1976 Quel buffone in pelliccia ha la Febbre da cavallo
“Tempi duri, pupa. Sennò te pare che stavo qui a fa’ er buffone in pelliccia d’estate”. Febbre da cavallo è un affresco della Roma degli anni 70, fotografia di una città che con la bella stagione sapeva animarsi e divertirsi. Una passeggiata sul Lungotevere e una puntata all’ippodr omo, quando Tor di Valle era un posto reale dove gareggiavano cavalli in carne e ossa e non un luogo immaginario, probabile casa di calciatori immaginari. Un ritratto di scommettitori, truffatori e poveri disgraziati, rigorosamente citati sempre con il sopranno- me: Mandrake , ad esempio, nell’immaginario collettivo non è l’eroe dei fumetti americani ma l’attore e indossatore squattrinato Fioretti Bruno, interpretato da Gigi (ma nei titoli d’apertura è presentato come Luigi) Proietti. È sua la battuta sulla disgrazia di dover indossare una pelliccia d’estate...
IL FILM esce nelle sale nel 1976 e, stroncato dalla critica, non lascia traccia. Per
Repubblica“il film presenta il peggiore dei difetti: non fa ridere”. A distanza di 42 anni si può affermare che Febbre da cavallo, regia di Stefano Vanzina (in arte Steno), non abbia ottenuto successo al botteghino bensì gloria imperitura. Lo testimonia la pagina facebook (con decine di migliaia di fan) curata dai cultori più accaniti delle gesta di Mandrake & co. Le frasi dei protagonisti (oltre a Proietti non si può citare Enrico Montesano), fanno parte della dialettica del lessico quotidiano. Molti, anziani e giovani, quasi senza accorgersene, si trovano a pronunciare parole e frasi mutuate direttamente dal film. Una prova? Sussurrate a un amico che apprezza il film avendolo visto almeno due volte (una è impossibile) la parola “S olda tin o”. Subito egli aggiungerà King e D’Artagnan. I tre cavalli inseriti nella scommessa (mai giocata) su cui ruota tutta la trama del film.