Italo, il padre di tutti noi: la storia del Paese cominciò in Calabria
Fra le pieghe di seta del mito, in un racconto ripreso da più autori del passato (Antioco di Siracusa, Aristotele, Dionigi d’Alicarnasso, Tucidide, Virgilio), ritroviamo la figura di Italo, re degli Enotri.
Il tempo è quello che precede di ben sedici generazioni la guerra di Troia (XIV secolo avanti Cristo) e lo scenario è offerto dalla lingua di terra che si distende fra la luce azzurra di due mari, lo Jonio e il Tirreno, nel punto più stretto della penisola, di poco inferiore ai quaranta chilometri.
Infatti, nell’Istmo di Catanzaro, che come ricorda Aristotele poteva essere percorso in mezza giornata di cammino, Italo, decretando il passaggio al possesso stabile della terra, trasformò gli Enotri da popolo nomade in stabili agricoltori e abili allevatori: imponendo nuove leggi, convincendo le genti con le parole e con la forza, dominando molte città.
Dal quel momento, la regione un tempo chiamata Enotria, e in particolare l’estremità meridionale della penisola, assunse dal nome del sovrano, Italo, quello di Italìa. E Italói furono chiamati dai greci, secondo altra tradizione, i Vituli, la popolazione che abitava questa “terra dei vitelli”. Il nome Italia, dunque, nacque in Calabria.
Italo era considerato un uomo buono, forte e saggio e fu il primo a istituire i “sissizi”, i
pasti comuni consumati dai cittadini, che più tardi si diffusero in tutta l’area del Mediterraneo e che sono ricordati per la loro attualità da Aristotele, vissuto nel IV secolo avanti Cristo, nella sua Politica: “Ancora oggi alcune popolazioni che discendono da lui [Italo] praticano i sissizi ed osservano le sue leggi”.
Infatti, se ben famosi sarebbero diventati i “sissizi” praticati a Sparta, grazie all’istituzione fattane da Licurgo, e a Creta, la loro origine è da ricercare proprio nella profonda “rivoluzione” operata da Italo.
Per il re della prima Italia, precisamente, la condivisione dei pasti frugali, basati sul consumo prevalente di pane, fichi e formaggio, doveva interessare comunità composte da quindici membri, che si riunivano giornalmente e che dovevano contribuire, in parti uguali, alle spese necessarie. Anche se suddivisa per classi, l’Italia delle origini mostrava così, in embrione, il suo spirito comunitario. * archeologo