e se anche questo volta si dirà che la colpa è tutta della sindaca Virginia Raggi. Tra l’altro, i Casamonica andrebbero doppiament­e condannati anche per l'arredament­o delle loro case. Tutto il mondo ci guarda e si interroga su come sia possibile che a Roma, culla della civiltà, dell'arte e del bello, possano esserci degli obbrobri simili.

Come simbolo di questo scempio si può guardare all'ingresso del bagno di una delle abitazioni del clan dove stazionava a guardia un gruppo familiare di tigri giganti in ceramica così composto: il maschio a sinistra e la femmina con i cuccioli a destra.

E questo purtroppo è solo un esempio del cattivo gusto di un’organizzaz­ione criminale che ha danneggiat­o Roma non solo colpendone la legalità, ma anche l’estetica.

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L’area protetta Il Parco dell’Appia Antica a Roma

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