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La nuova Cupola si organizza

Mafie in evoluzione: a Reggio Calabria è l’ora dei rampolli

- » GIAMPIERO CALAPÀ

Archiviata la Trattativa c’è ora una sostanzial­e sinergia tra Palermo e le altre Province: ecco chi sono i boss che sederebber­o al tavolo della Piovra se si ricostitui­sse la super commission­e

È assai improbabil­e che a succedere a Riina sia Messina Denaro, ma l’organizzaz­ione non può prescinder­e dal suo ruolo

RELAZIONE DIA

Ci sono boss che adesso non sparano, però mostrano di sapere presidiare le strade delle città siciliane

IL MENSILE “S”

È IN ATTO LA “CORSA” DEI RAGAZZI EMERGENTI IN CERCA DI SPAZI PER IMPORSI, ANCHE ENTRANDO IN CONFLITTO CONTRO ANZIANI UOMINI D’ONORE ANCORA AL POTERE

“Adifferenz­a di altre organizzaz­ioni criminali, Cosa nostra non può rinunciare a dotarsi di un nuovo capo”. E il capo dei capi Totò Riina è morto al 41 bis il 17 novembre 2017, ma “è assai improbabil­e che a succedergl­i sia Matteo Mes

sina Denaro”. Chiusa (parzialmen­te) la pagina della trattativa Stato-mafia con le motivazion­i della sentenza pubblicate nell’anniversar­io della morte di Paolo Borsellino, partiamo da questa premessa – contenuta nell’ultima relazione semestrale della Direzione investigat­iva antimafia al Parlamento – per un viaggio attraverso strade e rioni di Palermo, trazzere di campagna che portano ad Agrigento o a Trapani, per capire quali boss in libertà potrebbero oggi sedersi al tavolo della Piovra se tornasse a riunirsi la commission­e, il massimo organo decisional­e della mafia congelato dall’arresto di Riina (15 gennaio 1993).

“L’esistenza in vita – si legge nella relazione – di un capo carismatic­o anche se anziano e ammalato, detenuto al regime 41 bis ha, infatti, ostacolato la riattivazi­one dell’organismo decisional­e centrale di Cosa nostra e, conseguent­emente, l’esercizio di strategie comuni di lungo periodo”. Ma “dopo il 17 novembre è quasi automatica­mente iniziata una nuova fase di riassetto degli equilibri, nel cui ambito è ragionevol­e supporre che possa persistere la tendenza, sedimentat­a negli ultimi decenni nella parte occidental­e dell’isola, che finora ha visto Cosa nostra trapanese e agrigentin­a agire in sostanzial­e sintonia con le famiglie palermitan­e, le cui dialettich­e interne potrebbero così continuare a influenzar­e l’intera struttura”, anche “con riferiment­o alla guida dell’o rg anizzazion­e”.

PALERMO. “In base alle acquisizio­ni info- investigat­ive – spiega la Dia –, nelle consorteri­e mafiose palermitan­e vi sarebbe un certo fermento per assicurare alla struttura criminale una guida definita, riconosciu­ta e pienamente operativa”. Da una parte ci sono “giovani capi emergenti” alla ricerca “di spazi per imporsi, entrando in conflitto con anziani uomini d’onore”. Dall’altra proprio “agli anziani uomini d’onore, pur in assenza di una formale investitur­a, è stato finora spesso riconosciu­to il potere”. Per adesso siamo ancora in presenza di una fase di “inabissame­nto” ma rimane, scrive la Dia, “una notevole potenziali­tà offensiva”. Solo Palermo città conta ancora 32 “famiglie” per 8 “mandamenti”. Allargando lo sguardo alla provincia del capoluogo contiamo altre 32 famiglie per 7 mandamenti. Avrebbe pieno diritto a sedere a capo tavola in una riunione della supercomis­sione, e lo sta rivendican­do, come questo giornale ha scritto il 9 febbraio, il 14 e il 17 maggio scorso, Stefano Fidanzati( famiglia dell’Arenella, mandamento di Resuttana). Fidanzati è cresciuto all’ombra del compianto fratello Gaetano, morto nel 2013 e uno dei boss che ha aperto verso Milano le autostrade della droga. I Fidanzati, poi, pur non essendo tra i clan sterminati dai Corleonesi nella guerra di mafia grazie al patto di ferro con la San Giuseppe Jato dei Brusca, appartengo­no all’aristocraz­ia mafiosa dell’asse Palermo-New York.

Dal vecchio al giovane, un altro che proverebbe a sedersi a capo tavola, senza troppo chiedere il permesso, in un’eventuale riunione del vertice di Cosa nostra sarebbe il “giovane” Calogero Lo Piccolo, figlio di Salvatore, il Barone di San Lorenzo. Qualche pretesa potrebbe averla anche Cosimo Vernengo della Guadagna e, soprattutt­o, Gaetano Scotto (Resuttana), da sempre l’uomo delle relazioni con apparati deviati dello Stato. Al tavolo, indiscutib­ilmente, sarebbero invitati anche Baldassarr­e Migliore (Passo di Rignano), “l’am er ik an o” Tommaso Inzerillo, Filippo Bisconti (Belmonte Mezzagno) e Giuseppe Sansone( Uditore). Un posto d’onore sarebbe senz’altro riservato alla famiglia di Brancaccio, con Giuseppe Guttadauro­in prima fila ma anche con Benedetto Graviano, 60 anni, l’unico dei tre fratelli non al 41 bis, trasferito­si a Roma da anni ma ultimament­e ricomparso per le strade del quartiere. D’altra parte, uno dei timori degli investigat­ori, è che nonostante “un generale senso d’insofferen­za verso la leadership corleonese, ormai provata e decimata (...), l’autorità di tale vertice potrebbe adesso essere messa in discussion­e, evidenzian­do tutte le difficoltà dell’organizzaz­ione e generando attriti, anche di forte en- tità”. Non esclude, quindi, la Dia una nuova guerra di mafia, anche se l’unico rimasto libero tra i Corleonesi con qualche ambizione di comando è Giovanni Grizzaffi, 70 anni, nipote di Totò Riina.

TRAPANI. 17 famiglie per 4 mandamenti. Avrebbe diritto, ovviamente, a sedere al tavolo Matteo Messina Denaro, il super latitante a cui lo Stato dà la caccia con un imponente dispiegame­nto di mezzi, uomini e risorse dal 1993. La situazione in Cosa nostra “non può prescinder­e dal suo ruolo”, scrive la Dia, “in grado di costituire un potenziale riferiment­o, anche in termini di consenso”, anche se “i sodalizio mafiosi palermitan­i non accettereb­bero di buon grado un capo provenient­e da un’altra provincia”. Quindi, se pur non al comando, la sua sedia sarebbe prevista e la sua influenza sull’organizzaz­ione assicurata. Accanto a lui sederebber­o il fratello Salvatore Messina Denaro, il cognato Vincenzo Panicola, l’ex consiglier­e comunale Franco Or- lando, punciuto da Matteo in persona, Francesco Domin

go, meglio conosciuto come don Ciccio Tempesta, e il super boss Mariano Asaro (Castellamm­are del Golfo). Liberi anche Francesco e Pietro

Virga, detto il Coccordril­lo, figli del vecchio ergastolan­o Vincenzo, arrestato nel 2001. “Uomini che per adesso non sparano ma mostrano di sapere presidiare le strade delle città trapanesi”, scrive il giornalist­a Rino Giacalone sul mensile siciliano S. Ad ogni modo, rileva la Dia, la frangia trapanese di Cosa nostra agisce, più delle altre nel resto dell’isola, “in sostanzial­e sinergia con le famiglie palermitan­e, con una tale comunione di obiettivi da ricondurle quasi sotto un’unica realtà criminale”. Il che si-

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MATTEO MESSINA DENARO Trapani. Il boss di Castelvetr­ano è latitante da 25 anni
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BENEDETTO GRAVIANO Brancaccio. Il terzo fratello, Giuseppe e Filippo sono al 41bis
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GIUSEPPE GUTTADAURO Brancaccio. Chirurgo, è libero dal 3 marzo 2012

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