“L’azienda spieghi come si fa carriera al Tg1”
Il Tar obbliga a pubblicare i criteri delle scelte dell’ex direttore Orfeo tra 2013 e 2016
Le
nomine ai Tg, gli spostamenti nelle fasce orarie ambite, le conduzioni dei programmi: praticamente come si fa carriera in Rai. Uno dei grandi misteri italiani, su cui si rincorrono da sempre sospetti di amicizie influenti e raccomandazioni politiche, love story, parentadi e bustarelle, invidie e recriminazioni. Adesso sarà svelato in un documento in cui l’azienda dovrà spiegare pubblicamente secondo quali criteri sono avvenute alcune promozioni interne tra il 2013 e il 2016.
NON SI TRATTA certo di uno slancio di trasparenza da parte della tv di Stato, condannata da un’ordinanza del Tar del Lazio dopo aver negato l’accesso agli atti a una sua dipendente. Tutto nasce dall’esposto di Cinzia Fiorato, condut- trice del Tg1, in Rai da oltre vent’anni: nel 2011 la giornalista aveva sporto denuncia per stalking e minacce contro un ignoto esterno (che sarebbe poi stato identificato), chiedendo di essere spostata in un turno diverso. Mario Orfeo, all’epoca a capo del Tg1, aveva ignorato la richiesta in due diverse riorganizzazioni, nel gennaio 2013 e poi di nuovo a settembre 2016 (proponendole addirittura di condurre sotto scorta). Da qui la richiesta di spiegazioni della Fiorato.
A spingerla ad andare in tribunale, la sensazione di essere stata “scavalcata da altri colleghi meno meritevoli”:“È sembrato – si legge nel ricorso – che il direttore non abbia tenuto assolutamente conto dei curricula”. Dopo i ripetuti silenzi da parte dell’a zi en da , l’avvocato Vincenzo Iacovino si è rivolto al Tar che le ha dato ragione: è vero che il direttore ha il potere di proporre assunzioni e mansioni, e che la Rai agisce in regime di concorrenza, ma è pur sempre un’az i e nd a pubblica. Così entro il 15 settembre 2018 Viale Mazzini dovrà fornire una
“puntuale relazione” sulle nomine contestate, spiegando “se vi è stata preliminare disposizione dei criteri di valutazione”, se questi “sono stati comunicati al comitato di redazione o in qualche modo pubblicati”, e se vi è stata “documentazione di tutta o parte delle attività”. “Il Tar chiede legittimamente conto di procedure previste dal contratto e dalla legge: questo caso è emblematico di un’azienda che fa ancora fatica a essere trasparente”, commenta Riccardo Laganà, neoconsigliere Rai eletto dai dipendenti.
L’ultima condizione posta dai giudici non è da trascurare: perché di tutto ciò potrebbe anche non esserci traccia. La Rai lo ha già ammesso candidamente nella sua memoria difensiva, in cui motivava il rifiuto di accesso agli atti per “inesistenza dei documenti richiesti”: “Queste informazioni non sono contenute da nessuna parte, non essendo prescritte procedure particolari”. Anche se così fosse, Viale Mazzini dovrà metterlo nero su bianco, scrivendo in un documento ufficiale che non ci sono stati né interpelli né verbali per le nomine interne. E allora sarà chiaro a tutti che in Rai non si fa carriera per merito, ma secondo altri e più discrezionali criteri che nessuno può conoscere. Sai che sorpresa.
Il caso Fiorato
La giornalista aveva chiesto di cambiare turno per delle minacce Dopo il no, ha fatto l’accesso agli atti