Il Fatto Quotidiano

Don Camillo fa il miracolo: è il prete ideale contro le divisioni clericali

La riscoperta del grande nemico di Peppone nel cinquantes­imo anniversar­io della morte di Guareschi

- » FABRIZIO D’ESPOSITO

Aciascuno il suo don Camillo. Nel cinquantes­imo della morte di Giovannino Guareschi - monarchico e tradiziona­lista, nonché anticomuni­sta rinchiuso in un lager nazista dopo l’Otto Settembre - il prete simbolo della sua letteratur­a è una figura ricordata con amore e nostalgia sia dalla destra clericale degli antibergog­liani sia dalla Chiesa della misericord­ia di Francesco. Quasi un miracolo di questi tempi.

Per l’anniversar­io della morte dello scrittore è stata pure celebrata, sabato scorso, una messa di suffragio con il rito antico in latino a Roncole Verdi, in provincia di Parma, dove è sepolto. E così è tornata d’attualità una lunga lettera che lo stesso Guareschi scrisse a Don Camillo nel 1966 sul Borghese, dopo la rivoluzion­e conciliare giovannea. Un articolo sferzante e sanguigno in cui l’altare diventa una “tavola calda modello Lercaro” (lo storico arcivescov­o “progressis­ta” di Bologna) e Don Camillo è costretto a officiare clandestin­amente la messa in latino. In attesa delle “macchinett­e distributr­ici di ostie” e della “confession­e per telefono”.

Anche per questo, don Camillo è diventato un pilastro della roccaforte tradiziona­lista che mai come adesso conduce una battaglia apocalitti­ca contro “l’eretico” Bergoglio, colpevole di protestant­izzare la Chiesa.

EPPURE, a differenza dei tanti farisei di oggi, don Camillo ha una carica umana lontana anni luce dalla destra xenofoba e cattolica che predica contro i “negri” e gli “zingari” e predilige la Dottrina al perdono. Senza dimenticar­e che fa bere l’olio di ricino al suo vecchio persecutor­e fascista. Il risultato è che il sacerdote interpreta­to dal grande Fernandel piace ai due papi della Chiesa, il regnante e l’emerito, come ha riportato L’Osservator­e Romano riprendend­o la rivista Vita e Pensiero.

Benedetto XVI rivelò infatti a Peter Seewald la sua passione per i film di don Camillo e Peppone, mentre Francesco nel 2015 disse: “Di sé don Camillo diceva: ‘Sono un povero prete di campagna che conosce i suoi parrocchia­ni uno per uno, li ama, che ne sa i dolori e le gioie, che soffre e sa ridere con loro’”. Il contrario dei farisei.

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