Agroalimentare, Oms e Onu possono mettere a rischio Parmigiano e prosciutto: ecco perché
La prima stesura della dichiarazione politica suggerisce tasse ed etichette a semaforo
L’Onu
attacca il Made in Italy, il Parmigiano e il prosciutto. Li vuole tassare e mostrare sulle confezioni immagini raccapriccianti come per le sigarette: questa la sintesi spicciola di quanto circola da giorni. C’è chi accusa l’Organizzazione mondiale della sanità di voler demonizzare l’eccellenza dell’agroalimentare italiano (Salvini ci ha anche dedicato un tweet) e chi nega qualsiasi accanimento. La verità? Sta, in modo molto poco originale, nel mezzo.
MADE IN ITALY. Né Oms né Onu hanno mai preso di mira in modo diretto ed esplicito i prodotti italiani. Si stanno però seriamente discutendo alcune i- niziative che dovrebbero sfociare in una dichiarazione politica, con voto, il 27 settembre durante l’High Level Meeting delle Nazioni Unite sulle malattie non trasmissibili. Un documento non vincolante ma comunque espressione di capi di Stato e di governo. Il contenuto riguarda i prodotti d’eccellenza italiani come centinaia in tutto il mondo.
CONTENUTI. Si discute da tempo di due misure: tassazione dei prodotti considerati insalubri ed etichettatura “a semaforo”, o simile, che avvisi il consumatore. Molti giornali hanno ripreso come fonte de ll’allarme (“Parm igia no dannoso come le sigarette”) un rapporto Oms (“Time to deliver”) sulle malattie non trasmissibili. Nel testo non ci sono riferimenti ai prodotti italiani, ma una serie di consigli ai governi. Tra questi, anche suggerimenti di una “tassazione simile a quella su alcool e tabacco per altre sostanze non salutari qualora vengano accertate concentrazioni non sane”. IL DOCUMENTO. A livello istituzionale, la polemica scaturisce però da un altro documento, iniziato a circolare circa dieci giorni fa dopo una audizione pubblica a New York in cui associazioni e movimenti dei consumatori erano stati invitati a fornire il proprio contributo. È il cosiddetto pre-zero draft outcome document, una versione iniziale della dichiarazione che l’Oms manda all’Onu per avviare i negoziati tra i circa 200 ambasciatori Oms che dovranno poi produrre la versione finale. In quel documento si fa esplicito riferimento alle misure fiscali e alle etichette di allerta fronte retro packe si fa riferimento alle full fiscal powers, leve fiscali per alzare i prezzi proprio come per le sigarette.
LA REPLICA.“Le notizie di bollini neri su tale o tal altro alimento non sono corrette – ha detto nei giorni scorsi Francesco Branca, direttore del dipartimento di nutrizione dell’Oms per la salute e lo sviluppo –. L’Oms non criminalizza determinati cibi ma raccomanda politiche che promuovano un consumo parsimonioso degli alimenti che hanno alti contenuti di sodio, zuccheri o grassi saturi”.
E come? “Anche con un’e-
tichettatura dei prodotti in grado di fornire chiare informazioni sul loro contenuto. Anche le politiche dei prezzi possono essere utili”. Una smentita che, nella sua genericità, non smentisce il rischio.
IL DOSSIER. Insieme al documento dell’Onu, infatti, ne cir- colano altri due: uno in cui l’ufficio Panamericano dell’Oms (PAHO) include l’uso di etichette warninge la definizione di una politica di tassazione su alimenti o bevande considerati non salutari e una lettera del direttore generale dell’Oms (dell’8 dicembre 2017) spedita al presidente del Perù in cui si elogia la nuova legge naziona- le sulla prevenzione alimentare: “Le indicazioni ‘alto in sale o in zucchero’ possono essere utili per migliorare le abitudini alimentari” si legge.
IL SALTO LOGICO. È qui che si forma il salto logico che ha portato ai titoli allarmistici: in alcuni Paesi, il Grana Padano o il prosciutto sono bollinati in nero e con la scritta “alto in sale”, lasciando, parallelamente, incolumi prodotti come ad esempio le sfoglie di formaggio fuso light che, seppur prive di zuccheri e grassi e sale in eccesso, sono comunque chimicamente manipolate.
Si pensi all’olio d’oliva, spiegano le associazioni per la tutela del Made in Italy: avrebbe un bollino rosso o nero, mentre la Coca cola light sarebbe verde. Un paradosso difficile da negare.